Ecco chi era Ciriaco Calvisi, il “bandito buono” di Bitti
Alla macchia per quasi trent’anni, venne graziato dal presidente della Repubblica Cossiga: «In galera sarei stato come un morto nella tomba».
Bitti «In galera sarei stato come un morto nella tomba». Ciriaco Calvisi aveva scelto la latitanza per questo motivo. Fedele a un vecchio detto sardo: «Pro esser in galera mezus mortu» (“meglio morto che in carcere”). Nato a Bitti il 12 marzo del 1929, Chircheddu Poju, all’anagrafe Ciriaco Calvisi, pastore, era finito nei guai per l’omicidio del compaesano Andrea Orunesu. Condannato a 30 anni di carcere, ha passato 29 anni alla macchia. Fino al giugno del 1990, quando l’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga lo ha graziato. Ribattezzato come il “bandito buono”, Calvisi è stato protagonista suo malgrado di una lunghissima odissea giudiziaria, tra condanne, assoluzioni, processi clamorosamente riaperti.
Dichiaratosi sempre innocente, e come tale ritenuto dal suo paese, Chircheddu Calvisi ha sempre mantenuto i rapporti con la sua famiglia e con Bitti. Tornava ogni tanto, a vedere la primogenita, Lucia Angela, diventata medico. E poi il secondo figlio, nato poco dopo la fuga in montagna in una gelida notte del 1957, Diego, pastore come lui. «Sapevamo bene che Calvisi spesso veniva in paese – raccontò il maresciallo dei carabinieri Romundo, il sottufficiale che per vent’anni gli ha dato la caccia –. Noi cercavamo di incastrarlo. Ma era molto astuto. Evitava trappole e tranelli». Prima di fuggire, Ciriaco Calvisi aveva giurato alla moglie Caterina: «Tornerò pulito». Durante la latitanza non ha mai avuto a che fare con banditi, sequestri, atti di delinquenza di qualsiasi tipo. «Lavoravo, quando potevo – ebbe modo di raccontare anni dopo – facendo il pastore, magari sotto falso nome. Pensavo, tanto. E soffrivo. Ma non mi sono mai interessati i banditi, la vendetta. Non è cosa per me». Ciriaco Calvisi è morto oggi giovedì 20 marzo 2025, nella sua casa di Bitti. La moglie Caterina è morta appena dieci giorni fa.