Salvare la buona terra, gli incontri del Fai
Oggi a Villasor tecnici, architetti e artisti per parlare di agricoltura e salvaguardia del paesaggio
VILLASOR. Il Fai prosegue l'azione di sensibilizzazione sui temi della sostenibilità e del recupero della vocazione agricola della Sardegna con un nuovo appuntamento: “Quale Rinascita? Villasor: tra buona terra, storia, recupero”, al castello Siviller oggi dalle 17,30. Dopo i saluti del sindaco di Villasor Walter Marongiu introdurrà la presidente regionale Fai Maria Antonietta Mongiu. A seguire quattro focus coordinati da Alberto Urgu con giuristi storici, agronomi, geologi, architetti, funzionari del Mibact, land artists. Il primo focus “La buona terra e l'identità storica” con Giampaolo Salice storico dell’università di Cagliari, Franco Masala storico dell'architettura, Monica Stocchino architetta Mibact. Il secondo focus “La buona terra fonte di benessere” con Angelo Aru agronomo dell’università di Cagliari, Fausto Pani geologo, Faustino Tuveri presidente della cooperativa agricola ortofrutticola di Villasor.
Il terzo tema “Il progetto sostenibile a difesa della buona terra” con Antonino Pirellas land artist, Gabriele Culotta e Francesco Denotti architetti, Antonella Sanna ingegnera Mibact. Il quarto focus “Suoli e terra” con Pietro Ciarlo costituzionalista della università di Cagliari. «Il Fai – spiega Maria Antonietta Mongiu – ha tra le sue missioni la diffusione della cultura del paesaggio, esito dell'azione millenaria dell'uomo che usava i suoli rispettandone le caratteristiche. Perciò l'Italia conserva ancora un paesaggio rurale unico che, una volta consumato, non è riproducibile. Il peculiare paesaggio sardo, frutto della interdipendenza tra pastoralità e agricoltura millenarie, più di altri necessita di attenzioni. Oggetto di edilizia selvaggia, non solo costiera, di recente ha visto interventi delle cosiddette “energie rinnovabili”, spesso copertura di speculazioni che espropriano le popolazioni dei terreni migliori».
«Il Fai ritiene – aggiunge Mongiu – che nei luoghi si devono radicare nuovamente la tradizione manufatturiera, l'agrogastronomia, l'accoglienza e l'ospitalità avendo come protagoniste le comunità. Oggi la Sardegna è chiamata a superare le servitù alimentari che la condannano a dipendere dall'esterno. I fondi comunitari sono un'opportunità per superare un approccio intensivo in favore delle biodiversità, fattori di benessere materiale e culturale soprattutto per i giovani, da sostenere perché il ritorno all’agricoltura sia vantaggioso».