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La pandemia ha causato morti e anche molti disagi psicologici

di Carla Seddone*
La pandemia ha causato morti e anche molti disagi psicologici

Uno studio ha evidenziato in numerose persone cambiamenti importanti. Individui diventati meno estroversi, meno aperti e meno coscienziosi rispetto a prima

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Il Covid-19 ha cambiato le nostre vite dal 9 marzo 2020, quando il premier Giuseppe Conte annunciò l’inizio del lockdown che finì il 18 maggio dello stesso anno.

Sono stati, quindi, ben due mesi passati chiusi in casa, due mesi senza uscire, senza vedere le persone care, senza andare a scuola. Attività chiuse, città deserte, miliardi di vite messe in stand-by da un nemico invisibile. Ma quando tutti noi abbiamo finalmente potuto schiacciare di nuovo il “tasto play”, la realtà era ben diversa da come l’avevamo lasciata. Il periodo del Covid-19 non viene ricordato con piacere, ma, azzarderei a dire, con “timore”. Oltre che una profonda crisi sanitaria, altri ambiti che è andato ad intaccare sono stati quello economico e, inizialmente sottovalutato, quello sociale. Nella storia sono avvenute varie pandemie, tra le quali ricordiamo la tremenda Peste, risalente al ‘600, narrata da Manzoni ne “I promessi sposi”; la Spagnola, verificatasi nei primi del ‘900. Tutte queste pandemie sono sempre state raccontate sui giornali e studiate nei libri di storia o di scienze, ma non saremmo mai riusciti a capire pienamente la portata fin quando non l’abbiamo vissuta in prima persona.

Tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 la nostra vita è innegabilmente cambiata: la pandemia, oltre a provocare la mortea di quasi 7 milioni di persone, ha “rubato” la nostra quotidianità per mesi, e anche una volta superata ha lasciato segni profondi dentro di noi. È cambiato il nostro modo di relazionarci con chi ci circonda, amici, familiari ma anche il nostro modo di convivere con noi stessi.

Per mesi abbiamo sentito alla televisione il numero dei morti giornaliero, vissuto con la paura di avvicinarci alle persone, fino a diventare quasi apatici, anaffettivi, non curanti di chi ci circonda. Non poter concedere ai familiari neanche un solo abbraccio, consolare un genitore per la morte di un parente stretto per la paura di contrarre il virus, andare in cimitero a dare un ultimo saluto alle persone care: tutte queste sono cose che ti segnano, fattori che portano a un cambiamento della personalità e della visione del reale. A questo punto ci tengo a riportare degli studi fatti in abito psicologico, materia base del mio indirizzo scolastico, proprio sulla personalità. La personalità è il nucleo stabile del comportamento di un soggetto, un insieme di caratteri dai quali si può dedurre come quell’individuo si comporterebbe in situazioni e ambienti diversi. Essa non è però un’entità statica, ma cresce, si evolve e si modifica nell’arco della vita, subendo cambiamenti oltre che nei momenti di crescita e maturazione, anche quando si affrontano nella vita problemi e traumi. Una ricerca, pubblicata da Plos one verso la fine del 2022, ha dimostrato come il periodo del Covid-19 abbia provocato dei cambiamenti di personalità. È stato scoperto che «le persone sono meno estroverse, meno aperte e meno coscienziose rispetto a prima della pandemia». Questo studio ha coinvolto più di 7.000 partecipanti negli Stati Uniti, di età compresa tra 18 e 109 anni, che sono stati valutati prima della pandemia, dal 2014 all’inizio della pandemia nel 2020, e poi durante la pandemia, nel 2021 e nel 2022. I partecipanti hanno compilato il ”BigFive Inventory“, uno strumento di valutazione che misura la personalità su una scala attraverso cinque dimensioni: estroversione contro introversione, gradevolezza contro antagonismo, coscienziosità contro mancanza di direzione, nevroticismo contro stabilità emotiva, apertura contro chiusura all’esperienza.

Dallo studio è risultato che non ci sono stati particolari cambiamenti della personalità tra il pre-pandemia e il 2020, ma gli studiosi hanno riscontrato numerosi cambiamenti nel 2021/2022. Si è visto che «le persone che riferiscono alti livelli di coscienziosità, gradevolezza o estroversione hanno maggiore probabilità di sperimentare il più alto livello di benessere», e proprio queste sono state le dimensioni intaccate in quel periodo, portando ad una diminuzione generale della qualità di vita. Questo è stato in parte sperimentato anche da noi studenti, quando nel settembre del 2020 siamo potuti tornare a scuola e abbiamo trovato difronte a noi un ambiente diverso, in cui dovevamo indossare costantemente la mascherina, non potevamo fare la ricreazione, dovevamo andare in bagno uno alla volta, non avevamo più un compagno di banco e dovevamo continuamente seguire il protocollo sanitario, adattandoci alle nuove regole, oggettivamente difficili e che non facilitavano minimamente l’interazione con i coetanei. Da quel 18 marzo 2020 sono passati quasi 4 anni e, nonostante ciò, i ricordi di quel periodo non spariscono e non spariranno mai. Seppure i casi di Covid-19 si sono notevolmente ridotti, la nostra mente tornerà senza tregua a quei momenti che ci hanno segnato così profondamente. E noi continueremo a vivere nel ricordo del passato, di quel passato che vorremo tanto dimenticare.

*Carla è una studentessa del liceo “Sebastiano Satta” di Nuoro
 

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