Tariffa unica per il metano doppio no alla Regione
di Giuseppe Centore
«Gli utenti italiani o del sud non possono pagare per la rete della Sardegna» Arera, l’autorità regolatrice, si dichiara non obbligata a diffondere il servizio
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CAGLIARI. I sorrisi diplomatici, le frasi concilianti sono durati lo spazio di un mattino. Il confronto sul futuro del sistema metanifero tra Arera, l’autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (è lei a stabilire ambiti e caratteristiche delle tariffe) e la Regione si fa nuovamente serrato, e questa volta è Arera a contestare la Regione su modi e tempi della tariffa che sarà alla base della distribuzione del gas nell’isola. E siccome il coltello dalla parte del manico lo ha Arera, la Regione può solo abbozzare e prepararsi a giocare la carta finale: una legge nazionale che autorizzi l’Autorità a favorire la Sardegna.
Lo stop alla facili illusioni che da più parti avevano accompagnato le ultime settimane, con l’approvazione del Piano su energia e clima che prevedeva espressamente la dorsale e le stesse audizioni del presidente di Arera che aveva più volte detto di essere disponibile a favorire l’ingresso della Sardegna nel sistema nazionale del metano, hanno lasciato posto a una delibera di fine anno della stessa Arera che in alcuni suoi punti infligge pesanti schiaffi, in punta di diritto, alla Regione.
La delibera. Il documento è un atto dovuto, perchè Arera doveva definire le tariffe per il prossimo quinquennio in tutta Italia e doveva in qualche modo mettere un punto fermo, su quanto costerà il gas nella nostra isola. E lo ha fatto rigettando le affermazioni della Regione e indicando essa un modello che, massima concessione, sta a metà strada tra quanto chiesto dalla Regione e quanto ipotizzato da Arera. Solo una legge, che dovrà essere votata dal Parlamento, potrà sovvertire le indicazioni di Arera che allo stato attuale avranno valore in Sardegna per i prossimi tre anni, e non cinque, come per il resto del paese.
L’Autorità spiega in dettaglio il perchè della sua scelta. «Gli ulteriori studi che abbiamo chiesto e che arriveranno nei prossimi mesi ci faranno capire se ha senso o no avere un unico e isolato ambito tariffario per la Sardegna». La scelta dell’ambito, isolato o legato a una delle sei macroregioni in cui è divisa l’Italia, è decisiva per rendere conveniente il gas per la Sardegna. Se dovessimo essere isolati, il costo delle infrastrutture, dorsale e reti periferiche sarebbe a carico dei soli sardi, rendendo il metano caro, troppo caro. Dovremmo pagare in quindici anni oltre 500 milioni sulle nostre bollette. Viceversa se fossimo “agganciati” a una delle altre macroregioni, il costo sarebbe spalmato anche sugli utenti del Continente.
Tariffa unica. L’ipotesi di una ambito unico nazionale renderebbe ancora più conveniente il metano perchè in tutte le bollette degli italiani ci sarebbero, a pochi decimi per volta, caricati i costi della dorsale e delle infrastrutture. Arera dice no a tutto questo, giudicando non fondate le osservazioni, alcune della Regione, che chiedevano almeno tre elementi forti. «Un soggetto – è scritto – ha segnalato che la regione Sardegna sconterebbe uno svantaggio derivante da diversi fattori: insularità e difficoltà approvvigionamento gas naturale, ritardo infrastrutturale, ridotta dimensione del mercato con difficoltà di socializzazione dei costi, scarsa concorrenza con possibili monopoli o fallimento di mercato; il medesimo soggetto (la Regione, ndr) ha segnalato che il Patto per la Sardegna prevede impegni del Governo per realizzare una dorsale di trasporto del gas naturale, con meccanismi di compensazione per i consumatori dei potenziali maggiori costi. L’Autorità sarebbe obbligata a definire misure per non penalizzare la metanizzazione». Consiglio accolto? Neanche per sogno.
