Le immagini senza filtri di Letizia Battaglia
di Antonio Mannu ; w
La grande fotografa siciliana, famosa per la sua lotta contro la mafia, domani sarà ospite della giornata inaugurale
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SASSARI. Tra il 2016 e il 2017 il Maxxi di Roma ha ospitato “Per pura passione”, mostra antologica di Letizia Battaglia, un doveroso omaggio alla grande fotografa palermitana, una toccante, splendida esposizione costituita da oltre 200 immagini, materiali inediti provenienti dal suo archivio, da riviste, pubblicazioni, film, interviste. Ora, a oltre due anni dalla sua ultima mostra in Sardegna, Letizia Battaglia torna nell'isola, a Cagliari, dove domani, nell'ambito del festival di letteratura sulla contemporaneità Pazza Idea, sarà inaugurata una sua mostra. Ci sarà anche lei, che per Wim Wenders «è tra gli eroi della fotografia contemporanea. Il suo lavoro di documentazione su Palermo, di denuncia della mafia e delle sue atrocità, è una delle maggiori imprese fotografiche dei nostri tempi».
Abbiamo chiesto a Letizia Battaglia quali immagini proporrà a Cagliari. «Sarà una selezione delle fotografie stampate per la mostra al Maxxi, essenzialmente immagini sulla mafia, ma non soltanto. Avevo pensato di proporre dei lavori più recenti, poi mi è sembrato giusto portare quello che comunque rimane il mio lavoro più sentito».
Com'è nata questa nuova mostra in Sardegna?
«Ho ricevuto un invito e siccome la Sardegna mi piace moltissimo ho accettato con piacere. Nasce così, semplicemente, come è stato nelle due precedenti occasioni in cui ho esposto da voi. Oggi spesso rifiuto le proposte, sono molto impegnata con le attività del Centro internazionale di fotografia che, dopo anni di lavoro mio e di altri, ha visto la luce a Palermo. Facciamo un anno il 16 novembre».
Come opera il Centro?
«È un'attività che portiamo avanti con fatica, con pochi soldi ma grande eleganza. Mi ci dedico con gioia, anche perché è un lavoro collettivo, ho sempre amato lavorare insieme ad altre persone. Ho fatto per anni la fotografa, un'attività solitaria, molto personale, ma a me piace confrontarmi, condividere. Abbiamo appena inaugurato una mostra di Josef Koudelka, le sue foto dell'agosto del 1968. Un enorme impegno organizzativo, perché Koudelka esige il massimo, da se stesso in primo luogo. Questa è l'ultima, in un anno credo che ne abbiamo fatto 14. Il Centro lavora per chi si interessa di fotografia a Palermo, in tutta la Sicilia e a livello nazionale, ma in un'ottica di scambio internazionale. Il nostro intento è anche quello di portare a Palermo la cultura fotografica di tutto il mondo. Facciamo poi una piccola rivista, si chiama “If”, e ci occupiamo di didattica, in particolare a favore di giovanissimi. Ad esempio abbiamo invitato dei ragazzi tra i 10 e i 14 anni di età a partecipare, gratuitamente, a un corso che dura da un anno. Stiamo preparando la mostra finale. Abbiamo lavorato con i ragazzi di una comunità di carcerati, sempre molto giovani; anche con le loro foto abbiamo realizzato una mostra. Per noi il Centro deve essere un luogo di riferimento per la diffusione di un senso di correttezza e disciplina, di bellezza e invenzione».
La mostra cagliaritana è organizzata dal festival Pazza Idea, dedicato quest'anno a esplorare il Femminile plurale, un tema a lei caro.
«È così. Inizialmente avevo pensato di proporre i miei lavori sul nudo femminile. Ci sto lavorando da tanto, ma non mi sento pronta e ho preferito rinunciare. Il nudo è un tema delicato e complesso. Comunque lavoro sempre tanto con le donne e per le donne. Ora sto preparando uno spettacolo teatrale su un testo di Alessandra Bocchetti, un lavoro sulla prostituzione; prostitute cheraccontano di come gi uomini fanno sesso con loro, senza amore alcuno».
Questa è la sua seconda visita in Sardegna. Può dirci qualcosa sulla prima esperienza?
«Vengo da un'isola e per me la Sicilia e la Sardegna son come due sorelle. Ma da voi ho trovato più educazione, più attenzione ai luoghi e al paesaggio. Si avverte il fatto che non avete avuto la mafia, non che non abbiate i vostri problemi, penso ad esempio alla stagione del banditismo, ma è cosa diversa. Ho visto più gentilezza. Cagliari non la conosco, magari è una città disordinata come le nostre, però ci vengo con cuore aperto e con piacere. Devo dire con rammarico che è complicato arrivarci»
In occasione della sua ultima mostra in Sardegna, a Sassari, si parlò della possibilità di organizzare un'esposizione all'Asinara...
