LA PSICHIATRA
«Non è certo colpa del caldo»
dall'inviato
10 luglio 2011
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CABRAS. Davvero si muore di famiglia? Cosa succede quando il nucleo degli affetti, il luogo dove rifugiarsi, trovare conforto e complicità, diventa l'inferno e alle parole si sostituisce la violenza? E il caldo, in queste tragedie familiari, ha un suo ruolo? Secondo Noemi Sanna, psichiatra e docente all'Università di Sassari, «non si può genericamente attribuire al caldo una responsabilità nell'esplosione di episodi di violenza che sfociano in fatti drammatici. Esiste sì una correlazione tra alcune patologie ben individuate e l'andamento stagionale, come ad esempio il disturbo bipolare che da un punto di vista biologico ha una struttura ciclica, e dove quindi si registra una maggiore irritabilità nei periodi primavera-estate, e altre situazioni di tensioni che invece sono caratterizzate da motivazioni non patologiche. Nessuno finora ha dimostrato che l'eccesso di calore sia un fattore scatenante di atteggiamenti violenti». Altro è invece il problema della comunicabilità, nell'era della comunicazione, e delle frustrazioni legate alla famiglia o al rapporto di coppia. «In assenza di patologie certificate, si può verificare che situazioni fisiologiche possano sfociare in comportamenti abnormi. Ad esempio quando ci sono importanti aspettative legate alla vita familiare, oppure anche a progetti che invece poi non si realizzano, e persino alle aspettative che ciascuno dei componenti la coppia ripone sull'altro, magari si può arrivare a situazioni di grave difficoltà. Sopratutto se non si ha la capacità di esternare le proprie frustrazioni, di verbalizzarle, di condividerle. E allora si può avere il passaggio dal verbo all'atto, che è spesso un atto dirompente, grave, violento e devastante». Anche la presenza di bambini molto piccoli, una gioia unanimente riconosciuta, nasconde le sue insidie. «Anche loro sono un fattore potenzialmente di conflitto, per il ruolo genitoriale al quale non sempre si è preparati, e per il concetto delle aspettative e dei timori inespressi». O espressi male, canalizzati peggio. Fino al paradosso: ti uccido perché ti amo». (si.se.)