Recupero visite mediche mancate, la Sardegna agli ultimi posti
L’analisi dettagliata è delle sezioni riunite della Corte dei Conti
Cagliari Gli utenti sardi lo avevano più che intuito, adesso c’è anche l’autorevole conferma della Corte dei Conti. La Sardegna non riesce a recuperare le prestazioni ambulatoriali e le visite programmate cancellate a tempo del covid. E non riesce se non in misura più che parziale a spendere quanto assegnato per questa missione. In questa come in altre “classifiche” analoghe occupa un non invidiabile penultimo posto, peggio della media del Mezzogiorno.
Lo certifica il rapporto sul coordinamento della finanza pubblica elaborato dalla sezioni riunite della Corte dei Conti. Il rapporto è stato approvato lo scorso 17 maggio e si basa, sui dati più recenti possibili, relativi ad aprile 2023, provenienti da diverse fonti, ministero della Salute e Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. I magistrati contabili, prima di certificare con i numeri il lavoro svolto dalle Regioni, forniscono anche la cornice programmatica e finanziaria. Per riassorbire i ritardi accumulati nelle liste d’attesa erano a disposizione 500 milioni. «Le regioni hanno rimodulato i Piani per le liste d’attesa entro il 31 gennaio 2022. Per agevolare l’azione di recupero si è previsto, inoltre, che le regioni potessero coinvolgere gli erogatori privati accreditati». Il Ministero della salute aveva individuato come prioritarie tre categorie di prestazioni: i ricoveri per interventi chirurgici programmati; le prestazioni ambulatoriali; le campagne di screening oncologico.
Tutto era stato definito nei dettagli: il programma, cosa fare per primo, e come organizzare le strutture. La Sardegna ha però scelto di non avvalersi del privato nel recupero dei ricoveri chirurgici e dello screening, e di dedicare una microscopica quota al privato per le prestazioni ambulatoriali. La scelta della Sardegna si rivede solo in Molise e Marche. Le altre regioni, a seconda delle attività, hanno chiesto l’aiuto al privato o in misura considerevole o nella sua totalità. L’unica consolazione nella graduatoria nazionale è che nessuna area ha raggiunto la totalità di recupero rispetto al target.
I ricoveri programmati
Le tabelle della Corte dei Conti affrontano per prime le liste di attesa per i ricoveri. In Sardegna a gennaio 2022 erano 19.785, e la Regione aveva programmato di recuperarne il 29 per cento. Molte regioni avevano posto come obiettivo il 100 per cento. Solo Liguria e Friuli erano state ancora più prudenti, ipotizzando un recupero di ricoveri programmati inferiore al 20 per cento del totale.
Il risultato è che molte regioni hanno sfiorato il target di prestazioni recuperate, (anche perchè partivano da un recupero previsto parziale) come Piemonte Emilia, Toscana, Umbria e Basilicata, altre sono andate così così, come la Campania e la Puglia e la Sicilia. Altre ancora hanno fatto peggio come la Sardegna, la Liguria e il Friuli: hanno scelto obiettivi bassi e non li hanno raggiunti. La Sardegna ha il 29 per cento delle quote di recupero raggiunte rispetto al target, a sua volta pari al 29 per cento del totale.
Gli screening
Male anche sugli screening. Solo la Calabria e la Campania (ma questa con base ben più ampia) fanno peggio di noi. Caso a parte il Friuli, che però ha vicine ben altre sanità che il mare. Come caso a parte l’Umbria che ha recuperato tutte le prestazioni slittate causa covid già nel 2021. I dati della Corte dei Conti dicono che la Sardegna a gennaio 2022 aveva 177mila inviti da smaltire e 76mila prestazioni. Caso unico tra tutte le regioni ha deciso di elevare il target, con 220mila inviti da smaltire e 99mila prestazioni, pari rispettivamente al 125 e al 130 per cento delle necessità. Il risultato è che rispetto al target è stato recuperato il 56 per cento per gli inviti e il 44 per cento delle prestazioni. Altre regioni hanno recuperato tutto o quasi quello che era stato perso; Emilia, Toscana, Lombardia, Piemonte, Basilicata e anche la Sicilia. I magistrati contabili ammettono che solo 5 regioni hanno raggiunto i loro obiettivi, di cui 4 nel centro-nord.
Le prestazioni ambulatoriali
Anche qui il dato non è entusiasmante. «Molto limitati invece gli esiti nel Mezzogiorno, dove, fatta eccezione per Abruzzo e Puglia, le prestazioni recuperate sono insoddisfacenti: in media il 15 per cento di quanto previsto». La Sardegna, che anche in questa voce si era tenuta “bassa”, è penultima a livello nazionale. Solo la Campania fa peggio, ma con un obiettivo più ambizioso. Le liste d’attesa su questa voce erano 410mila, e la Regione aveva programmato di recuperarne 247mila, pari al 60 per cento. Per questa voce ha ricevuto 4,5 milioni. Purtroppo ha recuperato solo il 10 per cento, pari a 41mila prestazioni.
