Paola Sotgiu: «Grazie al successo delle serie tv anche il cinema si è accorto di me»
L'attrice ritorna nella seconda stagione di “A casa tutti bene” su Sky
La lunga serialità di questi ultimi anni ha permesso a una nuova classe di attori di farsi conoscere e apprezzare. La cosiddetta generazione Skam, o Mare fuori, per citare l’ultimo fenomeno tv. Ma molte di queste serie sono state anche un trampolino di popolarità per colleghi magari meno giovani che, pur avendo un curriculum di tutto rispetto, non si erano mai imbattuti in ruoli campioni al botteghino o di audience. Paola Sotgiu ne è un esempio. Classe 1948, origini sarde di Calangianus, ha lavorato con Vanzina, Verdone, Di Gregorio, ma per farla conoscere al grande pubblico è servito “Suburra”, dove dava il volto ad Adelaide Anacleti, la capostipite degli zingari di Roma. E ora un altro bagno di popolarità grazie alla seconda stagione di “A casa tutti bene” di Gabriele Muccino, in onda su Sky, dove è Maria Ristuccia, capostipite della parte di famiglia meno fortunata.
L’incontro con Muccino?
«Mi aveva già voluto per un film, “Gli anni più belli”, dove interpretavo la mamma di Kim Rossi Suart. Erano scene non facili, il mio personaggio era stato colpito da un ictus. Poi mi ha richiamata per il provino di “A casa tutti bene”. Una volta finito mi ha detto: “mi hai fatto felice”. Ho capito che mi aveva presa».
Com’è il set con Muccino?
«È un uomo molto sensibile, un uomo di sentimento. È talmente attento ed empatico con gli attori che è difficile non farlo contento. Riesce a tirare fuori da un attore anche quello che uno crede di non sapere fare. A me è successo. Gabriele è un artista».
Nel cinema mucciniano i personaggi sembrano esasperati, urlano: è così anche sul set?
«Lui parla sempre a voce alta. Ma l’ho sempre visto di buonumore. Questo era il clima generale sul set. Due anni fa, durante la prima stagione, tutto il cast è stato insieme per tre settimane ad Ansedonia. Colazione, pranzo, cena. Eppure mai uno screzio. Anzi, tra noi abbiamo legato molto. Magari a causa dei vari impegni non ci vediamo tanto. Penso a Euridice Axen o Sveva Mariani: fantastiche. O Emma Marrone, che fa mia nuora. Con lei non puoi neanche fare una passeggiata, ti fermano tutti».
Chi è Maria Ristuccia?
«È una donna diversa da me. Molto frustrata, non ha avuto grandi soddisfazioni dalla vita, pochi soldi, figli problematici».
La serie è una fotografia della famiglia italiana?
«Io sono convinta di sì, anche perché le famiglie realmente felici esistono? Ho visto la mia e non era così, idem quella di mia sorella. In tutte le famiglie che conosco ci sono problemi».
Quanto manca dall’Isola?
«Ventiquattro anni. Ma dovrei fare un salto a Calangianus per risolvere una questione».
Attrice da sempre, la popolarità con Suburra: per lei questa è una seconda giovinezza?
«Magari (ride, ndr). Per “Suburra” mi scelse direttamente Michele Placido e quella è stata la spinta. Io continuavo a lavorare tranquillamente ma parti importanti non me ne davano. Nel nostro mestiere lavori solo se sei noto. Adesso nell’ambiente mi conoscono. Ho fatto “L’amor fuggente” di un giovane regista, Davide Lomma. E poi “Animale umano” di Alessandro Pugno, che mi ha chiamata senza provino: significa che sanno già chi sono. Ora farò una partecipazione nel film di Luca Severi. Questi giovani registi sanno quello che vogliono. Come Muccino».
Non tutti sono così?
«Una volta mi chiesero una sostituzione al volo alle 9 di sera per essere a Cinecittà alle 9 del mattino. Andavo a fare una madre. Chiedo al regista di cui non farò il nome: “come deve essere questa donna?”. La sua riposta mi ha raggelata: “ma perché, è la prima volta che reciti?”».