La Nuova Sardegna

Nuoro

Il racconto

La carezza del Papa alla madre dei fratelli Pintor morti nell’incidente stradale

di Simonetta Selloni
La carezza del Papa alla madre dei fratelli Pintor morti nell’incidente stradale

Annarita Doneddu: «Mi telefonò, mi disse che capiva il nostro enorme dolore. Perché anche lui l’aveva provato»

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Nuoro Quando tutto è perduto, quando una bomba esplode in una famiglia e sventra le esistenze dei superstiti; come si fa a entrare dentro i cuori a brandelli di una mamma, di un padre, di un fratello che piangono la morte improvvisa di due figli, due fratelli? «La telefonata di Papa Francesco è arrivata in uno dei momenti più bui, in mezzo alla disperazione totale, nella impossibilità per noi di credere che Matteo e Francesco fossero morti. Quella chiamata ha alleviato il dolore».

Annarita Doneddu è la madre di Francesco e Matteo Pintor. Di Nuoro, avevano 23 e 16 anni, erano morti in un incidente stradale, il giorno di Natale del 2017, mentre andavano a pranzo dai parenti della madre, a Pattada. Che Papa Francesco utilizzasse la “licenza di telefonare” in modo inatteso, e per motivi i più vari, alle persone più diverse, è cosa nota. Ma qui si trattava di entrare dentro la carne viva di una famiglia distrutta. Di provare l’impossibile: lenire un dolore che non si può immaginare.

Era il 5 gennaio, dieci giorni dopo l’incidente. Annarita Doneddu non rispondeva al telefono, quei giorni. Chiamate filtrate dai congiunti, uno scudo alla disperazione. «Ma aspettavo una chiamata da Giovanni (il figlio rimasto miracolosamente illeso nell’incidente ndr), e ho risposto. Una persona mi ha detto, devo passarle il Santo padre. E lui si è presentato: sono Francesco. L’ho riconosciuto dalla voce, c’è stata subito una empatia totale. Dalle prime parole, mi ha detto che capiva quel che stavamo passando perché anni prima in un incidente erano morti i figlioletti e la moglie di un nipote. L’ho sentito vicinissimo». Parole come balsamo su anime grondanti di sofferenza. «Noi eravamo in una condizione terribile. Dovevamo uscire da un frastuono che ci stava travolgendo. Ha parlato solo con me, non saprei dire esattamente quanto è durata la conversazione. Ma devo dire che ho avuto chiarissima la percezione della sua sensibilità. Capiva il dolore, il nostro dolore. Lo curava. In quei momenti è stata una cura, questo lo posso sicuramente dire». Papa Francesco parlava, e faceva parlare. «Nessuno ci aveva annunciato la chiamata, anche se ritengo che lui fosse venuto a conoscenza della nostra tragedia attraverso don Angelino».

Don Angelino è il cardinale Giovanni Angelo Becciu, di Pattada, allora sostituto per gli Affari generali del Vaticano, e vicinissimo al pontefice. Il cardinale Becciu era a Pattada per Natale, la notizia della morte dei due ragazzi, e del ferimento del cugino che si trovava alla guida dell’auto in cui viaggiavano, era piombata sulla comunità pattadese e aveva di colpo cancellato la gioia del Natale. «Certo, immagino che il Papa fosse rimasto colpito dall’accaduto. Non avrei mai pensato a una sua chiamata». La morte di Papa Francesco ha in qualche modo riportato a quei giorni. «L’ho saputo subito, mi ha avvisato mia sorella. A distanza di tempo, le sue parole consolatorie sono impresse nella mia memoria».

Non fu quello l’unico punto di contatto tra la famiglia Pintor e Bergoglio. «Tempo dopo siamo andati in Vaticano per un’udienza. Volevamo semplicemente ringraziarlo, era un modo per manifestargli quanto fosse stata importante per noi la sua vicinanza». Non si trattò di una lunga conversazione. «Un incontro breve, ci riconobbe subito. Di quel giorno mi rimangono cristallizzati due momenti: il commiato, perchè nel salutarci ci chiese di pregare per lui. E poi, e questo è davvero impresso nel mio cuore, le sue mani, le mani di Papa Francesco, sulle mie». Quando tutto è perduto, a consolare, ancora e per sempre.

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