La Nuova Sardegna

Intervista

Clima impazzito: «Spiagge dimezzate, turismo in crisi, Pil - 8 per cento. Il conto sarà salatissimo»

di Luigi Soriga
Clima impazzito: «Spiagge dimezzate, turismo in crisi, Pil - 8 per cento. Il conto sarà salatissimo»

Gli scenari dell’ambientalista Roberto Schirru

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Sassari La Sardegna è una terra che non riesce a proteggersi dalle ferite del cambiamento climatico. A livello planetario le alluvioni sono aumentate del 400% negli ultimi anni, e il conto in termini economici è sempre più salato.

«Le spiagge – dice l’ambientalista sassarese Roberto Schirru – pilastro dell'economia turistica sarda, rischiano di perdere il 58% della loro superficie entro il 2100, mentre l'innalzamento del livello del mare e gli eventi estremi avanzano senza sosta. L'abusivismo edilizio e il mancato rispetto delle regole idrogeologiche aggravano il problema. Ricordo ancora la catena umana alla Pelosa di Stintino organizzata nel 2007 col Wwf e Legambiente: ora la spiaggia è dimezzata. Non dimentichiamo che la Sardegna e il Mediterraneo si trovano all’interno di un hotspot climatico: negli ultimi due secoli l’innalzamento delle temperature nell’isola sono state di 1.7 gradi, contro l’1,1 della media planetaria. Se non si frena il surriscaldamento, nello scenario peggiore si stima in Sardegna una riduzione degli introiti turistici del 59% entro la fine del secolo».

Anche l'agricoltura soffre in silenzio. Le api, sentinelle della biodiversità, vedono dimezzarsi la produzione di miele. «Senza contare le malattie e i virus che proliferano con le alte temperature che decimano il bestiame, moltiplicando i costi per un settore già in crisi». Se si parla di infrastrutture, lo scontrino si allunga ulteriormente: «Alluvioni, smottamenti, frane hanno costi enormi – prosegue Schirru – già mancano le risorse per la manutenzione ordinaria, figuriamoci per far fronte a eventi estremi. Le strade, come la Alghero-Bosa, restano dismesse, o mi viene in mente il tratto dalla Roccia dell’Elefante a Sedini. Sono tutti segni tangibili di un territorio lasciato a combattere da solo contro forze più grandi di lui. I bilanci pubblici prevedono capitoli per alzare i ponti e rafforzare gli argini, per pulire i canali. La spesa sta diventando insostenibile».

Se spostiamo lo sguardo sulla Penisola, la situazione è altrettanto drammatica: «Dal 1999 al 2018, l'Italia ha registrato 19.947 decessi legati a eventi meteorologici estremi, con perdite economiche pari a 32,92 miliardi di dollari. Le previsioni sono ancora più nere: a partire dal 2050, il costo del cambiamento climatico potrebbe erodere fino all’8,5% del Pil nazionale. Già oggi, il nostro Paese detiene un triste primato: 284 euro persi ogni anno per abitante a causa di fenomeni estremi, un record in Europa».

Il cambiamento climatico però non conosce confini, e il suo impatto economico è già devastante. «Ogni ora, il mondo perde 16 milioni di dollari a causa degli eventi climatici estremi, una cifra che potrebbe salire a 2 trilioni di dollari nei prossimi dieci anni – dice Roberto Schirru – La riduzione media del reddito globale potrebbe raggiungere il 19% entro il 2050, mentre le perdite economiche annuali potrebbero superare i 38.000 miliardi di dollari. Si stima che in Europa, dieci milioni di persone abbiano già perso la vita a causa di colpi di calore e inquinamento atmosferico. Gli incendi devastano le foreste americane, le inondazioni sommergono l’Asia, le siccità spogliano l’Africa. Ma le azioni globali restano troppo lente, incapaci di invertire una rotta che sembra ormai segnata». Ad affermarlo, con uno studio pubblicato su Nature, sono alcuni ricercatori del Potsdam Institute for Climate impacts Research (PIK) che hanno analizzato 40 anni di dati e utilizzando modelli innovativi hanno tracciato gli scenari futuri, e scoperto un inquietante paradosso: «I danni economici superano già di sei volte i costi di mitigazione necessari per limitare il riscaldamento globale a 2°C in questo arco di tempo a breve termine".


 

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