La Nuova Sardegna

I concerti

Irama: «Prima la musica era un lusso oggi anche un’idiozia diventa virale»

Paolo Ardovino
Irama
Irama

La popstar l’8 ad Alghero e il 13 al Red Valley di Olbia

04 agosto 2022
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È stato sull'isola solo una volta qualche anno fa, ora farà due tappe nel giro di pochi giorni: «finalmente», dice Irama, che l'8 agosto sarà sul palco dell'anfiteatro Ivan Graziani di Alghero in occasione dell'Alguer summer festival e il 13 agosto, nella stessa serata con Martin Garrix, all'Olbia arena per il Red Valley. Il fare è spontaneo, il tono gentile ma non le manda a dire, Irama è il cantante pop dal passato hip hop e con lo sguardo al cantautorato «e non etichettarsi è la cosa più rock ‘n’ roll che oggi si possa fare».

Domanda canonica: com’è ritrovare arene e piazze gremite?

«Il tour era partito dai palazzetti pieni e ora sta continuando bene, è un’emozione grande. Il live è la parte più divertente».

Forse lo sai già, nella scena musicale hai un’attitudine molto più internazionale che nazionale, sperimenti in maniera eclettica, come pensi la musica?

«Ogni album è come un puzzle, con pezzi di anima. Mi piace essere naturale e non seguire un settore specifico del mercato. Fottersene delle regole è la cosa più rock ‘n roll, no? Da altre parti si millanta tanto di essere rock ma poi sembrano tutti chiusi a incasellarsi perché hanno paura di perdere tutto. Se penso ai miei miti, come i Queen, Mercury faceva di tutto dal pop al rock alle canzoni spagnoleggianti, o tra quelli di ora Childish Gambino, da cui non sai mai cosa aspettarsi, o ancora Bruno Mars. Mi piace questa visione della musica».

Chi è l’ascoltatore di Irama?

«Ci penso anche nei live, il pubblico è variegato ed è bello così. Mi sento con un piede nel pop, ma c’è anche l’urban e il cantautorato. Faccio il mio in maniera naturale e poi si vede».

Nel tuo ultimo album, “Il giorno in cui ho smesso di pensare”, hai collaborato con Rkomi, Sfera Ebbasta, Lazza, Gué, ti piace l'universo hip hop?

«Ci sono cresciuto, ho passato tanto tempo sulle panchine a fare freestyle, è una realtà che più la vivi e meno hai voglia di parlarne… invece meno la vivi e più ti riempi la bocca di scemenze. È un mondo affascinante, che in America si è evoluto dall’attitudine blues, in Italia ha preso forma più con il cantautorato. In generale, oggi, ed è una cosa brutta da dire, l’idea di fare musica ha perso tantissimo valore. Quel che arriva di più sono i singoli».

Da ascoltatore, cosa ti piace da sempre e in qualche modo ti influenza?

«Mi piacevano i Jethro Tull. Di De André e Guccini ho consumato la discografia. Tra le altre cose anche gli U2, ma non ho mai ascoltato con la volontà di attingere. Mi piacciono le canzoni belle, punto, poi non importa il genere o chi le fa».

A proposito di quel che dicevi, che ne pensi di questa situazione dove la singola canzone viene valorizzata ma i progetti strutturati perdono?

«Fa schifo così, perché l’album rappresenta invece tantissimo. Ancora oggi quando devo lavorarci mi ritiro tanto, mi chiudo in casa con i musicisti, mi piace portarlo e raccontarlo poi nei concerti. Ora è orribile quanto abbia perso valore. Ma credo sia anche per il fatto che, pensaci, prima la musica era un lusso, era come il caviale che costava tanto e te la gustavi. Ora è talmente tanta e popolare che anche una scemenza diventa virale. E con questo non voglio dire che personalmente faccia musica alta eh…»

In gara nelle ultime due edizioni del festival di Sanremo, che vetrina rappresenta ancora?

«Nonostante passi gli anni resiste e con la scelta di Amadeus di portare nuova musica, si sono avvicinati i giovani. È stato fatto il passaggio del testimone con le nuove generazioni riuscendo a non far morire Sanremo. Il festival è gigantesco. C'è la giuria e la competizione ma conta l'impatto sul pubblico, e all'ultima edizione sono onorato del grande riscontro avuto dalla canzone (“Ovunque sarai” il titolo,ndc)

Pensa che non volevo farla uscire».

E poi?

«Rappresenta qualcosa di molto personale, è dedicata a una persona che non c’è più. Nel disco è l’outro, a cui do particolare importanza. Mi hanno dovuto convincere, anche dalla mia famiglia, mia mamma. Ascoltai il consiglio con scetticismo. Pensandoci ora, dico menomale, è stato giusto condividerla in questo modo»

 

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