I consigli dello chef Roberto Pintadu: «Così si fa la bistecca perfetta»
Il re della griglia è di Tula e ha 50 anni: la sua steakhouse Bifrò è tra le più apprezzate di Torino
La sua griglia è tra le più apprezzate di Torino ed è chiaramente il cuore della steakhouse Bifrò, che dal 2018 non è altro che una versione mangereccia del Paradiso Terrestre dei carnivori. Le bistecche e gli altri “tagli” che propone lo chef Roberto Pintadu, 50enne di Tula, hanno scalato l’hit parade della categoria fino ad arrivare al Gotha delle bisteccherie del nord ovest. Il merito, oltre alla qualità delle carni, è soprattutto dell’abilità del grigliatore, quello che a Sassari si chiamerebbe “lu masthru di graviglia”: «Che a Tula chiamiamo “fogheri”, che poi è quello che ho sempre voluto fare, sin da quando con i miei amici mi mettevo alla griglia per cuocere le prime bistecche. Era il mio divertimento».
Qualche anno dopo, il divertimento è diventato un lavoro e Roberto Pintadu si è prestato per dare qualche consiglio agli appassionati, ma anche a chi a sempre sognato di arrostire, anzi di grigliare, la bistecca perfetta: «Facciamo così: io metto in ordine i tre punti che ritengo fondamentali. Poi aggiungo il quarto. Il primo errore che si dovrebbe evitare è lesinare sul combustibile, perché è sbagliato risparmiare sulla legna o sul carbone. Noi, ad esempio, usiamo un carbone fatto in Italia da un unico legno, in modo da avere omogeneità nell’asciugatura e nella combustione. Vale anche per la legna, che sarà migliore se appartenente ad un unico lotto. Il secondo punto – continua Pintadu – non può che essere la qualità della materia prima. Per intenderci, la carne in offerta al supermercato non è quella su cui puntare per offrire un prodotto di qualità. Il terzo punto, invece, è andare a mangiare la carne alla griglia dove la sanno fare».
E il quarto? «È che siamo in pochi a saperla fare bene», scherza lo chef di Tula. C’è poi un altro aspetto che si sente nominare spesso ma che, altrettanto spesso, rischia di sfuggire: la frollatura. «Che si distingue dalla maturazione, perché la carne frolla per i 7/10 giorni e poi inizia a maturare. Una volta che l’animale viene macellato, anche se sarebbe meglio parlare di animale sacrificato, come fanno gli spagnoli, la sua carne subisce un irrigidimento naturale delle fibre e serve qualche giorno prima che le fibre si lascino andare. Più la bestia è matura, parlo dell’età ma può dipendere anche dall’allevamento, più i muscoli hanno bisogno di molti più giorni di maturazione. E se fatta con i mezzi adeguati e sicuri, si attivano una serie di processi chimici che ne migliorano il sapore».
La maturazione della carne, però, non è un processo alla portata di tutti: «Per evitare l’aggressione dei batteri è necessario rispettare alcuni parametri, legati al freddo, all’umido e alla ventilazione. Diciamo così: temperatura tra un grado e un grado e mezzo, umidità tra il 78 e l’80 per cento e una ventilazione costante», spiega Pintadu. Quando si parla di tagli, i dubbi dello chef di Tula si riducono: «Noi lavoriamo i lombi, dunque prevalentemente bistecche. Però amiamo usare più parti della bestia, proprio per onorarne il sacrificio. Grigliamo cuore, diaframma, animelle e le proponiamo prima o dopo la bistecca». E i clienti? «Apprezzano. Il cuore è il più particolare ed è un taglio che fa rabbrividire tutti solo quando ne pronunciamo il nome. Poi lo assaggiano e cambiano idea. Il diaframma, invece, piace tantissimo mentre le animelle sono tra i piatti più importanti per gli amanti del genere».
Ma la carne, da sola, non basta. «Noi grigliamo sempre le verdure, che secondo me sono fondamentali insieme alla carne, meglio anche delle patatine. Chiaramente abbiamo anche le patate al forno ma se dovessi scegliere, metterei sempre il carciofo sardo, una delizia, il peperone o il radicchio tardivo. Sono questi i contorni che preferisco e che consiglio», conclude lo chef.