La Nuova Sardegna

La nostra storia crea valore per il futuro: ecco perché i monumenti della Civiltà Nuragica devono entrare nella lista Unesco

Michele Cossa *
Il nuraghe di Barumini
Il nuraghe di Barumini

Un potenziale di attrattività che nel Mediterraneo è comparabile solo con l’Egitto dei Faraoni: investire su questo patrimonio è una linea strategica sulla quale convergono sindaci, consiglio e giunta regionale, illustri studiosi, migliaia di appassionati

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I monumenti della Civiltà Nuragica hanno un potenziale di attrattività che nel Mediterraneo è comparabile solo con l’Egitto dei Faraoni. Sono stati ben valorizzati alcuni siti (tra questi eccelle Barumini), ma questo incredibile patrimonio non è mai stato oggetto di un approccio sistematico e unitario. Le ragioni sono diverse, anzitutto di natura economica: per portare alla luce, proteggere, rendere fruibili e promuovere un patrimonio fatto di migliaia di siti distribuiti in tutta la regione occorrono risorse enormi.

L’iniziativa di richiedere l’iscrizione dei monumenti della Civiltà Nuragica nella lista dell’Unesco è il tentativo di porre le basi non solo per tutelare ma anche per sfruttare in modo intelligente e con una pianificazione appropriata una risorsa molto ricca di potenzialità ma che è ancora largamente sottoutilizzata ed esposta a gravi pericoli. La scarsità di risorse costringe quasi a sperare che venga fuori il meno possibile per evitare che tombaroli (sempre ben attivi) e vandali producano danni irreparabili.

Oggi non si conosce con precisione la reale entità di questo patrimonio. O meglio: grazie all’impegno volontario degli innumerevoli studiosi e appassionati, per esempio quelli di Nurnet, esiste la geolocalizzazione dei siti nuragici, un’opera che trasposta sulla carta della Sardegna suscita stupore negli stessi addetti ai lavori. Tuttavia, paradossalmente, non esiste nemmeno un catalogo completo e certificato dei siti nuragici, il che significa che mancano gli elementi minimi per poter pianificare un’azione adeguata: conoscere con precisione l’entità numerica dei siti, la loro collocazione geografica e temporale, la loro tipologia, e quanto altro serve per capire quali interventi si rendono necessari, quante risorse finanziarie e umane occorrono, quali sono le priorità.

Si potrebbe dire che non sono certo problemi nuovi: perché il tema viene fuori in questo momento, quando la pandemia pone ben altre urgenze? La risposta è semplice: l’Europa sta immettendo nel sistema (principalmente attraverso il Recovery Fund) una quantità di risorse mai vista prima, con l’obiettivo di sostenere l’economia, fiaccata dal Covid. Un’occasione unica, che la Sardegna non può perdere, per realizzare il suo sogno di avere una economia che non sia più dipendente dal residuo fiscale delle regioni più ricche, ma che tenda verso l’autosufficienza, che è la premessa necessaria per una autonomia vera e piena.

Questa è anche l’essenza della battaglia per l’inserimento del principio di insularità nella Costituzione, che infatti si lega strettamente a questa iniziativa. Per fare questo è necessario avere ben chiaro su cosa puntare. Visto che in Sardegna sta rapidamente avanzando la rete ultraveloce, il pensiero corre subito alle infrastrutture di trasporto: una rete ferroviaria veloce, mezzi pubblici sicuri ed efficienti, un sistema viario moderno, un modello di continuità territoriale stabile e non a termine, che garantisca certezza dello spostamento e qualità del servizio.

Ma è sufficiente tutto questo se non si elabora anche una strategia di medio-lungo termine? Ecco: investire sui nuraghi è una delle possibili e più proficue linee strategiche. Il processo che abbiamo avviato ha registrato la volontà convergente di oltre 200 sindaci, 170 consigli comunali, della Giunta regionale, del Consiglio regionale (che è espresso all’unanimità). Vede coinvolti alcuni tra i più valenti studiosi sardi, a partire dal Prof. Giovanni Ugas, che presiede il Comitato scientifico. Ha suscitato l’entusiasmo del grande mondo degli appassionati e dei cultori della civiltà nuragica, ma anche della gente comune.

Ha insomma iniziato a svolgere un’azione di pedagogia sociale che è già di per se positiva, perché concorre a far crescere la sensibilità sul tema, rafforza il controllo sociale, stimola la curiosità sulla nostra storia e sulle nostre radici. Se a tutto questo le istituzioni affiancheranno un’azione convinta e coordinata, non solo si creeranno i presupposti per l’inserimento dei monumenti della Civiltà nuragica nel Patrimonio dell’Umanità, ma la Sardegna potrà diventare una metà di interesse durante tutto il corso dell’anno (non solo nei mesi estivi), con effetti significativi sul suo Pil turistico, oggi inferiore alla media nazionale.

* Presidente associazione “La Sardegna verso l’Unesco”


 

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