Il delitto di via Petta, i giudici: «Iannelli non ha detto la verità e ha ucciso Tony Cozzolino con malvagità»
Nel novembre 2024 era stato condannato all’ergastolo: aveva cosparso di benzina e dato fuoco al vicino di casa
Olbia «Non si può minimamente dubitare del fatto che Davide Iannelli abbia cosparso Tony Cozzolino di liquido infiammabile e, immediatamente dopo, gli abbia dato fuoco utilizzando un accendino collocandolo proprio sul volto di Cozzolino», e che «le ustioni così estese e così profonde, con interessamento delle vie respiratorie, siano state l’unica causa del suo decesso». La Corte d’assise di Sassari ha depositato le motivazioni della sentenza pronunciata il 5 novembre 2024 nei confronti di Davide Iannelli, condannato all’ergastolo per omicidio volontario, come chiesto dai pm Gregorio Capasso e Claudia Manconi: la mattina dell’11 marzo 2022 aveva gettato della benzina contenuta in una bottiglietta in plastica addosso al suo vicino di casa, dandogli poi fuoco, mentre si trovavano all’esterno delle palazzine di via Petta, nel quartiere San Nicola. Cozzolino era stato soccorso dall’autista dell’autobus, fermo al capolinea proprio in via Petta, che aveva spento le fiamme che avvolgevano il suo corpo dalla vita in su, con l’estintore. Cozzolino era morto nove giorni dopo, in ospedale. Nella condanna erano state escluse due aggravanti: la premeditazione e l’aver adoperato sevizie, mentre era rimasta in piedi l’aggravante dell’atto commesso con crudeltà. I difensori dell’imputato, gli avvocati Cristina e Abele Cherchi, sono già al lavoro per redigere l’atto di appello in difesa del loro assistito.
«La Corte ritiene che sia pienamente provata, oltre ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità di Davide Iannelli», si legge nelle motivazioni della Corte, presieduta da Massimo Zaniboni che in oltre quaranta pagine spiega le ragioni della condanna. Determinanti i due video «dal contenuto inequivocabile» estrapolati dalle telecamere collocate nello stabile di via Petta che avevano ripreso da due angolazioni diverse, il fatto. Immagini che hanno raccontato una ricostruzione diversa rispetto a quella data da Iannelli, sia in sede di spontanee dichiarazioni, sia quando incontrò la moglie Rosa Bechere, andata fargli visita in carcere. «Iannelli non ha assolutamente detto la verità – dice la Corte – I video dimostrano con incrollabile certezza che Cozzolino, prima di incontrare Iannelli non si trovava affatto all’interno dell’autobus fermo al capolinea, e che non ha di certo colpito Iannelli con due, tre pugni, come da lui sostenuto, o che avesse una pietra in mano pronto a colpirlo, non essendovi la minima traccia di tali circostanze nelle riprese video, nella quali non emerge alcuna colluttazione tra i due».
Nella “fantasiosa versione” data alla compagna, come la definisce la Corte, Iannelli aveva detto di essere stato inseguito da Cozzolino. «Mi ha fatto il segno della croce, stasera fai brutta fine», aveva detto. Sostenendo che lo sportello della sua auto fosse stato aperto da Cozzolino «e, con una dinamica non meglio precisata – scrive la Corte – era “saltata” la benzina, acquistata a suo dire per pulire il decespugliatore, e Cozzolino aveva preso fuoco». Aveva detto testualmente: «Cozzolino apre la porta ed è “saltata” la benzina e ha preso fuoco. Non lo so se ci fosse qualche cicca, o magari se l’ha fatto apposta lui, per farmi passare guai». Le immagini escludono che ci sia stata una colluttazione tra i due, «non essendoci stato neppure il tempo materiale – prosegue la Corte – Quando i due si erano incontrati, Iannelli aveva, con un gesto repentino, gettato parte della benzina sulla parte superiore del corpo di Cozzolino, il quale, resosi evidentemente conto delle intenzioni dell’imputato che aveva già l’accendino in mano, aveva inutilmente tentato di scappare, inciampando malauguratamente sul marciapiede di un’aiuola e venendo così facilmente raggiunto dall’imputato che gli aveva dato fuoco». Non ha, dunque, trovato riscontro la legittima difesa sostenuta dai difensori di Iannelli, né l’inquadramento nell’alveo dell’omicidio preteritenzionale, anche questo sollecitato dalla difesa nella discussione.
«La terribile fine di Cozzolino nella prospettazione di Iannelli era imprescrindibile, anzi “andava fatta dall’inizio per risolvere le cose”», scrive ancora la Corte, riferendo le frasi dette da Iannelli alla compagna. Per i giudici non c’è stata premeditazione (il delitto è stato commesso il giorno stesso in cui è stata riempita la bottiglietta di benzina al distributore). Ma è stato commesso con crudeltà. Che emerge soprattutto nella scelta del mezzo: benzina e fuoco, appunto. Cozzolino aveva riportato ustioni di secondo e terzo grado nel 42 % del corpo. «Oltre che dal mezzo usato – rimarca la Corte – la malvagità dell’imputato si coglie sotto un ulteriore aspetto, avendo approfittato di una minorata difesa della vittima, inciampata sul marciapiede nel tentativo di scappare e, Iannelli, senza il minimo tentennamento, in una condizione di vulnerabilità di Cozzolino, gli aveva dato fuoco, dando così soddisfazione ai propri istinti spietati e crudeli».