Bubu, vittoria sfiorata a Masterchef: «Che esperienza»
Cresciuto nell’isola: «Sogno un ristorante mio». Tra le sue ricette orziadas, burrida e parmigiana
Formalmente è Antonio Gargiulo, per tutti è “Bubu”. Ce l’aveva scritto anche sul grembiule di Masterchef, quando è diventato protagonista della dodicesima edizione, un anno e mezzo fa, arrivando secondo. Nato da famiglia napoletana ma cresciuto in Sardegna, a due passi da Cagliari, faccia da bravo ragazzo, sorriso serafico. «Sui social non sono molto pratico, mi aiuta la mia ragazza», e pubblica ricette veloci e sfiziose. Intanto, a 21 anni, dopo il liceo Classico e la facoltà di Archeologia di mezzo, sogna il futuro.
Riavvolgiamo il nastro: come ha deciso di partecipare a Masterchef?
«Era un periodo in cui mi sentivo in crisi con me stesso e non ero in grado di interrompere il trend negativo. La mia ragazza e i coinquilini – abitavo già a Roma – mi hanno praticamente costretto a inviare la candidatura (ride, ndr). Non ci contavo molto: leggevo tanti libri di cucina ma non mi reputavo all’altezza».
È andata bene. Racconta la prima volta che si è ritrovato di fronte a Cannavacciuolo, Locatelli e Barbieri?
«Terrore allo stato puro. Mi ha ricordato quando alle medie facevo pianoforte e arrivava il momento di salire sul palco. Mi sentivo bloccato, poi gli chef mi hanno messo a mio agio e ho capito di dovermi sbrigare, era l’opportunità della vita».
Che piatto aveva portato?
«Un classico. Culurgiones ogliastrini con patate, menta e pecorino in brodo con zafferano e scaglie di pecorino, e olio alla menta, una cosa davvero semplice».
Insomma...
«Per me significava giocare con un piatto che adoro, un omaggio alla terra che mi ha cresciuto».
Dopo ogni prova com’era arrivare davanti ai giudici e fargli assaggiare la propria creazione?
«Innanzitutto, avere un confronto con loro significava o essere tra i migliori o essere a rischio eliminazione. Ma era un’opportunità per crescere, l’obiettivo diventava infatti quello: metterti in gioco per arrivare al confronto».
Scelga un ricordo in particolare.
«Ah beh la prova che porterò per sempre nel cuore, a Mentone al Mirazur, ristorante tre stelle Michelin. A parte perché ho vinto, è stata per me la chiave di volta. Lì avevo capito che la cucina è la mia strada e finire a confrontarmi con una realtà del genere, affiancato da una brigata di primissimo livello, è stato prezioso».
Il periodo subito dopo Masterchef in che modo lo ha vissuto?
«Il programma dà tanta visibilità, la gente ti ferma per strada, ti trovi a fare interviste (ride). Sono stato fortunato, perché subito dopo la finale Cannavacciuolo mi ha proposto di andare per un periodo a lavorare per lui, in Piemonte».
Significa venire catapultati nelle cucine vere.
«Sì, diciamo che quella che poteva essere la pressione per una prova a Masterchef, lì diventava la pressione per ogni giorno. Cucinare per persone che pagano e vogliono una esperienza. Ho imparato la disciplina e sono grato allo chef».
Prossimi obiettivi?
«Voglio crearmi un bagaglio di esperienza importanti per poi, chissà, tra due, cinque o dieci anni arrivare ad aprire un ristorante mio».
E il suo rapporto con la Sardegna?
«Sono cresciuto ad Assemini, la mia famiglia è di Vico Equense, ho sempre unito le due realtà. Dico sempre di essere cresciuto tra il golfo di Napoli e quello di Cagliari. Le due tradizioni mi hanno influenzato».
E Bubu in cucina com’è?
«Il mio piatto preferito è la parmigiana di melanzane. Poi tanta Sardegna, specie la carne: agnello, maialetto, pecora, capra, asino. Ma un piatto a cui sono legato, oltre alla panada che adoro, è la burrida. L’assaggiai a una festa e ho finito da solo l’intero vassoio (ride). E sono innamorato delle orziadas fritte».