Razza, pomodori pelati e tanto aglio: ecco la burrida alla cabrarese
La ricetta dello chef Andrea Carta di “Sa bell’e crabasa”: «Il segreto è il sugo»
Ci sono piatti che si legano alla storia di un popolo o di una comunità, tanto da diventarne parte del patrimonio culturale. Fra questi rientra senza dubbio “Sa burrida a sa crabarissa”, “la burrida alla cabrarese”, caratteristica e conosciuta in tutta la Sardegna. Fra i ristoranti che a Cabras la offrono ai loro clienti c’è anche “Sa bell’e crabasa”, grazie allo chef Andrea Carta.
«”Sa Burrida” è un piatto tradizionale di Cabras, preparato fin dall’antichità – racconta Carta – . È un piatto fatto con la razza chiodata, che è un pesce povero. Anticamente la razza era un pesce di scarto che i pescatori non riuscivano a vendere. Così hanno ideato una salsa agrodolce, realizzando questo piatto unico, perché si potesse mangiare e loro potessero venderla». Preliminarmente occorre fare una distinzione: «”La burrida a sa crabarissa” non va confusa con la burrida cagliaritana – sottolinea lo chef –, che è bianca e fatta col gattuccio. La burrida cabrarese è rossa ed è proprio tutta un’altra ricetta. È costituita dalla razza e da una salsa agrodolce leggermente piccante, ed è uno dei piatti tipici del nostro paese».
Preparare “Sa burrida a sa crabarissa” è un’arte. «È stato mio nonno, prima pescatore, poi cuoco, a spiegarmi bene la preparazione – racconta Carta – , che richiede un gran lavoro. Della razza viene usata soltanto la parte esterna, cioè le ali. La razza viene lessata con acqua e abbondante sale e una volta pronta viene tolta dall’acqua e lasciata raffreddare. A quel punto bisogna spellarla e rimuovere bene il collagene che si crea. Un lavoro lungo, dunque, ma ampiamente ricompensato».
Il sapore unico è dato al piatto dal sugo. «In questa pietanza il gusto della salsa è incisivo per la buona riuscita della ricetta – spiega Carta – . La salsa viene fatta utilizzando un’importante quantità di aglio tritato, che viene fatto sfrigolare con l’olio, a cui vengono aggiunti alloro e peperoncino. Successivamente si aggiungono i pomodori pelati, preventivamente sfaldati con le mani. Quindi, una volta che la salsa raggiunge il bollore, si aggiunge l’aceto, l’uva passa, qualche pizzico di zucchero e concentrato di pomodoro». I tempi di cottura della salsa così preparata «sono molto lunghi, quasi 5 ore. Questo perché deve evaporare la parte acquosa che contengono i pomodori pelati. Solo quasi a fine cottura va aggiunto il sale».
Conclusa la cottura «la salsa viene fatta raffreddare e solo successivamente unita alla razza, che viene interamente ricoperta dal sugo così preparato. A quel punto il piatto è ricoperto da fette di limone, che arricchiscono il gusto della pietanza». Precisa ancora Carta: «”Sa burrida a sa crabarissa” viene servita essenzialmente come antipasto ed è un piatto che va consumato freddo». Con che vino accompagnarla? «Si abbina molto bene ai vini rosati, con uve nieddera – spiega lo chef de “Sa bell’e Crabasa” –. Ma è un piatto che può accompagnarsi anche a un cannonau, perché ha una salsa rossa dal gusto intenso».
Ad Andrea questo piatto tradizionale ha regalato grandi soddisfazioni: «Capita spesso che anziani pescatori cabraresi vengano a mangiarla da noi e mi facciano i complimenti. È una cosa che mi gratifica tanto – ammette lo chef -, perché significa che riesco a trasmettere i sapori della tradizione. C’è da dire poi che la burrida unisce sardi e turisti, che spesso, dopo averla assaggiata, se ne innamorano».