La Nuova Sardegna

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Buon gusto – Speciale pane artistico

Anna Coinu, l’ultima custode di Su Cohone e Frores

di Michela Columbu
Anna Coinu, l’ultima custode di Su Cohone e Frores

Ultraottantenne, da 37 anni mantiene viva una tradizione secolare legata a san Giovanni Battista

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«È da 37 anni che, unica a Fonni, porto avanti questo compito. Quello di realizzare Su Cohone e Frores, un pane dalla lunga tradizione, legato alla festa di San Giovanni Battista. Me lo insegnò una donna di oltre 90 anni che mi trasmise tutto quello che c'era da sapere. Prima erano diverse le donne che lo realizzavano, ora sono solo io». Anna Coinu, ultraottantenne, è l'unica a confezionare quella che è una vera e propria opera d'arte e che viene realizzata per la grande festa patronale del 24 giugno.

«La sua preparazione è molto lunga – spiega –, io di solito inizio a gennaio. E si tratta di qualcosa di unico in Sardegna, in Italia e credo in Europa, perché dall'alto della mia esperienza so di tanti pani votivi che richiedono anche loro tanto impegno e preparazione, ma nessuno è come questo».

Una focaccia del diametro di 40 centimetri sostiene 160 bastoncini disposti in maniera concentrica dove sono infilati altrettanti puggiones (uccelli) e cinque puddas (galline). Al centro un'altra focaccia circolare sostiene altre puddas, una delle quali sostiene a sua volta un puggioneddu (uccellino) e puggiones. La sua storia, contornata di leggende, non è certa, ma è indissolubilmente legata ai campi e al lavoro agricolo. È un pane votivo di cui si ha memoria dal 1866, l'anno che seguì a una pesante invasione di cavallette che decimò coltivazioni fonnesi di grano e orzo. Nulla servì a sconfiggere l'invasione finché non fu interpellato un frate che, secondo la leggenda era conosciuto per la capacità di governare il mondo animale. La sua azione verso l'annullamento dell'invasione di cavallette fu talmente efficace che ebbe effetti anche sulla popolazione di uccelli. Si narra che i pastori e gli allevatori si impegnarono per salvarli, con buoni risultati. Fu da allora che questo pane viene realizzato. Portato in processione a San Giovanni, viene benedetto e poi distribuito tra i cavalieri che danno prova di maestria in Sa Harrela e Frores, la corsa legata alla festa. Ma non solo, oltre ai puggiones che compongono la scultura circolare, vengono realizzati altri 150 puggiones, infilati nei bastoncini, che vengono disposti in grandi cesti e vengono distribuiti tra tutti gli attori della festa che coinvolge in maniera attiva tantissime persone. «Negli anni il numero di puggiones da realizzare è aumentato, segno che la condivisione di questo simbolo è sempre più estesa, e riceverlo è un segnale di augurio per tutto», continua la signora Anna. Infatti ci vuole tanto tempo perché si realizzano un numero limitato di puggiones alla volta, con ingredienti semplici come farina finissima, acqua di fonte, miele, mandorle. La sua realizzazione richiede la maestria che ora dovrà essere trasmesse alle future generazioni.

«La trasmissione di questi saperi è fondamentale – conclude Anna – ma mi rendo conto che ci sono sempre meno persone disposte ad imparare e a prendersi un impegno che richiede così tanto tempo. Mi auguro che non si perda questo patrimonio legato alla nostra identità».

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