La Nuova Sardegna

A Porto Torres in cella due fratelli

di Gianni Bazzoni
A Porto Torres in cella due fratelli

Sandro e Manuel Soru avevano rapporti con il boss pugliese Orlando D’Oronzo: sono accusati di traffico di stupefacenti

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SASSARI. Poco più di cinque righe in una ordinanza di oltre 200 pagine per dire che la mafia pugliese aveva rivolto lo sguardo anche all’area della provincia di Sassari. E attraverso uno dei boss più rispettati, il “fratello grande” Orlando D’Oronzo, 56 anni, si era mossa contattando persone e creando le condizioni per avere disponibilità in possibili affari.

Orlando D’Oronzo è stato fino a qualche tempo fa in soggiorno obbligato, in regime di sorvegliato speciale, a Porto Torres. E qui, circa due anni fa, è entrato in contatto con Sandro Soru, 32 anni, operaio. I due - secondo gli investigatori - non erano solo colleghi di lavoro in una impresa privata che si occupava di manutenzione di linee elettriche, si frequentavano. Erano diventati amici. Ieri mattina il giovane di Porto Torres è finito nella rete della Direzione distrettuale antimafia di Lecce che gli contesta il traffico di sostanze stupefacenti. L’arresto è stato eseguito dagli agenti della squadra mobile di Sassari su delega dei colleghi di Taranto. A Bergamo, invece, è stato fermato il fratello più grande, Manuel Soru, 33, ospite di una comunità di recupero. Per lui stessa accusa.

Poche le indiscrezioni trapelate, anche se la Dda di Lecce e la squadra mobile di Taranto avevano seguito con grande attenzione proprio i movimenti di Orlando D’Oronzo che, insieme a Nicola De Vitis, 46 anni, il “fratelli piccolo” aveva riannodato i fili del clan, rigenerandolo e tornando a gestire le attività illecite con metodi mafiosi. Entrambi erano già stati protagonisti, a Taranto, della guerra che - tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi dei Novanta - provocò 160 morti ammazzati.

La polizia è certa di avere disarticolato l’organizzazione criminale con 52 ordinanze di custodia cautelare (di cui 49 eseguite) tra Taranto, Verona, Bergamo, Matera, Bari, Lecce, Brindisi, Foggia, Napoli, Porto Torres e Reggio Calabria. Una fase nuova - secondo al Dda di Lecce e la squadra mobile di Taranto - quella scelta dal gruppo criminale, con una revisione delle attività e la modifica dei comportamenti: «Cambiare immagine e mantenere profilo basso, agire senza destare clamore».

D’Oronzo era uscito dal carcere nel 2012 e durante la sua permanenza a Porto Torres - sempre secondo gli inquirenti - non aveva perso la sua capacità di intimidazione.

L’avvocato Ivan Cermelli, che difende Sandro Soru, ieri mattina ha confermato che al suo assistito è stato contestato il traffico di sostanze stupefacenti: «Non sappiamo altro – ha commentato – attendiamo di leggere gli atti».

Si sa, però, che D’Oronzo telefonava a Sandro Soru, parlava di droga. Lui gli raccontava di un fratello (Manuel) che era finito in qualche indagine per spaccio di sostanze stupefacenti. E quanto il boss tarantino contatta i suoi, dice «che ci sarebbe la possibilità di mettere su qualcosa anche da queste parti». Droga «solo parlata», ipotesi da realizzare o qualcosa di più? Per ora dall’inchiesta non trapela altro. Nei prossimi giorni gli interrogatori di garanzia.

Di certo, i due giovani di Porto Torres, sono finiti dentro una storia più grande di loro, dove la mafia esiste davvero, dove i boss ordinavano e facevano eseguire condanne a morte. Nel fascicolo dell’inchiesta - diretta dal capo della Dda di Lecce Cataldo Motta e dal sostituto della procura nazionale antimafia Francesco Mandoi - non mancano omicidi e tentati omicidi. Nicola De Vitis, già condannato a 25 anni per avere partecipato all’uccisione di Cosima Ceci (la mamma dei Modeo) è ritenuto anche il mandante dell’omicidio di Tonino Santagato, 57 anni, ammazzato il 29 maggio 2013 in via Mazzini a Taranto. Venne ucciso perché aveva cercato di impedire ai fratelli Giovanni e Salvatore Pascalicchio (già condannati a 30 anni per il fatto) di vendere le cozze sotto la sua abitazione.

Tra le persone arrestate nell’operazione «Alias» c’è l’imprenditore Fabrizio Pomes, 48 anni, presidente del Centro sportivo “Magna Grecia” ed ex segretario provinciale del nuovo Psi di Taranto, per il quale è stato ipotizzato il concorso esterno in associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni. In carcere sono tornati anche altri volti noti della criminalità pugliese: boss, luogotenenti e gregari di una criminalità ancora in grado di agire sul territorio.

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