Semi protetti in speciali caveau
Ogni area d’Europa e qualsiasi Stato del mondo cerca di tutelare le proprie piante autoctone. E ciascuno lo fa nel suo territorio. Ma per proteggere i semi di tutte le specie, comprese quelle sarde,...
Ogni area d’Europa e qualsiasi Stato del mondo cerca di tutelare le proprie piante autoctone. E ciascuno lo fa nel suo territorio. Ma per proteggere i semi di tutte le specie, comprese quelle sarde, esiste anche un cordone di salvaguardia basato sulla collaborazione scientifica internazionale. «Una rete che rappresenta – spiega il botanico Ignazio Camarda – un fattore di ulteriore certezza di conservazione “ex situ”, ossia al di fuori delle zone d’origine. Come i caveau sotto terra delle Svalbard, costituiti di recente. O il centro che ha fatto da storico pioniere nell’istituto Vavilov di San Pietroburgo, con il quale abbiamo avviato un progetto per il recupero del germoplasma (cereali e leguminose), raccolto negli anni ’20i del secolo scorso e che oggi coltiviamo in gran parte a Surigheddu con lo scopo di ricostituire una adeguata riserva di semi e di studiarne il possibile utilizzo». Quest’ultima collaborazione in particolare avviene tramite un protocollo di intesa e non ha scopo di lucro. «Ma ormai non si può più prescindere da norme che diano certezza ai ricercatori e ai privati, siano imprese locali o internazionali – conclude lo specialista - Dobbiamo assicurare operazioni corrette sul piano scientifico per evitare che il patrimonio biologico della Sardegna da bene comune diventi privato, magari da pagare a caro prezzo» (pgp)