Insulti omofobi, parte la denuncia
di Michela Cuccu
Giulia Carta, 44enne di Riola, ha deciso di rispondere in Tribunale a un post di 15 minuti su Instagram
06 aprile 2020
3 MINUTI DI LETTURA
ORISTANO. «Quello non è una donna: è un uomo gonfio di ormoni e con i piedi enormi. E poi è anche brutto». È questa la meno pesante delle frasi pronunciate dall'autore di un video postato sabato sera sui social. Una sorta di auto intervista, nella quale, per quasi quindici minuti, con parole e gesti allusivi, l'uomo prende di mira una transessuale. Ci va giù pesante, facendo anche nome e cognome dell'obbiettivo dei suoi insulti. Lei, la vittima di questa autentica invettiva omofoba non si è potuta subito difendere in diretta ma lo farà in una aula di tribunale. Giulia Carta, 44 anni di Riola Sardo, ha annunciato che sporgerà querela attraverso l'avvocata Cathy La Torre. Il video, che ha avuto tantissime visualizzazioni e commenti, anche questi capaci di ferire anche i caratteri più corazzati, nel frattempo è stato rimosso dallo stesso autore, forse consapevole dei problemi a cui sarebbe andato incontro.
Giulia però è decisa ad andare avanti: «Sono stata denigrata, non per aver fatto delle azioni o aver espresso dei pensieri, ma semplicemente per essere innanzitutto una persona, ancora prima che donna o transessuale. Il video offendeva le mie fattezze e la mia natura; oltre l'affondo dei commenti che mettevano in piazza le mie generalità, sia quelle elettive che quelle di nascita, con un attacco sommario in massa degno di una gogna medievale», dice. Giulia, è una fotografa professionista, scrittrice e poetessa. Accanto al lavoro, trova spazio l’impegno politico e sociale che la vede in prima linea in molte battaglie e non soltanto di genere. E' nata in Brasile ma aveva quattro mesi quando è arrivata in Sardegna, adottata da una famiglia di Riola Sardo, paese dove vive attualmente, pur avendo una vita che la porta spesso anche all'estero, fondatrice assieme ad altri di "TransVisioni" un coordinamento di associazioni con l'obiettivo di elaborare proposte politiche in favore delle persone e delle identità trans, non-binary e intersex a livello locale e internazionale. Nonostante le tantissime manifestazioni di solidarietà da parte di associazioni come Arcigay rete trans nazionale, Libellula, e Collettivo architettura del corpo, solo per citarne alcune, ma anche di amici e colleghi, ieri sera era visibilmente provata e ha scelto i social per dar sfogo al suo dolore. «Ovvio che faccia male, soprattutto perchè io stessa combatto in prima linea contro questa scelleratezza; ma soprattutto è ovvio che la stessa non rimarrà impunita, per una volta è stata attaccata una persona che ha in mano tutti gli strumenti per combattere l'ignoranza sessista», ha scritto in un post. A voce, aggiunge: «Sì, sono stata derisa ed insultata. All'anagrafe sono ancora maschio – dice – ma il cambio di sesso costa tantissimo perché ci vogliono anche perizie e consulenze mediche. Se a questo si aggiunge che in Italia è ancora tutto molto complicato da una legge datata, che ci impone la sterilizzazione, nonostante le sentenze della Cassazione affermino il contrario, è chiaro che il percorso sia molto, troppo tortuoso. Lamia mente non può che tornare a quel video, quelle persone, incapaci di trovare altro divertimento se non rifarsi della propria povertà d'animo su chi non ha fatto loro niente di male; o su chi, come me, quando un giorno subiranno discriminazione o emarginazione, si schiererà in prima linea per difenderli».
Giulia però è decisa ad andare avanti: «Sono stata denigrata, non per aver fatto delle azioni o aver espresso dei pensieri, ma semplicemente per essere innanzitutto una persona, ancora prima che donna o transessuale. Il video offendeva le mie fattezze e la mia natura; oltre l'affondo dei commenti che mettevano in piazza le mie generalità, sia quelle elettive che quelle di nascita, con un attacco sommario in massa degno di una gogna medievale», dice. Giulia, è una fotografa professionista, scrittrice e poetessa. Accanto al lavoro, trova spazio l’impegno politico e sociale che la vede in prima linea in molte battaglie e non soltanto di genere. E' nata in Brasile ma aveva quattro mesi quando è arrivata in Sardegna, adottata da una famiglia di Riola Sardo, paese dove vive attualmente, pur avendo una vita che la porta spesso anche all'estero, fondatrice assieme ad altri di "TransVisioni" un coordinamento di associazioni con l'obiettivo di elaborare proposte politiche in favore delle persone e delle identità trans, non-binary e intersex a livello locale e internazionale. Nonostante le tantissime manifestazioni di solidarietà da parte di associazioni come Arcigay rete trans nazionale, Libellula, e Collettivo architettura del corpo, solo per citarne alcune, ma anche di amici e colleghi, ieri sera era visibilmente provata e ha scelto i social per dar sfogo al suo dolore. «Ovvio che faccia male, soprattutto perchè io stessa combatto in prima linea contro questa scelleratezza; ma soprattutto è ovvio che la stessa non rimarrà impunita, per una volta è stata attaccata una persona che ha in mano tutti gli strumenti per combattere l'ignoranza sessista», ha scritto in un post. A voce, aggiunge: «Sì, sono stata derisa ed insultata. All'anagrafe sono ancora maschio – dice – ma il cambio di sesso costa tantissimo perché ci vogliono anche perizie e consulenze mediche. Se a questo si aggiunge che in Italia è ancora tutto molto complicato da una legge datata, che ci impone la sterilizzazione, nonostante le sentenze della Cassazione affermino il contrario, è chiaro che il percorso sia molto, troppo tortuoso. Lamia mente non può che tornare a quel video, quelle persone, incapaci di trovare altro divertimento se non rifarsi della propria povertà d'animo su chi non ha fatto loro niente di male; o su chi, come me, quando un giorno subiranno discriminazione o emarginazione, si schiererà in prima linea per difenderli».