Laura Luchetti: «Il Gattopardo femminista: una sfida unica. Girerò il mio prossimo film in Barbagia»
La regista romana tra le firme della serie Netflix pronta a tornare in Sardegna dopo "Fiore gemello"
Non era facile misurarsi con un testo sacro qual è “Il gattopardo”. Non era semplice replicare in tv quel romanzo che, diretto da Luchino Visconti con Burt Lancaster, Alain Delon e Claudia Cardinale, è nella storia del cinema. Ma lei, Laura Luchetti, non si è tirata indietro. La regista romana è una delle tre firme - con Tom Shankland e Giuseppe Capotondi - della serie più attesa dell’anno. Un kolossal Netflix in 6 episodi che vede Kim Rossi Stuart nei panni del principe di Salina, Benedetta Porcaroli in quelli di Concetta, Saul Nanni che presta il volto a Tancredi, Deva Cassel ad Angelica e Astrid Meloni a Maria Stella.
Luchetti, il suo primo ricordo del Gattopardo?
«Avevo 13 anni, avevo la febbre. Vidi questo libro e pensai parlasse di animali. Ricordo che mi rimase una grande tristezza per questo uomo che non aveva saputo gestire la sua casa. Un omone grande e malinconico che mi ricordava mio padre. Poi quell’uomo ebbe il suo riscatto quando vidi il film con Burt Lancaster che aveva una ironia che nel libro non avevo colto».
Quando le hanno proposto di essere una delle registe del Gattopardo ha sentito il peso del confronto con Visconti?
«Assolutamente sì, il confronto è sempre dietro l’angolo. Mi sono resa conto che in Italia è più facile dire male della propria madre che del Gattopardo».
Come è entrata a fare parte della squadra di questa serie?
«Sapevo che c’era questa serie a cui tutti volevano partecipare. Ho fatto il primo incontro con Tom Shankland, un regista di cui sono fan, da “House of cards” of “The serpent”, ed è stato subito fantastico».
Nella serie la protagonista è Concetta, una rivisitazione in chiave femminista.
«Io trovo questa cosa meravigliosa. Questa serie fa esplorare elementi che nel libro sono solo accennati. Cose che in un film di tre ore non si possono esplorare. Concetta da donna sacrificata diventa una eroina universale. Ritengo sia bellissimo poter rileggere in un’altra epoca un romanzo classico che continua a rimanere un evergreen».
Sul set ha ritrovato Deva Cassel, protagonista del suo film “La bella estate”.
«L’ho ritrovata più matura, più luminosa. È bellissimo vedere crescere attori giovani, ti dà una grande soddisfazione».
Cosa rappresenta per lei “Il gattopardo”?
«È un romanzo non solo storico, ma personale sull’essere umano. Analizza il potere come pochi altri. Non parla al presente, ma al futuro. La disamina che fa del potere familiare che cambia e diventa metafora del potere politico è meravigliosa».
Nel 2018 ha girato in Sardegna “Fiore gemello”, presentato al festival di Toronto.
«Quel film mi ha lasciato una grande voglia di tornare e infatti il prossimo lo farò in Sardegna. Questa volta in Barbagia. Lo sto scrivendo con una scrittrice americana. Ho preso ispirazione da un suo racconto, ma l’ho strappato dagli Usa e lo porto in Sardegna».