La spesa sostenuta
C’è una evidente sofferenza nella capacità di spesa, insufficiente rispetto alle risorse assegnate. Molise e Sardegna hanno avuto addirittura più del previsto, nel nostro caso 13,6 milioni, ma a marzo 2023 il finanziamento rendicontato era pari solo al 26 per cento del totale, sotto la media del sud, e molto al di sotto della media nazionale, pari al 69 per cento.
Le conclusioni
La Corte dei conti elenca anche le voci delle singole prestazioni ambulatoriali, ma le divide solo per macro aree. Fa solo un cenno a due voci per regioni, e non sono positive per la Sardegna. Dopo aver riconosciuto le difficoltà dell’intero sistema a tornare a livelli ordinari di prestazioni, i giudici ammettono che «la disponibilità dei dati relative ad un campione di prestazioni di specialistica ambulatoriale (fonte Agenas) consente di guardare anche al mancato recupero di livelli di attività precrisi. Si tratta di 10 prestazioni di cui 5 relative a esami radiologici (ecografia all’addome e ginecologica, elettrocardiogramma, TC del capo e RM muscoloscheletrica) e 5 relative a visite (prime visite generiche, ginecologiche, neurologiche, oculistiche e di controllo). Il confronto tra le prestazioni rese nel 2019 e quelle relative all’esercizio appena concluso restituisce un quadro molto netto: solo in due casi (TC al capo e RM muscoloscheletrica) guardando ai dati nazionali si registra una crescita, anche se non distribuita omogeneamente tra le regioni (rispettivamente del 3,5 e del 5,7 per cento). In tutte le altre tipologie lo scostamento è ancora rilevante. Superiori alla media le flessioni per elettrocardiogramma (-23,4 per cento) e visite oculistiche (-25,8 per cento).
I numeri
Dati che nascondono differenze territoriali: per quanto riguarda gli elettrocardiogrammi la flessione supera in media il 30 per cento nelle regioni centrali, mentre nell’oculistica sul dato nazionale incide la riduzione del 31 per cento delle regioni del Mezzogiorno con accentuazioni particolari in Calabria (-48,4 per cento) e in Sardegna (-38,5 per cento). Si riducono tra il 14,4 e il 16,9 per cento le altre visite ambulatoriali, ma con quote sempre superiori alla media nelle regioni del Mezzogiorno. Se ne trae un quadro che nel complesso, oltre a segnare un gap nelle prestazioni sanitarie ancora significativo in maniera più diffusa delle attese nell’uscita dalla pandemia – concludono i giudici contabili – offre una immagine molto netta di come la crisi sanitaria abbia contribuito ad aumentare le differenze di performance tra aree: fatto cento il dato nazionale in tutte le specializzazioni si apre la forbice tra le diverse aree e soprattutto nel Mezzogiorno, dove le prestazioni per mille abitanti registrano valori in molti casi inferiori all’importo medio per mille abitanti».
I dati in dettaglio
Ecco infine i valori relativi alla Sardegna sulle dieci prestazioni analizzate dalla corte. I dati espressi sono in migliaia. Quelli del 2022 sono il primo numero dopo la prestazione. Tra parentesi il dato del 2019, giudicato prepandemico e portato ad esempio per tutte le regioni. Ecografia addome 87 (104). Ecografia ginecologia 18 (27). Elettrocardiogramma 131 (209). Prima visita 478 (716). Prima visita ginecologica 23 (34). Prima visita neurologica 28 (51). Prima visita oculistica 81 (132). Risonanza magnetica 22 (20). Tomografia del capo 13 (13). Visite di controllo 652 (1 milione). Il totale complessivo di queste dieci prestazioni ambulatoriali è al 2022 1,53 milioni, nel 2019 erano 2,3 milioni. Si tratta di 793mila prestazioni in meno. Il totale complessivo italiano è di 12 milioni di prestazioni, visto che nel 2019 erano 72 e nel 2022 erano 60. Ecco invece il dato per regioni, dove è indicata solo la differenza tra il 2019 e il 2022.
Basta un rapido rapporto sulla popolazione per capire che nel nostro caso c’è qualcosa che non va. Piemonte 1,4 milioni, Valle d’Aosta 53mila, Lombardia 810, Bolzano 350mila, Trento 68mila, Veneto 1,1 milioni, Friuli 229mila, Liguria 385mila, Emilia Romagna 600mila, Toscana 462mila, Umbria 270mila, Marche 370mila, Lazio 1,1 milioni, Abruzzo 300mila, Molise 56mila, Campania 747mila, Puglia 625mila, Basilicata 96mila, Calabria 574mila, Sicilia 1,08 milioni.
In rapporto a tutto il centro sud, che fa già peggio del resto del paese, la Sardegna, confrontata con il numero di residenti, è quella che ha il dato peggiore. Una differenza che non sembra essere recuperabile neanche nel medio periodo, e sulle cui cause endogene cui sarà da tornare.
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