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Buon Gusto – Speciale Vermentino

Identità e qualità, il giornalista Giuseppe Carrus (Gambero Rosso): «Esprimere le specificità dei territori fa la differenza»

di Andrea Sini
Identità e qualità, il giornalista Giuseppe Carrus (Gambero Rosso): «Esprimere le specificità dei territori fa la differenza»

In Sardegna non ci sono solo le condizioni ambientali giuste, ma anche la possibilità di raccontare tramite il vino ogni singola zona. Il punto di svolta è arrivato quando si è smesso di considerarlo solo in rapporto ad altri vitigni: così è uscito dall’anonimato

17 ottobre 2024
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«È un grande momento per il vermentino, che sta trovando la sua massima espressione anche a livello quantitativo non soltanto in Sardegna, ma in tutto il bacino del Mediterraneo». Giuseppe Carrus, giornalista del Gambero Rosso, reduce dalla presentazione della Guida Vini d’Italia 2025, svela i segreti del fenomeno vermentino.

«Il vermentino deve il suo successo principalmente al proprio dna – spiega l’esperto –. È un vitigno che ultimamente si sta piantando anche in zone più interne rispetto alle coste, complice anche il fatto che nel contesto di un clima che va cambiando si tratta di una varietà adatta anche a temperature più calde. Si tratta di un’uva semi-aromatica, che se lavorata bene riesce a esprimere caratteristiche di piacevolezza e immediatezza. Per questo è un vino che abbraccia varie fette di pubblico: piace molto per la sua esuberanza aromatica, ma non per questo è un vino piacione o banale». In Sardegna il vermentino trova una delle sua massime espressioni.

«La sua non banalità deriva dal far emergere le varie aree nelle quali viene prodotto – dice Carrus – perché sappiamo bene che da noi è coltivato in vari suoli, con climi ed esposizioni differenti. È qui che da vino semplice, da tutti i giorni, può emergere. Le versioni più semplici, bevute d’annata, giocano sull’immediatezza, invece le versioni che derivano da uve coltivate in terreni particolarmente idonei aggiungono pezzetto in più, con la propria territorialità. Si passa da vini molto buoni a grandi vini che possono competere con i grandi vini del mondo. E questo la Sardegna lo dice molto bene. È sufficiente prendere in considerazione alcune delle produzioni più note, come quelle della Gallura, con le sue caratteristiche di disfacimento granitico, poi la Gallura del confine della Docg verso ovest, dove già nasce un vermentino diversosino ad arrivare alla parte sotto Alghero, con Usini, dove c’è maggiore presenza di calcare: ecco, pur con una costanza di caratteristiche varietali, emergono le peculiarità a livello territoriale».

L’altro tema importante sottolineato da Carrus è quello della longevità. «In Sardegna esistono esempi virtuosi che dimostrano come il vermentino fatto in una certa maniera può esprimere incredibili capacità di invecchiamento. Questo prima non veniva preso in considerazione, ma è un altro modo per ascriverlo ai grandi vini del Mediterraneo».

In quale momento la Sardegna ha fatto il salto di qualità nella produzione del vermentino? «In passato si riteneva, in maniera a mio parere legittima, che il vermentino, come anche il cannonau, dovessero essere “aiutati” da vitigni considerati migliorativi a livello internazionale. Questo consentiva di produrre buoni vini, ma meno identitari e non pienamente in grado di comunicare la Sardegna e i suoi territori. E si scontravano con i grandi vini del mondo restando nell’anonimato. La viticoltura in Sardegna è cresciuta sotto tantissimi aspetti, dal campo, alle vigne, sino ad arrivare in cantina. A un certo punto ci si è resi conto delle grandi potenzialità del vermentino, mettendo anche da parte l’idea che il vino bianco, per diventare un vino prestigioso, dovesse avere caratteristiche anche dei vini rossi: potenza, corpo e struttura. Con coraggio e visione si è iniziato a intraprendere quel percorso. C’è ancora da fare, e bisogna farlo tutti insieme – conclude Carrus –, ma la strada è tracciata».

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