Tullio Solenghi: «Con il Trio prima amici e poi colleghi, con Khomeini e San Remo fu il finimondo»
L’attore e comico genovese racconta la sua carriera. «Ho esordito nel teatro drammatico e sono arrivato in tv grazie a Pippo Baudo»
Con il Trio ha scritto alcune delle pagine più belle della tv italiana. Sketch e parodie senza tempo che ogni volta che vengono mandati in onda evidenziano la povertà autoriale della tv di oggi. Tullio Solenghi racconta quell’epoca con un pizzico di nostalgia, soprattutto per quel legame di fratellanza-sorellanza con Massimo Lopez e Anna Marchesini, sul palco, ma soprattutto nella vita.
Cosa sognava da bambino?
«Non sognavo dichiaratamente di fare spettacoli, ma mi piaceva molto lavorare sulla aggregazione, stare con gli altri. Ero un coagulante di varie situazioni, un Facebook ante litteram».
Quando ha capito che faceva ridere gli altri?
«Il mio pigmalione fu il curato della mia parrocchia. Sono nato all’ombra del campanile del mio paese, Sant’Ilario. Don Giorgio fu il primo a intuire che sapevo fare le imitazioni: Ruggero Orlando, Peppino di Capri. Quando c’erano le gite della parrocchia mi dava il microfono e mi mandava in fondo al pullman a intrattenere i miei amici».
Il debutto sul palco però non è stato in una commedia…
«Facevo la Scuola del Teatro Stabile di Genova e il primo spettacoli fu “Madre Courage” di Brecht con la grande Lina Volonghi. Allo Stabile ho fatto sette anni di militanza».
Come è avvenuto il passaggio alla tv?
«Avevo sempre coltivato questo occhio strabico per il cabaret, l’ironia, la comicità. Quando facevo le tragedie, una volta andato in scena nel foyer facevo la parodia di quello che facevamo la sera. Da Giulio Cesare a Madre Courage. Dopo sette anni di orchite da Shakespeare mi sono detto: voglio sorridere, vediamo se ci riesco. Andai a Milano, mi presentai per un provino al Derby, ma Gianni Bongiovanni mi disse: mi piaci, ma ti prendo tra sei mesi. Impaziente, andai in un altro locale, il Refettorio, e salii sul palco con un altro genovese transfuga, Beppe Grillo. Una sera venne a vederci Pippo Baudo, gli piacemmo e ci portò in televisione».
Quanto deve a Baudo?
«È stato un pigmalione, mi ha fatto uscire dall’anonimato. È sempre stato prodigo di consigli. E quando abbiamo creato il Trio ci ha sempre voluti nei suoi programmi».
Con il Trio è stato amore a prima vista?
«Ci siamo trovati subito per lo stesso modo di intendere la comicità, lo spettacolo e soprattutto la vita. Siamo sempre stati tre amici che stanno bene insieme e che fanno anche gli attori e i comici. Ma la professione è arrivata sempre in seconda battuta».
Il vostro primo incontro?
«Ci siamo trovati sul lavoro. Con Massimo a Genova quando gli cedetti il mio ruolo in “Il fu Mattia Pascal”. Con Anna a Torino in un programma per la tv svizzera italiana ed era già quella attrice prodigiosa con cui è scattato subito un meccanismo di amicizia e sintonia su tutto».
Lo sketch a cui è più legato?
«Sono due. Uno è sicuramente “I promessi sposi”, che, al di là del fatto che sono usciti in maniera splendida e fecero ascolti da Nazionale, restano una pietra miliare della tv. E poi il primo sketch del quiz in cui Massimo faceva Mike Bongiorno, io e Anna il signor e la signorina Carlo, omonimi ma non parenti».
L’imitazione di Khomeini creò uno tsunami diplomatico. Come visse quel momento?
«Mai avremmo immaginato che l’Iran avrebbe rimandato gli ambasciatori in Italia perché offesi per uno sketch. Era una cosa da marziani. Quella settimana ci dissero di stare in casa, essere prudenti, qualche minaccia arrivò, poi tutto rientrò. Due anni dopo Romano Prodi ci disse che il nostro fu lo sketch più costoso della tv italiana. In pratica l’Iran doveva delle commesse all’Italia e minacciò di non pagare miliardi di lire. Ci usarono da capro espiatorio».
Il suo San Remo fece irritare la Chiesa.
«Io sostengo che tutti hanno condotto Sanremo, io sono stato l’unico a farlo. C’era in gara Christian il cantante e feci un’omelia che iniziava così: per Christian, con Christian, in Christian... si scatenò il finimondo».
E dopo la vostra imitazione le Carlucci non si sono più fatte vedere insieme in tv.
«Non credo sia colpa nostra (ride, ndr). Milly non sapeva che in quello sketch indossavo proprio un suo vestito, che ovviamente mi allargarono».
Nel 1994 il Trio si scioglie: ci pensa mai con rimpianto?
«I rimpianti si hanno per occasioni mancate, per i treni che passano una sola volta. La situazione era diversa. In quanto amici ci siamo sempre detti: quando non ci divertiremo più fermiamoci, niente minestre riscaldate. In più Massimo voleva andare per conto suo. Insomma, abbiamo staccato la spina quando la corrente era ancora alta».
Oggi ci sono tante comiche e brave e tutte indicano Anna Marchesini come modello. Cosa la rendeva così unica?
«Anna nasce, insieme a noi, anche come autrice di se stessa. E questo è già uno spartiacque importante. E poi la sua maschera che passava da personaggi monster come la badessa di Monza alla strafiga come Marta Marzotto. Era sbalorditiva, aveva il coraggio di giocare con i propri mostri, anche fisici. Era una prerogativa unica. E poi una mimica e un talento straordinari».
Per Max e Tux accusarono lei e Lopez di avere sfrattato Biagi.
«Fummo il capro espiatorio della defenestrazione di Enzo Biagi. In realtà, lo avevano già liquidato e decisero di occupare quello spazio con una cosa comica. Che sicuramente non è tra le cose migliori che ho fatto».
Il cinema è un rimpianto?
«Dormo sonni tranquilli lo stesso, ma è un peccato che ai tempi non ci fecero fare il film del Trio. Il cinema l’ha fatto chiunque tranne noi. Ma credo fossero molto spaventati dal fatto che noi volessimo il controllo su tutto. Il produttore vuole sempre l’ultima parola, ma noi non l’abbiamo concesso in tv, figurarsi al cinema».
Oggi chi la fa ridere?
«Maurizio Crozza, Angelo Pintus, Corrado Guzzanti, le imitazioni di Max Tortora».
Un’ultima cosa: in Sardegna ormai è di casa...
«Ho un genero sardo che si è rapito mia figlia e se l’è portata a Cagliari. Ormai anche lei ragiona da isolana. Io amo la Sardegna e quando vengo per trovare Margherita e Luca posso godere di quella natura come quasi mai accade nel continente».