La Nuova Sardegna

L’intervista

Carolina Crescentini: «Fiera dei miei vent’anni di carriera, ora sogno Verdone: mi basta un cameo»

di Alessandro Pirina
Carolina Crescentini: «Fiera dei miei vent’anni di carriera, ora sogno Verdone: mi basta un cameo»

In questi giorni Carolina Crescentini è in Sardegna con il marito, il cantautore Francesco Motta, ospiti del festival dei corti di viaggio “Andaras”

19 luglio 2024
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Vent’anni fa la prima posa. Il primo di numerosi set. Era il 2004 quando il cinema italiano si è accorto del talento di Carolina Crescentini e non se l’è fatto scappare. Da allora sono passati tanti film, tante serie v, tanti ruoli. In questi giorni Carolina Crescentini è in Sardegna con il marito, il cantautore Francesco Motta, ospiti del festival dei corti di viaggio “Andaras”: oggi alle 19 l’attrice sarà protagonista di un incontro in piazza Lamarmora a Iglesias. Una full immersion tra cinema e natura.

Carolina, ha fatto tante volte la giurata a un festival. Qual è la specialità di Andaras?

«Sto conoscendo una parte di Sardegna in cui non ero mai stata. Rimango stupefatta di fronte alla bellezza della costa sudovest. Alle proiezioni c’è tanta partecipazione. Vedere gente di tutte le età, seduta anche sui muretti, mi emoziona. E poi c’è una selezione di corti ampia. Il tema è il viaggio, ma anche io guardando questi film ho viaggiato, scoprendo territori meravigliosi».

Carolina e la Sardegna: il suo legame con l’isola?

«La Sardegna fa parte della mia vita, vengo da quando ero bambina. Non c’è anno che non venga in Sardegna. Anche questa estate con Francesco siamo venuti tre giorni a inizio stagione. Il primo bagno si fa in Sardegna, poi devi accontentarti».

In Sardegna ha girato “L’accabadora” di Enrico Pau.

«Il mio unico film sardo. Faccio un appello: voglio lavorare in Sardegna. Ricordo “L’accabadora”: un’atmosfera bellissima. E poi ho scoperto Cagliari. Quel film è qualcosa di ancestrale che spiega una Sardegna che non potevo conoscere da turista».

Nella serie “I bastardi di Pizzofalcone” è la magistrata Laura Piras, sarda.

«Avrei voluto imparare il sardo, ma non hanno fatto sviluppare il personaggio. E così ero sarda solo di origine, ma un po’ di capa tosta l’ho mantenuta».

Il suo viaggio nel cinema inizia con “Notte prima degli esami - Oggi”. Cosa prova quando ripensa a quella Carolina travolta dal successo?

«Sorrido sempre quando penso a quel film. Interpretavo una addestratrice di delfini e ne avevo sempre uno al mio fianco, mi sentivo coccolata e questo non mi ha fatto sentire la pressione. Poi quando è uscito, con il mio faccione su tutti gli autobus, ero sul set de “I demoni di San Pietroburgo” di Giuliano Montaldo: sveglia alle 4 del mattino, ore di trucco e parrucco. E così non mi sono sentita smarrita. Lavoro e disciplina aiutano sempre».

Arriva “Boris”: che ricordo ha della prima volta che “incontrò” il personaggio di Corinna Negri, la “cagna maledetta”?

«L’ho conosciuta direttamente al provino. Ricordo che incontrai Massimo De Lorenzo, c’eravamo già visti a un altro casting e gli dissi che non mi avevano presa perché ne avevano scelta un’altra raccomandata. Così quando mi hanno detto che dovevo interpretare una attrice raccomandata è scattata la voglia di riscatto. Amo Corinna, anche se in “Boris 4” è un po’ meno cretina e questo mi spiace».

Nella sua carriera ha incontrato più Renè Ferretti o Corinna Negri?

«Le Corinne Negri ci saranno sempre, ma ora ne vedo meno. I Renè Ferretti, invece, sono sempre in agguato».

Un altro suo grande successo, “Mare fuori”, è diventato un fenomeno tv: come si spiega questo successo?

«Non lo so nemmeno io. Il tema delle carceri in Italia sembra non interessare, a me invece interessa eccome. Quando ho letto il mio personaggio mi ha subito conquistata. Mi piaceva l’idea di raccontare il carcere minorile, un microcosmo pieno di storie che mi auguro sia sempre un luogo solo di passaggio».

Com’è stato calarsi nella parte della direttrice Paola Vinci?

«Oltre al fatto che mi sono sfondata un’anca anche “Mare fuori” è stato anche un viaggio con gli adolescenti, con le loro sensibilità».

Tanto cinema e tanta tv: il ruolo che ha amato di più?

«Sono passati vent’anni dalla prima posa e ne sono fiera, perché sono stati anni sensi. Ovvio che la Cagna la amo e la amerò per sempre. È stato un regalo».

C’è un ruolo mancato per cui ancora si mangia le mani?

«Troppi ce ne stanno. Io ne voglio fare ancora tanti».

Ha lavorato con Montaldo, i Taviani, Muccino, Genovese, Morante, Ozpetek. Da chi vorrebbe essere diretta?

«Mi piacciono moltissimo Virzì e Soldini, perché raccontano le donne benissimo e i loro attori sono sempre strepitosi. E poi io sono romana e adorerei, anche per un cameo, lavorare con Verdone. Ma conosco a memoria le sue espressioni e avrei paura di scoppiare a ridere».

Tante colleghe, a partire da Paola Cortellesi, sono passate dietro la macchina da presa: ci ha mai pensato?

«Come no? Ma bisogna prima trovare la strada giusta. Non è questione di ego dell’attore, ma a un certo punto hai voglia di raccontare con il tuo sguardo. È un qualcosa di naturale». L’anno scorso ha affiancato la Gialappa nel loro show: ha mai avuto velleità televisive? «Posso fare solo queste cose comiche. Oltre al fatto che sono pazza del Mago Forest».

Nel suo futuro cinema o tv?

«Il 26 settembre torno su Netflix con “Tutto chiede salvezza” di Francesco Bruni. Ma dal 12 sarò al cinema con “Come far litigare mamma e papà di Gianluca Ansanelli. Una commedia family con Giampaolo Morelli, Nino Frassica, e poi Elisabetta Canalis, che ho scoperto essere la donna più amata dagli italiani».

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