La fotografa algherese Eleonora Chessa: «Da Kim a Elisabetta tutte nel mio obiettivo»
Gli scatti alle superstar di tutto il mondo
«Mi fa sorridere che si parli di me solo ora. Io lavoro in questo settore dal 2005, prima con Fabrizio Corona e poi negli Stati Uniti e in giro per il mondo. Da poco c’è stata la bella esperienza del servizio fotografico di Elisabetta Canalis ad Alghero ed è bello che il mio nome abbia cominciato a girare un po’ anche nella mia terra». È un fiume in piena Eleonora Chessa, quella che doveva essere un’intervista è diventato un racconto senza soluzione di continuità, tra incontri casuali con personaggi noti a livello nazionale e mondiale ed esperienze lavorative totalmente diverse le une dalle altre. L’unico filo conduttore è la fotografia, una passione nata da subito ed un obiettivo che ha guidato buona parte dei suoi passi, non solo professionali, dalla natia Alghero a Milano e poi alla California.
Partiamo dalla fine, dal servizio fotografico con Elisabetta Canalis. E, manco a dirlo, anche questa volta è stato il caso a dettare tempi e modi. «Avevamo già fatto un servizio fotografico l’anno scorso quando Sara Piccinini aveva messo in affitto luxury rental la sua villa tramite un’agenzia della quale la Canalis era testimonial. È stata un’esperienza bellissima e le foto sono diventate virali ovunque. All’inizio qualcuno l’ha criticata pensando che fossero foto della sua vacanza e invece erano semplicemente un advertising. Poi con Elisabetta abbiamo continuato a sentirci ed è capitato che abbia fatto anche delle foto a Los Angeles. Quest’anno poi mi ha chiesto se fossi ad Alghero nello stesso momento in cui c’era lei e il caso ha voluto che ci siamo beccate poco prima della mia partenza. Mi ha proposto di farle qualche foto per un paio di brand importanti. Il giorno dopo siamo andate nelle muraglie con quel panorama fantastico, con quei pantaloni arancioni e quel costume bellissimo».
Ma come detto questa è solo l’ultima parte di un racconto che inizia sempre ad Alghero. «Mi sono diplomata nella mia città in grafica pubblicitaria e fotografia. Un po’ tutti mi dicevano che c’era poco spazio per lavorare nel settore che desideravo sin da bambina. E forse all’inizio anche io ho avuto qualche dubbio. Ho lavorato per un po’ come barman e nel 2001 mi sono trasferita a Milano. Qualche anno da commessa e tante serate in giro per locali fino a quando finisco per andare a lavorare all’Hollywood di Milano».
Da qui il racconto di Eleonora passa per aneddoti di tutti i tipi. «Potrei raccontarne a decine, per non dire a centinaia su personaggi famosissimi dello sport e non solo. Ho fatto cocktail nel privé a Madonna, Val Kilmer, Lenny Kravitz, Michael Jordan. Un giorno tra gli ospiti c’era il fotografo Fabio Scarpati, gli ho detto della mia passione e il giorno dopo ho iniziato a lavorare con lui. Durante la presentazione del calendario di Magda Gomez ho conosciuto il giornalista Gabriele Parpiglia che poi ha messo una buona parola per me con Fabrizio Corona. Dopo pochi giorni, divento la sua fotografa personale. E così inizia la mia carriera ufficiale, in giro per eventi mondani e set di calendari. Arriva però il momento dell’arresto di Corona e mi ritrovo improvvisamente a dover di nuovo cambiare lavoro. A quel punto conosco quello che diventerà mio marito, il giocatore di Basket Mike Efevberha, in quel momento in forza al Lugano. Con lui arriva il trasferimento in California e ritorna la passione e il lavoro da fotografa. Scatti dedicati al mondo dello sport e servizi fotografici come quello con Kim Kardashian in occasione del concerto di Celine Dion. Lei è letteralmente impazzita per il risultato finale. E poi ancora quelli con il rapper The Game e tanti altri vip, scattati in set o sui red carpet per agenzie come Splash News: Raquel Zoe, Angelina Jolie, Jennifer Lopez, Mickey Rourke». Per arrivare infine a Elisabetta Canalis. «Per la verità mi era stato chiesto di paparazzarla ai tempi della sua storia con George Clooney ma mi rifiutai, mi sembrava una mancanza di rispetto per una mia conterranea. Mi dissero che non avrei mai fatto questo lavoro. E invece continuo a farlo, in giro per il mondo con la mia macchina fotografica».