Michele Riondino: «Dal cinema di Antonello Grimaldi ho imparato tanto»
L’attore tarantino è ospite del festival Creuza de Mà a Carloforte, ha esordito come regista con “Palazzina Laf”
Se da attore aveva già dimostrato ampiamente le sue doti in una carriera ormai ventennale, con il suo esordio come regista Michele Riondino ha dimostrato di saperci fare anche dietro la macchina da presa ricevendo per “Palazzina Laf” critiche molto positive e conquistando tre David di Donatello. Un’opera prima che rientra nel cinema di denuncia e impegno civile, ispirata a fatti veri avvenuti all’Ilva di Taranto.
Inserito nel programma del festival Creuza de Mà, in corso sino a domenica a Carloforte, il film sarà presentato domani dallo stesso Riondino, impegnato anche il giorno seguente in una masterclass e sabato sera in un concerto con la sua band.
Cosa si è portato dietro, in questo esordio, del bagaglio di esperienze con i vari registi che ha incrociato nel suo percorso d’attore?
«Non sono un attore abituato a stare chiuso in camerino in attesa che lo chiamino per la scena e ho sempre osservato come lavorano. È stata una grande scuola. Secondo me i registi bravi sono quelli che condividono il progetto con interpreti e maestranze, non se lo tengono stretto come fa un bambino con il proprio giocattolo. E questa lezione ho cercato di seguirla».
Tra i registi con cui ha collaborato ci sono anche dei sardi, in particolare Antonello Grimaldi.
«Antonello è uno di quei registi di cui parlavo prima, dai quali si impara tanto. L’esperienza sul set di “Restiamo amici”, con lui alla regia, è stata molto bella e mi piace ricordare anche la presenza di Libero “Picchio” De Rienzo (l’attore scomparso nel 2021) che spesso andava a curiosare dietro la macchina da presa».
Lei è di Taranto. Quanto è stato importante esordire alla regia in una storia legata alla sua città?
«Quando ti danno la possibilità di fare l’opera prima le strade sono due: o hai già un progetto in mente o racconti quello che conosci molto bene. Io ho unito questi aspetti, avevo una storia che pensavo interessante e che si sviluppava in un contesto a me familiare. Il film racconta una vicenda del 1997, ma ci ho messo dentro tanti elementi di oggi».
Il festival Creuza de Mà indaga soprattutto il rapporto tra immagini e musica. Quanto conta l’aspetto musicale nella sua visione di cinema?
«Innanzitutto devo dire che la musica è importantissima nella mia vita. Nel film ha un ruolo fondamentale: ci sono brani inediti e non, oltre la colonna sonora di Teho Teardo che diventa un elemento narrativo primario».
Nella masterclass con gli studenti del campus sulla musica e il suono per il cinema, parte formativa legata al festival, cosa pensa di approfondire?
«Devo dire che è la prima volta che incontro dei ragazzi su questo specifico tema. Vorrei condividere con loro degli stimoli, delle riflessioni. Io lavoro molto con la musica anche da attore, per esempio quando preparo un personaggio di un determinato luogo o periodo storico la musica mi aiuta»
A Carloforte sarà anche protagonista di un concerto con i Revolving Bridge. Cosa si deve aspettare il pubblico? Non molti conoscono la sua attività come musicista e cantante.
«È un bene che non sia molto conosciuta (ride)! Con la mia band ci divertiamo a scombussolare le serate in cui ci ospitano, a far ballare la gente, a trasformare brani classici del rock».