La Nuova Sardegna

L’intervista

Nando Paone: «Devo il mio amore per il teatro al genio di Eduardo De Filippo»

di Sabrina Zedda
Nando Paone: «Devo il mio amore per il teatro al genio di Eduardo De Filippo»

L’attore napoletano sarà a Cagliari sabato 10 novembre al Puntodivista Film Festival: «Recitare è una missione: sicuramente soffri ma questo alla fine paga»

10 novembre 2023
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Stavolta le tournée teatrali c’entrano poco con la sua presenza in Sardegna: Nando Paone arriva nell’isola quasi per rilassarsi, ospite di punta, domani nel Teatro Adriano di Cagliari, della serata inaugurale del PuntodivistaFilmFestival, concorso internazionale di cinematografia organizzato dall’associazione Art’In. L’attore napoletano, cresciuto alla scuola di Eduardo De Filippo, ma presto scritturato anche nel cinema dove ha lavorato per registi come Mario Monicelli e Dino Risi, nonché per Luca Miniero nei re del botteghino “Benvenuti al Sud” e “Benvenuti al Nord”, da anni è anche uno dei più amati interpreti della tv. Tra i suoi lavori “Mina settembre” su Rai 1 e “La voce che hai dentro” su Canale 5.

Non è la sua prima volta in Sardegna. Che rapporto ha con l’isola?

«Meraviglioso direi, anche se non ci sono mai stato in vacanza, ma solo in inverno, a ridosso della primavera per lavoro. E poi mio genero è di Carbonia».

Che cosa proporrà domani?

«Parlerò di me, della mia vita e del mio lavoro intervistato dal giornalista Giacomo Serreli. Anche se ho già avvisato gli organizzatori: se dovesse essere necessario mi avvarrò della facoltà di non rispondere».

La sua carriera è cominciata nel 1974 in teatro e da allora non si è più fermata. A cosa sta lavorando adesso?

«Da dieci anni ho un piccolo teatro a Pozzuoli, e ne seguo la programmazione. Contemporaneamente sto girando l’Italia con “Aspettando Re Lear” dove recito accanto ad Alessandro Preziosi, mentre il 9 dicembre debutterò con “Sagoma”, un monologo di Alessandro Pisano che affronta temi come la condizione dell’attore e quella umana».

Lei ha lavorato accanto a registi e attori incredibili. Chi le è rimasto più nel cuore?

«Senza dubbio l’incontro con Eduardo non lo dimenticherò mai. Sembravamo nonno e nipote. Ma il mio grande mito è stato Vittorio Gassman, un attore grandioso, trasversale».

Molti suoi giovani colleghi, anche talentuosi, faticano a farsi strada nel teatro…

«È un male endemico perché con l’avvento della televisione, così prorompente, l’Italiano non va più a teatro e se ci va lo fa per vedere l’attore famoso».

Che fare?

«È ora di aprire i teatri a tutti coloro che vogliono portare avanti questa attività. Ai giovani che seguo da vent’anni dico: se questo è il vostro sogno prendete un testo, mettetevi insieme e io vi do il teatro. Nel mio piccolo spazio di Pozzuoli sono molto inclusivo perché costringo il pubblico a vedere un po’ di tutto, dal personaggio popolare, ad attori bravissimi che nessuno conosce».

Nel settore la politica è latitante.

«Sia con il governo Berlusconi, che con l’ultimo decreto Franceschini sono rimasto molto deluso. Ma si potrebbe dire che il teatro è in crisi da sempre, sin dai tempi di Aristofane. Se si ha chiaro questo, si può andare avanti e riuscire a far tutto. Il teatro è una missione: anche se soffri devi andare avanti. Questo alla fine paga».

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