Omicidio Chiara Carta: chiusa l’indagine, la madre unica indagata con i dubbi delle perizie psichiatriche
Il pubblico ministero ha concluso l’inchiesta su Monica Vinci che uccise la figlia tredicenne a Silì il 18 febbraio 2023
Oristano Arriva a poco meno di due anni dalla tragedia più grossa che la comunità oristanese abbia vissuto negli ultimi decenni. È l’avviso di fine indagine per l’omicidio della tredicenne Chiara Carta, uccisa a coltellate dalla madre Monica Vinci (54 anni) il 18 febbraio 2023. Ora resta da capire, cosa per il momento non ancora palese anche se intuibile, che strada sceglierà il pubblico ministero Valerio Bagattini che ha coordinato le indagini affidate alla Squadra mobile della polizia. Si entra nei meandri della procedura penale perché, per prima cosa, la procura non può archiviare il caso nonostante l’indagata, a seguito di due perizie, sia stata ritenuta incapace di intendere e volere sia attualmente che il giorno del delitto. La strada però si complica perché il parere del terzo consulente, quello che valutò il caso proprio per conto della procura, ritenne che ci fosse un’infermità mentale solo parziale all’epoca dell’omicidio.
Al di là delle letture di parte, la procedura prevede che si vada comunque a una richiesta di rinvio a giudizio una volta trascorso il tempo tecnico tra la fase della notifica della conclusione dell’indagine e quello che la difesa, affidata all’avvocato Gianluca Aste, ha per produrre atti d’indagine propri e memorie. A quel punto sarà tutto più chiaro dando per scontato che la difesa premerà perché sia riconosciuta la totale infermità di mente al momento dell’omicidio e in quello attuale. Impossibile invece fare una previsione sulle richieste dell’accusa, che potrebbe anche insistere e chiedere che Monica Vinci venga processata o, nel caso in cui non sia in grado di affrontare le udienze, venga giudicata come solo parzialmente incapace di intendere all’epoca del fatto. In questa fase procedurale si inserirà anche la parte civile, ovvero Piero Carta, padre di Chiara, e gli altri familiari assistiti dall’avvocata Anna Paola Putzu.
L’unica certezza, al momento, è che almeno un altro passaggio in aula sulla tragedia del 18 febbraio di due anni fa è inevitabile. Era il giorno prima di carnevale e doveva essere una festa per tutti con la Sartiglia alle porte, ma attorno alle due del pomeriggio per strada, in via Martiri del Congo a Silì, i vicini di casa notarono un corpo in terra. Era quello di Monica Vinci che si era gettata dalla finestra al primo piano della casa in cui abitava con la figlia Chiara. La porta era sprangata e per entrare fu forzata una finestra. A scoprire tutto fu Piero Carta, il padre della ragazzina, accorso dopo essere stato avvisato da alcune persone e dopo aver suonato invano il campanello. L’ex moglie – i due erano separati – aveva colpito ripetutamente all’addome la figlia con un taglierino, bloccandole anche le mani con il filo di un caricabatterie per telefonini per evitare che questa reagisse. Poi, salita al primo piano, probabilmente consapevole di quel che aveva compiuto, Monica Vinci si era lanciata atterrando sull’asfalto e procurandosi fratture e traumi in un tentativo di suicidio non riuscito. Il resto fu dolore.