La Nuova Sardegna

Olbia

Paese sotto choc

Tempio, docente ucciso a sprangate a Morsiano: «Per noi è stato un maestro di vita»

di Giuseppe Pulina
Tempio, docente ucciso a sprangate a Morsiano: «Per noi è stato un maestro di vita»

Stefano Daveti insegnò al liceo De Andrè, il ricordo di ex alunni e colleghi

03 luglio 2024
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Olbia Improvvisa e dolorosa è stata, a Tempio, la notizia della morte di Stefano Daveti, artista e insegnante che visse in Gallura negli anni in cui iniziò a fare il docente. Di pittura, naturalmente, arte e disciplina la cui passione sapeva trasmettere generosamente ai tanti allievi che lo hanno conosciuto e frequentato. A Morsiano, nell'appennino reggiano, è stato vittima di una violenta aggressione che gli è costata la vita, sulla quale stanno indagando le forze dell’ordine. Spezzino di origine, artista versato nell’insegnamento, Stefano Daveti è stato docente di Pittura per diversi anni al liceo artistico “De André”.  Dopo aver riattraversato il Tirreno, ha mantenuto vivi molti dei legami di amicizia che gli fecero amare ancor di più la Sardegna.

Della sua morte e delle terribili modalità in cui è avvenuta (i presunti colpevoli avrebbero infierito sul corpo di Daveti colpendolo più volte alla testa con una spranga) gli amici e i tanti studenti di un tempo trovano difficile farsi una ragione. Più che giusto, allora, affidarne il ricordo a chi lo ha ben conosciuto. Tra i tanti ci sono Chiara Peru e Marzia Buioni. «Abbiamo avuto la fortuna di conoscere il professor Daveti quando frequentavamo la seconda del liceo artistico di Tempio. Era professore di pittura e il nostro percorso con lui è stato un viaggio umano che ci ha segnate. La sua morte violenta ci addolora profondamente: era per noi un maestro e, in quanto tale, ci aveva dato accesso al suo mondo di artista, diventando punto di riferimento nelle nostre vite disordinate di adolescenti. La sua sensibilità e la cura nei nostri confronti ci avevano dato la possibilità di esprimerci senza timore. Conserviamo ancora oggi i libri che ci regalava, i disegni e le lettere che, dopo il diploma, ci scambiavamo per rimanere in contatto e che, tante volte e a distanza di anni, sono state provvidenziali in momenti importanti del nostro percorso. La sua era una vita da artista, di pace e gentilezza».

Anche i colleghi conservano un ricordo che va oltre l’ordinario. Lo si capisce dalle parole di Anna Bianco, che ricorda come i suoi artisti preferiti fossero Robert Rauschenberg, Beuys, Abramovic e Basquiat. «Dal primo incontro con lui abbiamo parlato subito di arte. Mi disse di essere di Sarzana e io citai la croce dipinta di maestro Guglielmo, la più antica come datazione in Italia, e lui, sorpreso, mi raccontò della sua tesi di laurea su quella croce. Stefano era sensibile e profondamente artista, orientato verso l'arte contemporanea e tutta la sua azione didattica era rivolta verso la modernità. Era un uomo buono e mite, innamorato della natura, estraneo al mondo dei consumi e dell'apparenza. Un provocatore, ma un provocatore artistico, intendendo l'arte come denuncia dell'ingiustizia e della violenza dell'uomo sull'uomo, lui, uomo buono e mite, che di quella violenza è oggi una vittima. Con i suoi sandali con le calze e i capelli lunghi, era bello come un angelo».

Anche per Lucio Ghezzo, Stefano Daveti è stato un campione di gentilezza e sensibilità: «Uomo di una cultura superiore, è stato ucciso dall’ignoranza e dall'intolleranza». E con grande stima e affetto lo ricorda Rosanna Addis, in quegli anni vicepreside dell’artistico: «I momenti con lui sono attimi preziosi della sua vita, doni di una persona che ricercava la bellezza e donava gratuitamente».

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