La Nuova Sardegna

Olbia

I pakistani del cricket e quei lunghi match al parco Fausto Noce

di Dario Budroni
I pakistani del cricket e quei lunghi match al parco Fausto Noce

Si ritrovano ogni domenica sulla terra battuta del Meloni «Questo è il nostro sport, vorremmo insegnarlo agli olbiesi»

22 febbraio 2022
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OLBIA. L’aria di casa si può respirare a pieni polmoni anche a cinquemila chilometri di distanza, sulle sponde degli olbiesissimi rio San Nicola e canale Zozò. Nel parco Fausto Noce, la domenica mattina, va in scena lo spettacolo polveroso di uno sport che arriva dall’altra parte del mondo. Mentre tutti gli altri vanno solitamente a giocare a calcio, tennis e pallacanestro, loro si infilano la tuta e si ritrovano su un campetto in terra battuta armati di palle bianche e robuste mazze di legno. Sono tutti pakistani. E da buoni cittadini del Commonwealth, il loro sport preferito non può che essere il cricket. Gli olbiesi che corrono lungo il circuito del parco buttano l’occhio e cercano di comprendere senza successo le complesse le regole del gioco. Loro sono invece totalmente immersi nelle diverse fasi del sentitissimo match: battono, difendono, corrono, esultano. Decine di pakistani ripropongono in città un pezzo della loro tradizione sportiva. Niente di troppo organizzato, comunque. È la classica partitella della domenica che spezza i ritmi frenetici del lavoro settimanale. Anche se un sogno, in realtà, esiste: dotarsi di un minimo di struttura. Magari fondare una associazione sportiva, cercare un paio di sponsor che possano in qualche modo contribuire all’acquisto di guantoni, palle, mazze e magliette.

Come a casa. Il cricket ha antiche origini inglesi. Ed è praticato soprattutto nei paesi che facevano parte dell’impero britannico, come Bangladesh, India, Sri Lanka, Pakistan. «II nostro primo gioco nazionale è l’hockey e subito dopo c’è il cricket – spiega Ali Asghar, panettiere, a Olbia da 19 anni –. Lo abbiamo sempre praticato. Così da tempo ci diamo appuntamento e passiamo la domenica insieme, a giocare. Lavoriamo tutta la settimana e un momento di svago ci vuole proprio». I pakistani olbiesi si ritrovano all’interno del Fausto Noce, nel campo Meloni. Giocano sulla terra battuta e delimitano il campetto con quello che trovano qua e là: un paio di mattoni e le seggiole di plastica delle vecchie panchine da calcio. Anni fa, invece, i pakistani si ritrovavano al Nespolino e in un terreno in zona Basa. «Ora abbiamo trovato questo spazio – continua Ali Asghar –. Viviamo tutti a Olbia e ogni tanto viene anche qualche connazionale che abita ad Arzachena. È un gioco bellissimo, lo praticano in tanti Paesi e ora anche in alcune città italiane. In Sardegna, invece, il cricket non lo conosce quasi nessuno. A Olbia ci siamo solo noi. Sarebbe bello avere qualche tipo di supporto, per consentire ai bambini di praticarlo tranquillamente. Ci piacerebbe insegnarlo anche agli olbiesi. Chissà, magari un giorno ci riusciremo».

La squadra. Le regole dicono che le partite possono durare anche alcune ore e che bisogna schierare undici giocatori per squadra. «Spesso non raggiungiamo il numero e quindi formiamo due squadre con meno giocatori – dice Nadeem Ghumman, da 17 anni in Italia per distribuire volantini –. L’ho sempre praticato, a scuola, il sabato e la domenica. Quindi ho voluto continuare anche qui, a Olbia. Ora veniamo in questo campo: quando è libero entriamo, quando c’è qualcuno che gioca a calcio attendiamo il nostro turno». Il più giovane del gruppo si chiama Sajjad Ghumman. Ha 21 anni e ne aveva 15 quando si trasferì in Italia per cercare lavoro. Anche lui, ora, distribuisce volantini. «Lavoravo tanto anche in Pakistan – racconta –. E per hobby giocavo a cricket. Lo seguo molto. Il mio giocatore preferito adesso si trova in Australia e la squadra che tifo è naturalmente il Pakistan». La partita sta per iniziare quando arriva Nisar Ahmed, panettiere, a Olbia da quasi 18 anni. «Le regole? Bisogna colpire la palla un po’ come nel baseball – spiega –. Ma i due sport sono comunque differenti. Non è semplice, per chi non lo conosce. A furia di guardarlo, però, si impara».

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