Una valanga di no. Arera ribatte e spiega che le tariffe non devono solo non penalizzare le aree ma «innalzare l’efficienza di utilizzo dell’energia, promuovere l’uso delle rinnovabili». Poi l’affondo. «Le norme sulla regolazione tariffaria non sono una missione a favorire la metanizzazione del paese a ogni costo, perchè il servizio del gas, a differenza da quello elettrico non è insostituibile, e si rivolge a necessità che possono essere soddisfatte anche da altre fonti energetiche». E infine lo sberleffo. «L’universalità del servizio è stata da sempre declinata dall’Autorità come disponibilità del servizio medesimo a condizioni di costo che riflettono condizioni economiche trasparenti, mentre non appare giustificata la diffusione generalizzata del servizio, che comporterebbe aggravi nel costo del soddisfacimento dei bisogni energetici del paese». Insomma Arera fa proprio l’invito di Totò dopo la chiusura delle case chiuse: «Arrangiatevi». Anche perchè «in assenza di una disposizione legislativa (espressione di una precisa scelta di politica energetica), l’Autorità non è tenuta a introdurre strumenti perequativi per porre a carico della generalità della clientela (o di quella dell’Ambito meridionale) i costi di investimento per la metanizzazione». Cioè: gli italiani non pagheranno per voi.
L’apertura. Dopo gli schiaffi spazio alla diplomazia. Arera dopo aver confermato l’istituzione di uno specifico ambito tariffario sardo ▪ prevede una forma di temperazione del sistema per evitare una eccessiva «penalizzazione per l’impresa in fase di avvio e per mantenere l’interesse per la medesima impresa a evitare sviluppi non economici (i cui costi rimarrebbero in larga misura a suo carico)». Il risultato finale è l’introduzione di una specifica tariffa per tre anni applicata ai soli punti di riconsegna serviti nella Regione Sardegna, «pari alla differenza tra il livello della tariffa obbligatoria che verrebbe determinata con riferimento alla sola Sardegna e il livello della tariffa obbligatoria dell’Ambito meridionale (che attualmente risulta essere quello caratterizzato da costi più elevati per gli utenti del servizio)». Insomma Natale porta buffetti, schiaffi e la certezza che la partita per avere il metano a costi convenienti sarà lunga, molto lunga. Solo una legge farà cambiare parere ad Arera, una legge che dica che i costi sardi andranno spalmati sul resto del paese. Altro che strada in discesa e metano dietro l’angolo. Semmai tempi lunghi e strada in salita.
@gcentore. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
Lo stop alla facili illusioni che da più parti avevano accompagnato le ultime settimane, con l’approvazione del Piano su energia e clima che prevedeva espressamente la dorsale e le stesse audizioni del presidente di Arera che aveva più volte detto di essere disponibile a favorire l’ingresso della Sardegna nel sistema nazionale del metano, hanno lasciato posto a una delibera di fine anno della stessa Arera che in alcuni suoi punti infligge pesanti schiaffi, in punta di diritto, alla Regione.
La delibera. Il documento è un atto dovuto, perchè Arera doveva definire le tariffe per il prossimo quinquennio in tutta Italia e doveva in qualche modo mettere un punto fermo, su quanto costerà il gas nella nostra isola. E lo ha fatto rigettando le affermazioni della Regione e indicando essa un modello che, massima concessione, sta a metà strada tra quanto chiesto dalla Regione e quanto ipotizzato da Arera. Solo una legge, che dovrà essere votata dal Parlamento, potrà sovvertire le indicazioni di Arera che allo stato attuale avranno valore in Sardegna per i prossimi tre anni, e non cinque, come per il resto del paese.
L’Autorità spiega in dettaglio il perchè della sua scelta. «Gli ulteriori studi che abbiamo chiesto e che arriveranno nei prossimi mesi ci faranno capire se ha senso o no avere un unico e isolato ambito tariffario per la Sardegna». La scelta dell’ambito, isolato o legato a una delle sei macroregioni in cui è divisa l’Italia, è decisiva per rendere conveniente il gas per la Sardegna. Se dovessimo essere isolati, il costo delle infrastrutture, dorsale e reti periferiche sarebbe a carico dei soli sardi, rendendo il metano caro, troppo caro. Dovremmo pagare in quindici anni oltre 500 milioni sulle nostre bollette. Viceversa se fossimo “agganciati” a una delle altre macroregioni, il costo sarebbe spalmato anche sugli utenti del Continente.
