«Nessun rapimento, lo dice la sentenza»
di Stefania Vatieri
Parla il legale dell’uomo accusato dalla ex compagna di aver portato illegalmente con sé in Belgio il loro figlio di 6 anni
23 novembre 2021
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NUORO. «Nessun rapimento, il padre ha dato seguito a una sentenza». Sulla vicenda del bambino “rapito” dal padre e portato in Belgio, interviene Sabina Biancu, avvocato difensore dell’uomo, che spiega a chiare lettere le ragioni del papà che di punto in bianco ha deciso di portare con sé il proprio figlio dal piccolo centro barbaricino fino in Belgio senza permettere alla madre di poterlo vedere e sentire. «La diatriba nasce da una sottrazione di minore – spiega l’avvocatessa –. La coppia viveva insieme da tempo in Belgio dove avevano acquistato persino una casa. Nel 2017 dopo una vacanza in Sardegna la donna decide di rimanere ancora qualche giorno nel paese natale insieme al figlio, con l’accordo di raggiungere il compagno la settimana successiva: ma così non è stato – spiega il legale –. La donna da quel giorno non ha più fatto ritorno nella città in cui viveva con il mio assistito tant’è che l’uomo è stato costretto a denunciare la donna per sottrazione di minore».
Perché la donna abbia deciso di non fare più ritorno nella città belga è ben noto anche al legale dell’uomo, ma per tutelare la privacy del padre non è possibile svelare i dettagli della vicenda. Scelte di vita che alla giovane madre non andavano a genio, al punto che in preda allo shock si era rifugiata tra le braccia della famiglia che l’aveva accolta comprendendo le ragioni di una decisione così drastica: scappare dall’ex compagno e ritornare in Sardegna. «Comprendo perfettamente la posizione della madre, ma ritengo inaccettabile il fatto che per ben due anni il padre, a migliaia di chilometri di distanza dal figlio, non abbia potuto vederlo né sentirlo come avrebbe voluto – prosegue Sabina Biancu –. Il minore ha vissuto una totale alienazione della figura paterna considerandolo praticamente un estraneo, questo per due anni nonostante ci fosse una sentenza del tribunale belga accolta anche dai giudici italiani dove è stato stabilito un affido condiviso con dimora presso la casa paterna, alla quale il mio cliente, vista la tenera età del bambino, non ha mai dato seguito».
Il legale puntualizza anche sui negati incontri tra padre e figlio che la madre avrebbe dovuto assicurare portando il bambino in Belgio secondo un calendario concordato dal tribunale di Nuoro. È vero anche che c’è una sentenza del tribunale belga per la cui eventuale esecuzione il papà si era impegnato a rispettare un accordo davanti al giudice tutelare di Nuoro, accettando un percorso con i servizi sociali del Comune di residenza del piccolo e con le figure professionali di riferimento individuate dal giudice. Prova ne sia che lo stesso giudice tutelare il 12 ottobre scorso ha trasmesso gli atti al consolato, al tribunale per i minorenni e alla procura.
«Ciò che è stato dichiarato riguardo le visite non corrisponde alla realtà – spiega ancora l’avvocatessa Biancu –. Il bambino non è mai stato portato in visita dal padre e quando questi ha raggiunto il minore in Sardegna è stato trattato come il peggior delinquente, pedinato a vista dai familiari dell’ex compagna». La madre attualmente si trova da circa un mese nella città belga dove, supportata da un legale, lotta per poter riabbracciare il proprio figlio: la donna ha incontrato il bambino dopo svariate richieste ma solo per pochi minuti. In Sardegna ha lasciato un padre che necessita di aiuto e l’attività di famiglia che attualmente segue il fratello. «Dal punto di vista umano mi rendo conto che la situazione per il bambino è particolarmente drammatica, nonostante ci siano numerose relazioni che accertano lo stato di benessere psicofisico del piccolo – dice Biancu –, ma dal punto di vista legale era necessario dare seguito a una sentenza che ha stabilito la dimora dal padre – conclude –. È necessario che i genitori per il bene del proprio figlio inizino un percorso psicologico volto a ridurre i conflitti tra di loro che altro non fanno se non causare dolore e malessere a un povero bambino di appena 6 anni».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Perché la donna abbia deciso di non fare più ritorno nella città belga è ben noto anche al legale dell’uomo, ma per tutelare la privacy del padre non è possibile svelare i dettagli della vicenda. Scelte di vita che alla giovane madre non andavano a genio, al punto che in preda allo shock si era rifugiata tra le braccia della famiglia che l’aveva accolta comprendendo le ragioni di una decisione così drastica: scappare dall’ex compagno e ritornare in Sardegna. «Comprendo perfettamente la posizione della madre, ma ritengo inaccettabile il fatto che per ben due anni il padre, a migliaia di chilometri di distanza dal figlio, non abbia potuto vederlo né sentirlo come avrebbe voluto – prosegue Sabina Biancu –. Il minore ha vissuto una totale alienazione della figura paterna considerandolo praticamente un estraneo, questo per due anni nonostante ci fosse una sentenza del tribunale belga accolta anche dai giudici italiani dove è stato stabilito un affido condiviso con dimora presso la casa paterna, alla quale il mio cliente, vista la tenera età del bambino, non ha mai dato seguito».
Il legale puntualizza anche sui negati incontri tra padre e figlio che la madre avrebbe dovuto assicurare portando il bambino in Belgio secondo un calendario concordato dal tribunale di Nuoro. È vero anche che c’è una sentenza del tribunale belga per la cui eventuale esecuzione il papà si era impegnato a rispettare un accordo davanti al giudice tutelare di Nuoro, accettando un percorso con i servizi sociali del Comune di residenza del piccolo e con le figure professionali di riferimento individuate dal giudice. Prova ne sia che lo stesso giudice tutelare il 12 ottobre scorso ha trasmesso gli atti al consolato, al tribunale per i minorenni e alla procura.
«Ciò che è stato dichiarato riguardo le visite non corrisponde alla realtà – spiega ancora l’avvocatessa Biancu –. Il bambino non è mai stato portato in visita dal padre e quando questi ha raggiunto il minore in Sardegna è stato trattato come il peggior delinquente, pedinato a vista dai familiari dell’ex compagna». La madre attualmente si trova da circa un mese nella città belga dove, supportata da un legale, lotta per poter riabbracciare il proprio figlio: la donna ha incontrato il bambino dopo svariate richieste ma solo per pochi minuti. In Sardegna ha lasciato un padre che necessita di aiuto e l’attività di famiglia che attualmente segue il fratello. «Dal punto di vista umano mi rendo conto che la situazione per il bambino è particolarmente drammatica, nonostante ci siano numerose relazioni che accertano lo stato di benessere psicofisico del piccolo – dice Biancu –, ma dal punto di vista legale era necessario dare seguito a una sentenza che ha stabilito la dimora dal padre – conclude –. È necessario che i genitori per il bene del proprio figlio inizino un percorso psicologico volto a ridurre i conflitti tra di loro che altro non fanno se non causare dolore e malessere a un povero bambino di appena 6 anni».
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