Il surrealismo di Giovanni Pisanu, l’arte tra sogno e realtà magica
«Il disegno resta la base di tutto, confronto e scambio fanno la differenza»
Nuoro Le conchiglie, per esempio. Evidente la padronanza assoluta della tecnica. Te le trovi davanti, ancora umide, appena sputate dal mare. Lucide, brillanti. Lì per lì sembra di poterle afferrare, girare e rigirare, persino suonare. E invece... invece sono soltanto un’illusione ottica. Un disegno in bianco e nero, con tutte le sfumature possibili e immaginabili, e i punti luce, “semplicemente” matita su carta. Un disegno talmente perfetto da apparire reale. «Rigorosamente a mano libera» sottolinea Giovanni Pisanu. Tangibile eppure magico, concreto, onirico e surreale.
«Il disegno è basilare, indispensabile, imprescindibile» aggiunge. Nuorese, classe 1977, passato all’Istituto d’arte “Francesco Ciusa” di Nuoro per poi approdare e laurearsi nel 2002 in “Pittura” all’Accademia di Belle arti “Mario Sironi” di Sassari, Pisanu ha avuto la fortuna di formarsi e confrontarsi con grandi artisti-docenti come Sisinnio Usai, Antonio Bisaccia, Flavio Orlando, e prima ancora con il nuorese Giovanni Antonio Sulas, «un pioniere, un decano, oggi lo chiameremmo designer, anche se lui è stato molto molto di più».
«Il modo migliore per imparare a disegnare è... disegnare, disegnare, disegnare e disegnare ancora» ribadisce. Restio ai facili riflettori, Giovanni Pisanu parte proprio dalla grafite, dalla sanguigna, dalle matite colorare, dai pastelli. Un passo e via, acquerello, olio e acrilico sono dietro l’angolo, come pure le più recenti frontiere di marker, fluo o neon. «Un pittore non è tale se non gestisce tutti i mezzi espressivi, tutte le tecniche» spiega. È una questione di scelta razionale e sostanziale. Forte anche di una intensa formazione pedagogica e didattica (ha conseguito anche due master, uno in “Restauro dipinti e supporti lignei”, l’altro in “Diritto ed economia per la cultura e l’arte”), che oggi trasmette in corsi, laboratori e attività varie, Giovanni Pisanu è uno sperimentatore vorace. Preferisce dipingere su commissione piuttosto che perdersi in mille rivoli di piccole mostre sparse nel vasto mondo.
«Sì, ho partecipato a diverse mostre, ci mancherebbe, occasioni sporadiche – confessa –, ma spero di farne una tutta mia, prima o poi, con criterio». «Mi interessa più la qualità del mio lavoro. Per me è molto più importante l’interazione – va avanti –, la collaborazione, lo scambio culturale e umano continuo dove ognuno porta e apporta il proprio sapere». È un sognatore, Pisanu, un instancabile sognatore. Una cifra, non a caso, che è la caratteristica portante della sua arte. Chiara la matrice figurativa che si porta dietro e che coltiva da tempo. Altrettanto evidente l’impronta surrealista che ha fatto propria, puntando dritto sui dettagli del soggetto scelto, scontornando invece tutto il resto, così da catturare lo sguardo su un punto preciso. L’arte di Giovanni Pisanu è decisamente psicologica, e metafisica in contemporanea.
«Un percorso che non ammette sconti – quasi sussurra il pittore nuorese –, utilizzo il mezzo tecnico come fosse una grammatica, per raccontare quanto voglio raccontare». Basta guardare i ritratti: la morbidezza dei lineamenti dei bambini, le rughe e la texture fotografica della pelle degli anziani. Attorno e nei dintorni, regna una dimensione sospesa, ovunque è presente il “nonluogo”. Come se il belga René Magritte tornasse in vita e si fermasse oggi a rileggere “Cent’anni di solitudine”, il romanzo capolavoro di Gabriel García Márquez, bandiera del realismo magico sudamericano. Pisanu fa ancora di più, studia la storia dell’arte, i movimenti, i personaggi, gli stili, e azzarda. Gioca d’anticipo e rilancia sulla posta. E come Diego Velázquez va alla ricerca dell’anima propria di ogni supporto, che sia la tela tirata e montata da sé, o un pezzo di legno ritrovato per caso e levigato poco importa, il discorso è sempre lo stesso. Nicola Pontormo, Giorgio de Chirico, poi, senza dimenticare quei grandi sardi senza frontiere che sono stati Melkiorre Melis e Giuseppe Biasi e lo stesso Mario Sironi cui è intitolata l’Accademia turritana. Per non parlare di Bernardino Palazzi: «Nella nostra Biblioteca Satta, mentre tenevo un laboratorio per ragazzi – svela Giovanni Pisanu –, ho avuto accesso a un capitale colossale, il “Fondo Palazzi” appunto, i libri da cui Bernardino Palazzi ha studiato, i volumi che hanno influenzato la sua arte. Così ho scoperto il Palazzi che diventò Palazzi». Un altro viaggio nell’arte.