Eva Robin's: «Diventai un'icona della trasgressione dopo uno spogliarello in Sardegna»
L'attrice bolognese arriva nell’isola con lo spettacolo “Le serve”
Il suo passato è legato a scandali figli di un’altra era. Il suo presente è il teatro. Filo conduttore di queste due epoche sono la sua intelligenza, le sue parole mai banali e scontate. Eva Robin’s torna in Sardegna con lo spettacolo “Le serve”, capolavoro di Jean Genet, liberamente ispirato a un fatto di cronaca, accaduto nel febbraio del ’33 a Le Mans, che scosse l’opinione pubblica francese. L’attrice impersona Madame, donna ricca e viziata, amata e odiata dalle sue cameriere, a cui prestano il volto Noemi Apuzzo e Matilde Vigna. Lo spettacolo, all’interno del cartellone del Cedac, sarà a Nuoro al Teatro San Giuseppe/Bocheteatro il 5 marzo, a Macomer il 6 e a San Gavino il 7.
Eva, chi è Madame?
«Nel personaggio rappresento sia il potere maschile che quello femminile a cui le serve ambiscono ma che allo stesso tempo odiano. Loro ripropongono continuamente questo rituale di impersonare Madame e volerla uccidere, ma vengono interrotte. È un gioco di donne sole e frustrate. Madame è un personaggio frivolo che pensa più ai vestiti che alla condizione di queste due ragazze, che almeno ama. Ma loro non sentono di poter rispondere a questo gesto di umanità che ha avuto lei adottandole».
Quanto c’è di Eva Robin’s in questo personaggio?
«Solo l’amore per gli stracci, per i vestiti. Più che una vocazione al femminile io amavo l’ambientazione del femminile. Accessori e vestiti: questo mi accomuna a Madame».
Nello spettacolo si parla di potere e invidia sociale. Lei si è mai sentita potente?
«Mi sono sentita una potente impotente. Ho sempre combattuto in maniera involontaria, resistendo con resilienza».
E vittima del potere?
«Mai avuta quella sensazione, forse anche per una mia ignoranza. Non mi sono mai interessata di politica. Non sono una che ha mai fatto lotte, contestazioni. Non ho subito mai questa frustrazione che si trasforma in rancore. Rancore che tra l’altro non mi sta bene in faccia...».
E vittima di invidia sociale?
«Io sono una persona estremamente tranquilla che ha guadagnato quello che desiderava. Non invidio le persone che hanno di più, perché non ritengo di avere meritato di più».
Riavvolgendo il nastro: Roberto Coatti quando ha deciso di diventare Eva Robin’s?
«Eva lo ero già dagli anni Settanta. Il Robin’s è scattato negli Ottanta dopo un’estate in Sardegna. Mi imbucai a una festa di Paolo Villaggio insieme alla mia amica Romina Cecconi, la prima transessuale italiana. Con noi anche il fotografo Roberto Granata, il mio pigmalione. C’era chiunque: Marta Marzotto, Bianca Jagger, Marina Cicogna e Florinda Bolkan, i Bulgari. Io feci il famoso spogliarello. Da quel momento per tutta l’estate rimasi in Costa Smeralda tra feste, barche, la casa di Marta...».
È stata per anni considerata un’icona della trasgressione.
«È una definizione che mi hanno dato. Io posso trasgredire fumando una sigaretta. Forse simbolo delle trasgressioni perché sessualmente alla nascita rappresentavo una cosa che è poi diventata un’altra. Ma ormai per me di trasgressivo c’è ben poco. Meno adrenalina e più melatonina».
Oggi chi vede come icone della trasgressione?
«Mi faccia pensare... non saprei veramente. Io sono stata vicina a veri simboli della trasgressione. Con Moana facemmo “Matrioska”. Lei diceva sempre: “la Robin’s è un salatino”. Oppure Cicciolina che intervistai quando si portava appresso “pito-pitone” dentro il freezer».
La sua storia farebbe gola a molti reality. Ci ha mai pensato?
«Mi avevano offerto l’Isola dei famosi in cui andò Belen. Mi avevano anche mandato il contratto. Stavo temporeggiando con la firma quando venni a sapere da Dagospia che l’allora direttore di Rai 2 non mi aveva voluto».
Cosa è per lei il teatro?
«È la possibilità di fare questo lavoro alla giusta distanza che ancora oggi mi permette di interpretare con gioia e bellezza determinati ruoli. Posso ancora fare una 50enne, cosa che non è possibile al cinema. E poi a teatro riesco a essere me stessa, come sono tutti i giorni. Cinema e tv ti danno una popolarità esaltante, ti fanno sentire diva. Cosa che io non mi sento affatto».