La Nuova Sardegna

Afghanistan, «Il lungo lavoro della Brigata Sassari spazzato via dai talebani»

Roberto Petretto
Afghanistan, «Il lungo lavoro della Brigata Sassari spazzato via dai talebani»

Intervista con Andrea Margelletti. Il presidente del Cesi: «Decisivo l'accordo di Trump che escluse il governo»

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SASSARI. Immagini e messaggi terribili arrivano dall'Afghanistan. raccontano l'angoscia di chi aveva creduto in una svolta democratica e che ora si ritrova di nuovo sotto il regime teocratico dei talebani. In quelle terre, per tanti anni, la Brigata Sassari si è impegnata nelle operazioni di peacekeeping, di ricostruzione, di sostegno alle popolazioni locali.Un lavoro che ora rischia di essere spazzato via, come sostiene Andrea Margelletti, consigliere per le Politiche di sicurezza e di contrasto al terrorismo del Ministro della Difesa, nonché presidente del Cesi, Centro studi internazionali.

Professor Margelletti, di fronte alle notizie che arrivano dall'Afghanistan si ha un senso di smarrimento. Per anni la Brigata Sassari è stata impegnata in quei territori in compiti di ricostruzione e aiuto.
«Siamo di fronte a un disastro assoluto. Non ci sono mezze misure, non c'è la possibilità di mediare il disastro. Il senso del disastro, del caos totale lo danno le immagini che ci arrivano dall'aeroporto di Kabul. Le avete viste? Persone che si aggrappano agli aerei in decollo e che poi cadono giù. C'è una disperazione totalizzante in persone che fanno questo».

Cosa si poteva fare di diverso?
«Tutto! Gli Stati Uniti, che erano l'unica vera superpotenza impegnata sul campo, hanno cambiato tante volte la loro strategia. Sino a dimenticarsi quale era la loro strategia. Sino ad arrivare a un punto in cui l'unica alternativa era il ritiro. Il dramma vero è arrivato nel momento in cui Trump ha fatto l'accordo con i talebani, escludendo il governo di Kabul. Che a quel punto si è sentito abbandonato completamente. Per chi avrebbero dovuto combattere? Per permettere a noi che li abbia lasciati soli una migliore ritirata? O dovremmo dire fuga?».

Forse per le persone che restano e che ora saranno in balìa dei talebani...
«Non c'era più motivo per combattere, è tutto finito. Quelle persone verranno massacrate e l'Afghanistan tornerà indietro di decenni. Tornerà in mano ai talebani, che poi sono la ragione per cui in Afghanistan ci siamo andati».

Il governo italiano avrebbe potuto fare qualcosa?
«Nessun governo al mondo era in grado di andare a fare qualcosa in maniera unilaterale. Devo dire, a onore del vero, che il ministro Guerini, più volte, anche con una certa energia, ha suggerito agli Usa di non ritirare le truppe, magari di rimodulare l'intervento, di prevedere una presenza più leggera, ma di non ritirarsi. Di fronte alla linea degli Usa, però, non c'era alcuna possibilità».

Cosa resterà di ciò che in questi anni è stato costruito anche con il lavoro della Brigata Sassari?
«Nulla, verrà cancellato tutto».

Ci resta solo l'amarezza per l'inutilità di tutto questo, per le tante vite umane sacrificate?
«Sì, abbiamo perso decine di uomini, anche alcuni funzionari dell'intelligence, dei nostri servizi segreti. Un disastro totale. Devo dire che mi trovo d'accordo con il sottosegretario di Stato americano, Blinken quando dice che questa situazione non è come quella di Saigon '75, ma è molto, molto peggio».

Perché?
«Perché? Basta vedere l'organizzazione dell'evacuazione: è andata peggio di 50 anni fa a Saigon. Una cosa che non si può vedere».Eppure era chiaro da settimane che i talebani sarebbero arrivati a Kabul, no?«Di più, era chiaro da quando gli Usa hanno siglato l'accordo con i talebani».

Questo nuovo scenario potrebbe aprire la porta a una ripresa del terrorismo internazionale?
«Le due più grandi realtà del terrorismo internazionale erano Al Quaeda, che aveva paese a disposizione un intero paese, e l'Isis, che aveva a disposizione mezzo paese. Ora tutte le organizzazioni più radicali avranno di nuovo un intero paese a disposizione. Ne pagheremo il prezzo con tanto sangue».

Cosa possiamo fare?
«Niente. Hanno vinto talebani, che disintegreranno i diritti umani in Afghanistan. Non possiamo fare niente, se non provare vergogna per ciò che è successo. Sono stati uccisi nostri alleati che stavano sfuggendo. Quando arriva in aeroporto della povera gente che ha lavorato per noi, che nel tentativo di mettersi in salvo si attacca agli aerei e vola giù, che speranza ci può essere? Che i talebani si dimostreranno diversi? Sa che in una serie di province del paese già non consentono più alle ragazze di studiare? Dove la troviamo la speranza? Abbiamo dato a una delle organizzazioni più spietate, sanguinarie e medievali del mondo il controllo del paese. Glielo abbiamo dato noi. L'elemento di speranza è che noi siamo tornati sani e salvi? Mi dispiace, non la vedo così».

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