Abbanoa sfida Greenpeace: «Allarmismo eccessivo, rispettati tutti i parametri»
L’avvocato Andrea Viola: «Gli utenti pagano ma l’acqua non è potabile»
Sassari Dopo il recentissimo studio di Greenpeace che segnala condotte di acqua potabile contaminate in tutta Italia e anche in Sardegna, con 11 campioni su 13 inquinati da sostanze Pfas, alzano la mano da Golfo Aranci. Andrea Viola, esponente di Italia Viva per la Gallura e avvocato, attacca: «Abbanoa fa pagare agli utenti un servizio di acqua potabile quando di fatto non lo è». Di contro, Abbanoa con una nota parla di «eccessiva enfasi allarmistica» del rapporto dell’organizzazione ambientalista. E assicura che con migliaia di campioni analizzati ogni anno, «monitora costantemente e accuratamente le caratteristiche dell’acqua».
Secondo Greenpeace, il 79% dell’acqua potabile in Italia contiene sostanze che nel lungo periodo si rivelano nocive. E in Sardegna la città più a rischio è Olbia, con una quantità di Pfas di 48 nanogrammi per litro, che la piazza al sesto posto tra i centri più a rischio in assoluto. Ma anche Sassari e Alghero non sorridono. Sulla questione interviene Viola in qualità di legale: «È una storia che va avanti da tempo e su cui finalmente si fa luce – sostiene –. Nel novembre 2015 presentai un esposto alla Procura di Tempio. Mentre il Comune pubblicava ordinanze sul divieto di utilizzo dell’acqua, le bollette di Abbanoa schizzavano alle stelle. Oltre al danno, la beffa. Assisto alcuni utenti che in bolletta si ritrovano gli oneri a prezzo pieno per avere l’acqua potabile, quando in contesti come quello di Golfo Aranci è possibile ridurla al 50%». Andrea Viola parla di «difetti di gestione» che portano i cittadini, il più delle volte, a utilizzare l’acqua per il minimo necessario. E nel dubbio, per cucinare, meglio riempire la pentola da una bottiglia del frigo che dal rubinetto. «Non do la colpa ad Abbanoa, ma di fatto dal 2006 ha la gestione degli impianti. E non è possibile avere continui disagi e contenziosi».
Dagli uffici del gestore del servizio idrico dell’isola, però, replicano. In merito all’allarme lanciato da Greenpeace sulla presenza di Pfas nelle acque di rete, Abbanoa precisa: «I dati diffusi, nonostante un’eccessiva enfasi allarmistica del rapporto, se effettivamente reali dimostrerebbero al contrario il rispetto dei parametri previsti dalle normative che fissano il limite a 100 nanogrammi per litro. Olbia, che viene indicata dal rapporto come centro con il valore più alto sarebbe quindi a meno della metà del limite». Riguardo l’attività di monitoraggio, fatta con 13 campioni per lo più di fonti pubbliche, Abbanoa segnala: «Ci sono incongruenze inspiegabili. Cagliari e Quartu sono alimentati dallo stesso acquedotto ma hanno valori del tutto differenti: 21 contro 1,8. I Pfas sono legati perlopiù all’inquinamento di attività industriali intensive con effetti sulle acque sotterranee di falda. L’approvvigionamento idrico della Sardegna ha il record nazionale (75%) di dipendenza dagli invasi artificiali, e quindi da acque di superficie, che si trovano in contesti per lo più montani non certo caratterizzati da attività industriali». L’ente si dice disposto a «immediate controverifiche». Assicura che il laboratorio di riferimento per i controlli chimico-fisici e microbiologici, «preleva circa 8.000 campioni di acque potabili, mediante i quali monitora costantemente e accuratamente le caratteristiche dell’acqua e la sua rispondenza ai requisiti di legge».