La Nuova Sardegna

Il commento

«Blackout in Spagna, anche la Sardegna è a rischio»

di Giuseppe Centore
«Blackout in Spagna, anche la Sardegna è a rischio»

Il docente universitario Alfonso Damiano commenta l’incidente di martedì. «Le aree isolate sono più esposte, con le rinnovabili le reti sono più delicate»

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Cagliari «Dobbiamo stare molto attenti a come sviluppiamo i sistemi di produzione di energia da rinnovabili. Ci vuole tempo e tanti investimenti. Le aree isolate sono quelle più a rischio. Il caso Spagna ci fa capire cosa può succedere. Direi che è un caso di scuola, peraltro proprio dall’università di Cagliari studiato da alcuni anni».

Alfondo Damiano è ordinario di ingegneria energetica elettrica e sistemi di accumulo. Commenta con preoccupazione, ma non con sorpresa quanto accaduto due giorni fa in Spagna.

«Dalle notizie in mio possesso, condivise con colleghi che conoscono i processi, ritengono molto probabile che la causa del black-out sia stata il contemporaneo distacco di grosso numero di impianti fotovoltaici, collegati alla rete tramite macchine molto sensibili».

Secondo Damiano queste macchine sono molto sensibili ai disturbi della tensione e per proteggersi si staccano dalla rete. «Immaginiamo un effetto a cascata: il primo convertitore si protegge, si stacca dalla rete; quelli vicini rilevano una nuova perturbazione nella rete, si staccano a loro volta, e così via. Ciò accade perchè la rete quando vede un problema si “difende” cercando di isolarlo. Questi distacchi sono talmente rapidi che la rete attiva non riesce a compensarli. Il risultato è che viene a mancare una grossa quota (circa 15 gigawatt, pari al 60 per cento consumo nazionale spagnolo, ndr) a fronte di un elevato consumo. Di conseguenza le centrali tradizionali, a gas e quelle nucleari, non sono riuscite a produrre l’energia venuta meno e così tutto il sistema si è staccato».

Damiano ammette che la rete spagnola non è performante quanto quella italiana, «la nostra è una delle migliori in assoluto», ma il problema comunque rimane, soprattutto per le aree poco interconnesse, come la Sardegna.

«Il sistema elettrico europeo si è sviluppato facendo riferimento a grandi produzioni programmabili (carbone, gas, nucleare) centralizzate con dinamiche e tempi di risposta alle emergenze conosciuti e testati». La risposta alle emergenze dei due sistemi non è paragonabile. «I sistemi di alimentazione da rinnovabili hanno tempi molto più rapidi dei fossili. Se su carbone e altro parliamo di decine di minuti, qui dialoghiamo su millisecondi. Lo sbilanciamento tra domanda e produzione non è stato compensato in Spagna proprio perchè la quota di rinnovabili era elevata». La crisi non ha superato i Pirenei e non ha provocato la crisi della rete francese perchè la Francia ha potuto incrementare in tempo reale la produzione di energia da nucleare. Eppure nonostante batterie, nucleare e gas, la rete spagnola ha “resistito” solo cinque secondi prima di crollare. Un tempo che ci deve far riflettere sulla sensibilità di questi sistemi.

Damiano conclude con un invito. «Dobbiamo stare molto attenti a come sviluppiamo i sistemi di produzione da rinnovabili. Ci vuole tempo e tecnologie molto costose. Tutti i sistemi di controllo e gestione dalle rinnovabili vengono certificati su una ipotesi di perfetta idealità. Nella realtà non è così. E la comunità accademica ne è consapevole».


 

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