Eros Galbiati: «Guerre, discriminazioni, esodi: oggi purtroppo come 70 anni fa»
L’attore al cinema nel film italo-brasiliano Ritratto di un certo Oriente: «Felice di essere scelto da Gomes: è il ruolo più importante della mia carriera. Notte prima degli esami? In un attimo da perfetti sconosciuti a superstar»
Il film è ambientato nei primi anni Cinquanta del secolo scorso, ma i temi affrontati, dal distacco dalle proprie radici al pregiudizio nei confronti dello straniero, sono più che mai attuali. “Ritratto di un certo Oriente”, diretto da Marcelo Gomes, è la storia di due fratelli cattolici, Emilie ed Emir, che sono costretti a lasciare il Libano sull’orlo della guerra per intraprendere un viaggio verso il Brasile. Una lunga traversata in cui affronteranno mille peripezie e troveranno sulla loro strada un fotografo italiano, a cui presta il volto Eros Galbiati, uno degli attori lanciati vent’anni fa da Fausto Brizzi in “Notte prima degli esami”, oggi alle prese con il suo primo lavoro internazionale.
Eros, come nasce il film?
«È una produzione brasiliana-libanese che nasce da un romanzo molto bello, “Racconto di un certo Oriente”, che poi nel film è diventato “ritratto”. È una storia ambientata nel 1950, ma estremamente attuale per tutto quello che sta succedendo nel mondo. Vedi la questione della Striscia di Gaza, ma soprattutto le vicende del Libano, da 70 anni crocevia di guerre e stermini. È un lavoro che non ha alcuna ambizione di essere un film di cassetta. Lo scorso anno ha vinto un importante premio al festival di Rotterdam».
Com’è arrivato sul set di questo film?
«Le riprese erano iniziate prima del 2020, poi tutto si è fermato per il Covid. Di qui la necessità di cercare altri coproduttori. Si è fatta viva l’italiana Kovac e come succede in questi casi si prende anche un attore italiano. Il mio personaggio inizialmente doveva essere un tedesco. Invece, è diventato un fotografo italiano che scappa anche lui da un Paese in ginocchio: siamo nel dopoguerra e lui, studente di Belle arti, non vede possibilità di andare avanti nel suo Paese».
Cosa è stato per lei essere scelto da Marcelo Gomes?
«Mi sento molto fortunato. È il film più autoriale a cui ho partecipato nella mia carriera. Non c’è davvero nulla che stoni. È un film basato sui silenzi, sugli sguardi. È un’opera immersiva con una fotografia magistrale. In questi giorni lo stiamo accompagnando nei cinema e il pubblico si ferma, fa domande, perché Marcelo Gomes è veramente riuscito a trasferire una storia letteraria al cinema senza alcuna sbavatura e valorizzando la storia».
Il set in Brasile?
«Due mesi a Manaus, una città importantissima nel dopoguerra. Il Brasile è un Paese incredibile, ha una cultura dell’accoglienza senza eguali».
Per lei è il primo ruolo drammatico dopo tante commedie.
«In realtà, nella serie “1992” c’era stata una introduzione a quel tipo di personaggi che sento più miei, a una narrazione più drammatica. Lo scorso anno, poi, ho fatto “Volare” di Margherita Buy e mi sono rimisurato con la commedia: mi sono reso conto di quanto sia difficile».
Da “Notte prima degli esami” sono passati vent’anni.
«È stata la classica botta di fortuna che non tutti hanno. Abbiamo avuto un successo immediato e mastodontico: ho avuto l’ebbrezza di sentirmi una popstar. Dalla sera alla mattina da perfetti sconosciuti siamo diventati conosciutissimi. Sono stati anni di folle e visibilità. Io ancora ritengo di non avere iniziato a lavorare, ma quel film è stato una grande fortuna e mai lo rinnegherò».
Da produttore si è misurato anche in Sardegna con il documentario “Il clan dei ricciai”.
«Uno dei progetti a cui sono più affezionato. All’inizio non era stato seguito adeguatamente, poi lo abbiamo ripreso in mano io e il regista Pietro Mereu. Abbiamo coinvolto Joe Perrino. È disponibile sui Sky Arte».
Un’ultima cosa: cinque anni fa da regista ha diretto il video di “Sincero” di Bugo e Morgan.
«Lo girammo il 23 gennaio, il giorno del mio compleanno. Ben prima che succedesse quel che è successo a Sanremo. Ho scritto quel video perché il brano mi suggeriva una distanza tra i due personaggi, tra le strofe cantate da Morgan e il ritornello di Bugo. Dovevo inventarmi qualcosa sulla distanza. Poi è successo quello che sappiamo tutti, ma posso assicurare che non c’era niente di preparato».