Non c’è il medico di base, la proposta choc di un pensionato: «Paghiamolo noi»
L’idea è quella di attivare il servizio con il contributo delle famiglie
Posada Trovarsi senza un medico di fiducia alla veneranda età di novant’anni quando più si ha bisogno di assistenza ma anche di supporto e conforto morale. «Medico di base, una parola grossa che ai miei tempi non si pronunciava», dice l’ex falegname Salvatore Sanna originario di Torpè ma residente a Posada.
«Sono privo dell’assistenza perché i medici non sono disponibili, in quanto hanno raggiunto il numero massimo di assistiti, chi è dentro è dentro – dice – chi invece è fuori è escluso dall’assistenza. Io mi trovo nel gruppo che sta fuori. So che i medici di base non sono soddisfatti della situazione che si è venuta a creare e che per questo motivo in tanti scappano dall’Italia e vanno a prestare la loro opera all’estero. Credo che i medici debbano essere pagati a sufficienza, e che lo Stato debba corrispondere una buona paga perché il loro è un servizio indispensabile per la comunità. Ai miei tempi esistevano dei servizi correnti come quelli del fabbro, del capraro per “sas mannalitas” o del barcaiolo giusto per fare solo qualche esempio, che venivano retribuiti per le esigenze di tutti, così si dovrebbe fare per i medici», prosegue.
«Se lo stipendio di un medico di base è basso rispetto a quanto sacrificio e impegno si richiede loro, si potrebbe integrarne il reddito con un contributo volontario. Questa e la mia proposta – conclude –: ogni famiglia e in particolar modo i pensionati che per la loro età avanzata hanno bisogno più degli altri di rivolgersi al medico, potrebbero contribuire con una piccola somma per convenzionarsi collettivamente con un medico di fiducia, trattandone un compenso così come si faceva in gioventù per i servizi alla collettività, un surplus insomma che magari renderebbe appetibile l’arrivo di qualche nuovo medico». Una boutade più che una vera proposta, quella del signor Sanna anzi una provocazione per chi nella sua vita lavorativa ha contribuito con le tasse a pagare le spese del servizio sanitario nazionale e, visto che è proprio la costituzione all’articolo 32 a definire la salute come un diritto fondamentale dell'individuo, che deve essere garantito a tutti siano essi cittadini italiani o stranieri.