«Si parlò di portare all’Asinara il mio lavoro sulla mafia, allestendo almeno parte della mostra all'interno del bunker dove fu carcerato Totò Riina. Non fu possibile concretizzarla. Ma il progetto mi interessa ancora. Mi piacerebbe farla d'estate, così anche i turisti e i visitatori potrebbero vederla. E avrebbe un forte valore simbolico.»
Abbiamo chiesto a Letizia Battaglia quali immagini proporrà a Cagliari. «Sarà una selezione delle fotografie stampate per la mostra al Maxxi, essenzialmente immagini sulla mafia, ma non soltanto. Avevo pensato di proporre dei lavori più recenti, poi mi è sembrato giusto portare quello che comunque rimane il mio lavoro più sentito».
Com'è nata questa nuova mostra in Sardegna?
«Ho ricevuto un invito e siccome la Sardegna mi piace moltissimo ho accettato con piacere. Nasce così, semplicemente, come è stato nelle due precedenti occasioni in cui ho esposto da voi. Oggi spesso rifiuto le proposte, sono molto impegnata con le attività del Centro internazionale di fotografia che, dopo anni di lavoro mio e di altri, ha visto la luce a Palermo. Facciamo un anno il 16 novembre».
Come opera il Centro?
«È un'attività che portiamo avanti con fatica, con pochi soldi ma grande eleganza. Mi ci dedico con gioia, anche perché è un lavoro collettivo, ho sempre amato lavorare insieme ad altre persone. Ho fatto per anni la fotografa, un'attività solitaria, molto personale, ma a me piace confrontarmi, condividere. Abbiamo appena inaugurato una mostra di Josef Koudelka, le sue foto dell'agosto del 1968. Un enorme impegno organizzativo, perché Koudelka esige il massimo, da se stesso in primo luogo. Questa è l'ultima, in un anno credo che ne abbiamo fatto 14. Il Centro lavora per chi si interessa di fotografia a Palermo, in tutta la Sicilia e a livello nazionale, ma in un'ottica di scambio internazionale. Il nostro intento è anche quello di portare a Palermo la cultura fotografica di tutto il mondo. Facciamo poi una piccola rivista, si chiama “If”, e ci occupiamo di didattica, in particolare a favore di giovanissimi. Ad esempio abbiamo invitato dei ragazzi tra i 10 e i 14 anni di età a partecipare, gratuitamente, a un corso che dura da un anno. Stiamo preparando la mostra finale. Abbiamo lavorato con i ragazzi di una comunità di carcerati, sempre molto giovani; anche con le loro foto abbiamo realizzato una mostra. Per noi il Centro deve essere un luogo di riferimento per la diffusione di un senso di correttezza e disciplina, di bellezza e invenzione».
La mostra cagliaritana è organizzata dal festival Pazza Idea, dedicato quest'anno a esplorare il Femminile plurale, un tema a lei caro.
«È così. Inizialmente avevo pensato di proporre i miei lavori sul nudo femminile. Ci sto lavorando da tanto, ma non mi sento pronta e ho preferito rinunciare. Il nudo è un tema delicato e complesso. Comunque lavoro sempre tanto con le donne e per le donne. Ora sto preparando uno spettacolo teatrale su un testo di Alessandra Bocchetti, un lavoro sulla prostituzione; prostitute cheraccontano di come gi uomini fanno sesso con loro, senza amore alcuno».
Questa è la sua seconda visita in Sardegna. Può dirci qualcosa sulla prima esperienza?
«Vengo da un'isola e per me la Sicilia e la Sardegna son come due sorelle. Ma da voi ho trovato più educazione, più attenzione ai luoghi e al paesaggio. Si avverte il fatto che non avete avuto la mafia, non che non abbiate i vostri problemi, penso ad esempio alla stagione del banditismo, ma è cosa diversa. Ho visto più gentilezza. Cagliari non la conosco, magari è una città disordinata come le nostre, però ci vengo con cuore aperto e con piacere. Devo dire con rammarico che è complicato arrivarci»
In occasione della sua ultima mostra in Sardegna, a Sassari, si parlò della possibilità di organizzare un'esposizione all'Asinara...
«Si parlò di portare all’Asinara il mio lavoro sulla mafia, allestendo almeno parte della mostra all'interno del bunker dove fu carcerato Totò Riina. Non fu possibile concretizzarla. Ma il progetto mi interessa ancora. Mi piacerebbe farla d'estate, così anche i turisti e i visitatori potrebbero vederla. E avrebbe un forte valore simbolico.»