La Nuova Sardegna

Le regine dell’hi-tech: una sarda nell’Olimpo

Gianna Zazzara
Le regine dell’hi-tech: una sarda nell’Olimpo

La nuorese Alessandra Todde tra le 50 donne considerate più influenti. Ingegnere informatico, 49 anni, è amministratore delegato di Olidata 

14 dicembre 2018
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SASSARI. Il suo primo ricordo è la lavagna con le tabelline: l’attrazione per i numeri è qualcosa che Alessandra Todde, ingegnere informatico, ha avuto fin dall’infanzia e che l’ha sempre guidata nella sua carriera fino a diventare, sei mesi fa, amministratore delegato di Olidata, leader nazionale nel settore dell’informatica.

Nuorese, 49 anni, due lauree (Scienze dell’informatica e Ingegneria), Alessandra è una delle due sarde nella lista delle “Inspiring fifty” (l’altra è la sassarese Manuela Raffatellu), la prima edizione italiana dell’iniziativa ideata da Janneke Niessen e Joelle Frijters, che premia le cinquanta donne più influenti nel mondo della tecnologia, selezionate non solo per il loro ruolo all’interno della tech industry, ma anche per la passione e l’impegno che mettono per convincere altre giovani donne ad avvicinarsi al loro universo magico.

Più di vent’anni nel settore dell’energia (un posto non proprio da ragazzine), dieci dei quali trascorsi negli Stati Uniti, un compagno, Alessandra Todde riceverà il premio (sostenuto da Microsoft) nel corso di una cerimonia a Milano, il prossimo 22 gennaio.

«È stata una sorpresa e un onore essere inserita tra le Inspiring Fifty d’Italia – dice al telefono l’ingegner Todde durante una delle sue giornate che cominciano presto e non si sa quando finiscono – Mi auguro che la mia storia ispiri le giovani donne ad avvicinarsi al mondo del tech perché c’è bisogno di loro per costruire il mondo del futuro. Oggi la tecnologia parla solo al maschile ed è un male». Un esempio? «Prendiamo ad esempio un navigatore, un’applicazione che deve essere educata dall’uomo. Il problema è che nel 90% dei casi l’educatore è un maschio, per cui il navigatore ci dice qual è il percorso più breve ed efficiente ma non ci suggerisce invece quali negozi puoi incontrare sul tragitto. Ecco perché è così importante che nel mondo della tecnologia entrino, con forza, le donne. Il futuro sarà sempre più dominato dalle macchine e le donne devono contribuire ad istruirle». Altrimenti potrebbe capitare che un algoritmo, costruito da maschi, selezioni solo curricula di maschi escludendo le donne. «È successo ad Amazon. Stavano cercando sviluppatori e si è scoperto che l’algoritmo selezionava solo i maschi. I curricula delle donne, anche se perfetti per quel ruolo, finivano nel cestino. È un problema serio. Oggi le donne che si occupano di tecnologia sono poche, in tutto il mondo, dovremmo essere molte di più».

Come ricorda Alessandra c’è poi un altro motivo per cui le ragazze all’università dovrebbero scegliere le discipline Stem, acronimo inglese che indica scienze, tecnologia, ingegneria e matematica. «La tecnologia è un mondo democratico, dove il talento viene premiato, non c’è bisogno di raccomandazioni o scorciatoie. Si fa carriera in modo più chiaro e chi ottiene risultati viene quasi sempre premiato». Senza dimenticare la facilità, rispetto ai laureati in materie umanistiche, di trovare un lavoro una volta usciti dall’università.

Ma come si fa a convincere le ragazze a scegliere percorsi accademici di stampo scientifico? «Il problema è complesso: comincia dai banchi di scuola, dove è necessaria una maggiore alfabetizzazione digitale per tutti. Per le ragazze, ancora di più. Dobbiamo agire anche a livello culturale. Va sfatato il mito che il settore della tecnologia è roba “da maschi”. Non mi stanco di ripeterlo: il mondo digitale è a misura di donna. Vorrei far capire alle ragazze che il digital è un universo magico: il futuro aspetta solo di essere inventato. Ha visto il film “Il diritto di contare” che racconta l’incredibile storia di tre scienziate afro americane che collaborarono con la Nasa per la missione Apollo 11? Ecco, da loro dobbiamo prendere ispirazione: le donne, quando vogliono, possono».

Ma come è iniziata la passione di Alessandra per i numeri? «Il merito è tutto di mio padre Giovanni, docente di matematica e fisica al liceo scientifico “Fermi” di Nuoro. È lui che mi ha fatto scoprire la bellezza delle equazioni. Ed è stato lui a regalarmi il primo computer, avevo 11 anni». Dopo la maturità scientifica, la scelta di iscriversi in Scienze dell’informazione a Pisa. «Dopo la laurea mi ha assunto la Saras, a Cagliari». Ma l’avventura sarda dura poco. Alessandra inizia a girare il mondo: Olanda, Spagna, Stati Uniti. Poi la scelta di rientrare qualche mese fa in Italia per guidare Olidata. «Era una società senza futuro, non potevo non accettare la sfida. Ci occupiamo dell’internet delle cose, il futuro della tecnologia».

Alessandra, nonostante il suo giro del mondo, ha ancora un legame strettissimo con la sua città natale. «È una città particolare, molto dinamica, che spinge alla curiosità. È anche grazie a Nuoro se sono riuscita a realizzare i miei sogni». Ma la spinta più forte Alessandra l’ha avuta dal padre. «Mi ripeteva in continuazione: “Nessuno deve pagarti un paio di calze, devi essere indipendente”». Un legame fortissimo quello della manager col padre Giovanni che nel 2002 l’ha riportata sui libri. «Mio padre si era ammalato di sclerosi laterale amiotrofica e sapevo che il suo sogno era quello di diventare ingegnere. Così l’ho fatto io al posto suo (in soli due anni, ndr). Mi sono laureata per lui. Era così felice il giorno della mia laurea». In questi giorni Alessandra è in Sardegna per realizzare un altro sogno: aprire una sede di Olidata a Cagliari.



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