Tariffa unica. L’ipotesi di una ambito unico nazionale renderebbe ancora più conveniente il metano perchè in tutte le bollette degli italiani ci sarebbero, a pochi decimi per volta, caricati i costi della dorsale e delle infrastrutture. Arera dice no a tutto questo, giudicando non fondate le osservazioni, alcune della Regione, che chiedevano almeno tre elementi forti. «Un soggetto – è scritto – ha segnalato che la regione Sardegna sconterebbe uno svantaggio derivante da diversi fattori: insularità e difficoltà approvvigionamento gas naturale, ritardo infrastrutturale, ridotta dimensione del mercato con difficoltà di socializzazione dei costi, scarsa concorrenza con possibili monopoli o fallimento di mercato; il medesimo soggetto (la Regione, ndr) ha segnalato che il Patto per la Sardegna prevede impegni del Governo per realizzare una dorsale di trasporto del gas naturale, con meccanismi di compensazione per i consumatori dei potenziali maggiori costi. L’Autorità sarebbe obbligata a definire misure per non penalizzare la metanizzazione». Consiglio accolto? Neanche per sogno.
Una valanga di no. Arera ribatte e spiega che le tariffe non devono solo non penalizzare le aree ma «innalzare l’efficienza di utilizzo dell’energia, promuovere l’uso delle rinnovabili». Poi l’affondo. «Le norme sulla regolazione tariffaria non sono una missione a favorire la metanizzazione del paese a ogni costo, perchè il servizio del gas, a differenza da quello elettrico non è insostituibile, e si rivolge a necessità che possono essere soddisfatte anche da altre fonti energetiche». E infine lo sberleffo. «L’universalità del servizio è stata da sempre declinata dall’Autorità come disponibilità del servizio medesimo a condizioni di costo che riflettono condizioni economiche trasparenti, mentre non appare giustificata la diffusione generalizzata del servizio, che comporterebbe aggravi nel costo del soddisfacimento dei bisogni energetici del paese». Insomma Arera fa proprio l’invito di Totò dopo la chiusura delle case chiuse: «Arrangiatevi». Anche perchè «in assenza di una disposizione legislativa (espressione di una precisa scelta di politica energetica), l’Autorità non è tenuta a introdurre strumenti perequativi per porre a carico della generalità della clientela (o di quella dell’Ambito meridionale) i costi di investimento per la metanizzazione». Cioè: gli italiani non pagheranno per voi.
L’apertura. Dopo gli schiaffi spazio alla diplomazia. Arera dopo aver confermato l’istituzione di uno specifico ambito tariffario sardo ▪ prevede una forma di temperazione del sistema per evitare una eccessiva «penalizzazione per l’impresa in fase di avvio e per mantenere l’interesse per la medesima impresa a evitare sviluppi non economici (i cui costi rimarrebbero in larga misura a suo carico)». Il risultato finale è l’introduzione di una specifica tariffa per tre anni applicata ai soli punti di riconsegna serviti nella Regione Sardegna, «pari alla differenza tra il livello della tariffa obbligatoria che verrebbe determinata con riferimento alla sola Sardegna e il livello della tariffa obbligatoria dell’Ambito meridionale (che attualmente risulta essere quello caratterizzato da costi più elevati per gli utenti del servizio)». Insomma Natale porta buffetti, schiaffi e la certezza che la partita per avere il metano a costi convenienti sarà lunga, molto lunga. Solo una legge farà cambiare parere ad Arera, una legge che dica che i costi sardi andranno spalmati sul resto del paese. Altro che strada in discesa e metano dietro l’angolo. Semmai tempi lunghi e strada in salita.
@gcentore. ©RIPRODUZIONE RISERVATA