La Nuova Sardegna

La storia

Il docente Alessandro Gaia: «Ecco la mia vita da precario con 1500 euro»

di Luigi Soriga
Il docente Alessandro Gaia: «Ecco la mia vita da precario con 1500 euro»

A 51 anni, dopo circa otto anni di esperienza, il docente non è ancora riuscito a mettere basi solide al proprio futuro

14 ottobre 2024
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Sassari Il contratto scadrà a giugno, e ogni 23 del mese sul conto arrivano circa 1500 euro. È la vita da precario per chi lavora nella scuola e dopo circa otto anni di esperienza non è riuscito ancora a porre basi solide al proprio futuro. Alessandro Gaia, 51 anni, ha fatto la trottola prima tra i piccoli centri, come Monti, Telti, Sedini, per poi approdare a Sorso come insegnante di sostegno. «Non è tanto la retribuzione a pesare – racconta – è piuttosto la condizione di incertezza lavorativa. Ed è un paradosso che sia proprio lo Stato, che dovrebbe essere il primo a combattere il precariato, ad essere un datore di lavoro che continua ad assumere a tempo determinato. Non a caso L’Unione europea ha bacchettato il nostro ministro per la carente politica di contrasto al precariato».

L’assunzione a tempo determinato è uno stato di limbo che condiziona il futuro: «Un esempio? Provate a chiedere un mutuo senza presentare un’assunzione a tempo indeterminato. La banca chiederà un garante, perché tu non sei considerato sufficientemente solido». In ogni modo anche lo stipendio, in Italia, resta una nota dolente. «I nostri salari non sono minimamente allineati con quelli dei nostri colleghi tedeschi o francesi. Loro prendono il doppio. E non mi vengano a dire che tutto dipende dal carovita. L’inflazione è molto alta anche qui, per non parlare della pressione fiscale alla quale sono sottoposti i lavoratori, che è anche tre volte tanto rispetto ad altri paesi dell’Ue. Perciò la discrepanza di retribuzione non trova alcun tipo di giustificazione».

Ma anche senza bisogno di paragoni con i colleghi esteri, i 1500 euro in busta paga sono considerati totalmente inadeguati dagli insegnanti rispetto al loro impegno lavorativo e soprattutto rispetto alla responsabilità educativa alla quale sono chiamati: «Ok, da contratto ci sono le tradizionali 18 ore settimanali. Ma tutto ciò che non finisce nei calcoli retributivi è l’impegno sommerso di ciascun docente che va oltre le ore di lezione. Parliamo di tutto ciò che si fa a casa, cioè la preparazione della didattica, la correzione dei compiti, le schede, le 40 ore di riunioni all’anno con gli altri colleghi e via dicendo. Tutto questo viene fatto gratuitamente e per passione». In più il precariato non riguarda solo la tipologia di assunzione, spesso precari sono anche i pagamenti e il rientro economico: «Parliamo innanzitutto di puntualità: ancora non ho visto lo stipendio di settembre, e stessa cosa per il tfr». E ancora: «Trovo profondamente ingiusto la diversità di trattamento tra un precario e un insegnante di ruolo. Facciamo lo stesso lavoro, abbiamo le stesse responsabilità, eppure gli scatti di anzianità sono calcolati diversamente, oppure noi non riceviamo la carta docente, cioè un bonus di 500 euro utile all’aggiornamento professionale. Questa, a mio parere, si chiama discriminazione».

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