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Per le famiglie sarde è impossibile risparmiare

Per le famiglie sarde è impossibile risparmiare<br type="_moz" />

Mauro Carta (Acli): «E c’è il paradosso: i sussidi che alzano l’Isee impedendo l'accesso a contributi utili per mense scolastiche, trasporto e borde di studio»

23 settembre 2024
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Olbia Quel che rivelano tabelle e grafici, portato sul piano della vita reale, si tramuta in contesti dove le famiglie stanno facendo più fatica ad arrivare a fine mese con le proprie forze. Se arriva una spesa imprevista a quattro zeri, occorre sedersi alla scrivania di una banca o un’agenzia finanziaria. E chiedere un prestito che dia modo di respirare. «Anche noi abbiamo analizzato questa situazione – commenta Mauro Carta, presidente regionale delle Acli –, e sulle famiglie ha inciso tantissimo l’aumento di prezzi dopo covid. Affitti, energia, beni di prima necessità».

«Niente risparmi» Poi c’è da dire che il topo di campagna vince sul topo di città uno a zero. La sofferenza è diffusa, non è una questione di nord o sud dell’isola, ma Carta è certo nel dire «che l’indebitamento maggiore si registra nelle aree metropolitane di Cagliari e Sassari. Per quanto abbiano un reddito pro capite più alto, il costo della vita è più caro». Le Acli si occupano di sociale ad ampio raggio, e i risultati dei numeri Mauro Carta li somma alle impressioni delle famiglie che si presentano agli sportelli di caf e altri servizi. «Perché si chiedono più prestiti e finanziamenti di prima? Stanno venendo a mancare i risparmi. Mi riferisco a quella fetta che ogni mese le famiglie mettevano da parte, e che da dieci anni a questa parte si è assottigliata sempre di più. Oggi in molti casi non si riesce a tenere una cifra da destinare a investimenti futuri».

Lo stipendio non basta Nel limbo ci sono i giovani: «I più penalizzati – suggerisce Carta – perché con lavori a tempo determinato e senza garanzie non possono accedere a un mutuo, o devono contare sull’avvallo dei genitori anche solo per comprarsi un’auto nuova». La dipendenza dall’accesso al credito, ragiona il presidente delle Acli, riguarda tutti. Anche gli impensabili. Per dire, i nuclei dove il capofamiglia porta a casa uno stipendio ben sopra la soglia della povertà, forte di un contratto a tempo indeterminato, si trova avviluppati nelle scadenze obbligate. «Sì, consideriamo anche dei buoni lavori, un capofamiglia che svolge attività in una pubblica amministrazione o una grande azienda. Un reddito medio al di sopra di 1.500 euro se deve fare i conti con un prelievo in busta paga si riduce a 800-900 euro».

Sussidi La crisi più preoccupante la soffrono le famiglie con più di un figlio. Difficoltà economiche acuite da uno strano cortocircuito. «Negli ultimi anni i sussidi programmati sono cambiati, c’è stato un passaggio dagli assegni familiari alla misura di oggi, che è l’assegno unico», che si porta dietro un contributo non esorbitante ma tutta una serie di ritenute e tassazioni «che a lungo termine creano un paradosso». Quale? «Per aver percepito questo tipo di sussidi, molte famiglie si sono ritrovate ad avere un Isee superiore alle soglie minime, senza poter rientrare in altri aiuti». Una mano dà, l’altra toglie. «Per accettare un contributo si finisce a non poter fare domanda per tanti altri che sarebbero utili, parlo di mense scolastiche, trasporto, borse di studio». (paolo ardovino)

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