La prima volta di Aurora Ruffino: «Il mare della Sardegna è incredibile: il più bello del mondo»
L’attrice è madrina del festival di Tavolara «Dopo il cinema e la tv ora sogno il teatro». Per l'isola è un amore appena sbocciato
Quanto conta in una carriera essere la madrina del Festival del cinema di Tavolara? Lo status raggiunto da una rassegna unica nel suo genere, al di là del cinema e verso un concetto di settima arte che aveva sposato luoghi e natura ben prima della svolta sostenibile e green anche nell’industria dello “show system”, lo si capisce da emozione e incanto con cui Aurora Ruffino ha sposato la causa di un festival rinnovato e da nuova generazione. Artista poliedrica, come si conviene alla svolta delle interpreti 4. 0, Aurora Ruffino ieri sera ha presentato “Zamora” di Neri Marcorè, insieme al suo autore e conduttore della rassegna, e oggi celebrerà la chiusura con “Troppo azzurro” di Filippo Barbagallo.
La sensazione della prima volta a Tavolara è qualcosa che scinde il sentimento dalle frasi di circostanza. «Una profonda sensazione di gratitudine, mi trovo in un posto meraviglioso dove non ero mai stata, è una prima volta assoluta: la prima volta come madrina in un Festival, una bella prima volta per cui mi sento privilegiata, dal momento che la considero anche la prima volta in Sardegna – spiega la Ruffino –. Sono felice di trovarmi qui per un’occasione importante come il festival di Tavolara e in una terra fantastica come la Sardegna, che conoscevo poco. In realtà ero venuta nell’isola due anni fa, ma solo un paio di giorni e non avevo neanche fatto un bagno al mare, perché ero rimasta chiusa in un residence. Quindi, considero questa la prima volta in Sardegna, ho anche fatto il bagno in quest’acqua bellissima, la più bella del mondo».
Aurora Ruffino, 35 anni, attrice di cinema, dove ha esordito giovanissima con “La solitudine dei numeri primi” di Saverio Costanzo, e televisione, dov’è stata protagonista della serie campione d’ascolti “Braccialetti rossi”, nei panni di Cris, ragazza affetta da anoressia, e de “I Medici”, produzione internazionale in cui è stata Bianca de’Medici, guarda al futuro per migliorarsi e diversificare. «Ogni essere umano ha una naturale propensione verso la crescita, in qualsiasi cosa facciamo c’è il desiderio di crescere ed evolvere, fare esperienze nuove; quindi, il desiderio di sperimentare cose nuove – sottolinea l’attrice guardando fisso lo splendido panorama dell’isola di Tavolara –. Cosa mi manca? Per esempio, non ho mai fatto uno spettacolo a teatro, l’unica esperienza è stata quando studiavo al centro sperimentale di cinema e penso sarebbe un modo per conoscermi in modo diverso. Ho la spinta a cimentarmi in cose che ancora non ho fatto e ho il desiderio di fare esperienze nuove, da quella del teatro a lavorare all’estero. Quest’ultimo desiderio, però, l’ho esaudito, sono stata in Estonia per una produzione internazionale, io recitavo in inglese, tutti gli altri in estone e credo sia stata una bella sfida». A proposito di sfide, il futuro riserva ancora serie tv, ma per il momento non cinema. «C’è la seconda serie di “Black Out – Vite sospese”, con Alessandro Preziosi e poi la serie estone, ma che non so in quale piattaforma uscirà in Italia. Sarà trasmessa nei canali nazionali di Estonia, Lituania e Lettonia».
Il futuro, però, è soprattutto sperimentazione. Qualcosa di nuovo che eleva la recitazione, l’interpretazione in senso assoluto, verso nuove prospettive. «Sto sperimentando nuove forme di espressione, quello che desidero fare è andare anche oltre la recitazione; quindi, cose di cui parlerò più avanti, sto sperimentando un nuovo modo di approcciare l’arte, che non prevede solo la recitazione, sto dedicando molto tempo a questo nuovo percorso – spiega –. Non voglio entrare dentro una catalogazione, spero di riuscire ad applicare una diversificazione prima ancora mentale, non c’è nessuna differenza per un attore tra lavorare in un set cinematografico o in televisione o a teatro, siamo in grado di fare tutto. C’è ancora questa separazione – riflette –, un’attrice o un attore che ha fatto soprattutto televisione viene visto come se quello fosse il suo mondo, all’estero è più sdoganata la figura dell’attore intesa come professione a tutto tondo, capace di passare tra i generi senza aver bisogno di venire classificato».