Aou di Sassari, terapia intensiva cade a pezzi: «Pazienti a rischio»
I direttori della Rianimazione: «Non possiamo garantire adeguata sicurezza e cure«
Sassari Il Santissima Annunziata di Sassari è un ospedale che da anni combatte con i suoi stessi acciacchi: quelli scritti non nelle cartelle cliniche, ma sui muri che si sgretolano, sui pavimenti che si sollevano, sugli impianti elettrici non a norma che minacciano blackout, sul sovraffollamento cronico. L’ospedale è diventato lui stesso un paziente che ha bisogno di cure immediate.
A chiedere un rapido intervento di ristrutturazione sono i direttori del reparto di Terapia Intensiva Emergenza-Urgenza, ovvero uno dei cuori pulsanti dell’Aou. E ciò che scrivono i medici ai vertici aziendali, lascia ben pochi dubbi sulle condizioni di degrado in cui si trovano ad operare: «La situazione è talmente grave – denunciano i responsabili Leonardo Bianciardi e Alessandro Nasone – che esprimiamo formalmente l’impossibilità ad assumerci ulteriori responsabilità in caso di malfunzionamenti degli impianti o di qualsiasi altra problematica che possa compromettere la sicurezza dei pazienti e la qualità del lavoro del personale sanitario. In particolare, la mancanza di adeguate condizioni operative e di sicurezza ha generato una situazione di allarme tale da non poter più essere tollerata, mettendo a rischio non solo la funzionalità del reparto, ma anche la salute e il benessere dei pazienti».
Bisogna considerare per prima cosa la tipologia di reparto. È vero che ogni locale di un presidio sanitario dovrebbe essere perfetto e lucente, ma c’è differenza tra un luogo di degenza e un luogo dove i pazienti sono sempre in sottile equilibrio tra la vita e la morte. Alla voce Terapia Intensiva, o più semplicemente Rianimazione, il sito dell’Aou recita: “È una struttura altamente specializzata che garantisce un'assistenza medica e infermieristica di alta qualità, focalizzandosi sulla sicurezza e sull'appropriatezza delle cure, in linea con i migliori standard del settore. Il reparto si occupa di pazienti in condizioni critiche, con compromissioni di funzioni vitali come quelle respiratorie, cardiache e renali, causate da malattie acute o interventi chirurgici complessi”.
Questa la versione aziendale, quest’altra la descrizione di chi ci lavora ogni gio: «Le attuali condizioni degli ambienti sono preoccupanti. I muri delle stanze mostrano evidenti segni di usura, con crepe, distacchi di intonaco e deterioramento della vernice, che non solo compromettono l'estetica ma pongono anche rischi igienico-sanitari». C’è anche un problema di dignità e riservatezza per le persone ricoverate. «Le stanze non sono progettate in modo adeguato per garantire la privacy e il comfort dei pazienti. La mancanza di isolamento acustico e l’attuale disposizione, insieme alla pregressa chiusura di un posto letto, causa inadeguata superficie dedicata, rendono difficile il trattamento dei pazienti in modo riservato e la gestione delle loro necessità in un ambiente adeguato alla gravità delle condizioni». Mancano anche i testaletto in ogni postazione, e questo rende più scomodo il ricovero ai pazienti e più complicate le cure per il personale. Non è solo un fatto logistico o estetico, è la qualità dell’assistenza che rischia di scricchiolare. Esattamente come il pavimento di Rianimazione: il linoleum, posato frettolosamente sopra vecchie piastrelle, si solleva qua e là, un tappeto malfermo sotto i passi di chi ogni giorno lotta per salvare vite.
Poi c’è l’altra ferita aperta, cioè l’inadeguatezza degli impianti: «Un altro aspetto critico riguarda la non conformità degli impianti – scrivono ancora i direttori del reparto – in particolare quelli elettrici, idrici e dei gas medicali, che non rispondono agli standard di sicurezza e funzionalità necessari per il corretto funzionamento di una Terapia Intensiva. L’impianto elettrico non è conforme alle normative vigenti in termini di potenza, sicurezza e distribuzione dell’energia, con rischi potenziali legati alla gestione di apparecchiature elettromedicali altamente sensibili». In un’ala della rianimazione ci sono addirittura cavi volanti. I quadri elettrici delle stanze sono ormai mal fissati e tendono a staccarsi dai muri. L’illuminazione non ha la regolazione di intensità, e ciò crea un ambiente stressante, soprattutto nelle ore notturne. La riduzione dell'intensità luminosa, ad esempio, garantirebbe un migliore riposo dei pazienti. Anche l’impianto idrico dovrebbe essere riammodernato per garantire una fornitura costante e sicura di acqua, essenziale per le necessità igienico-sanitarie.
Così come la rete dei gas medicali: «Presenta evidenti criticità nella distribuzione e nel controllo dei flussi, con il rischio di non garantire un’efficace e tempestiva somministrazione dei gas vitali per i pazienti in terapia intensiva». Un altro punto dolente è l’assenza di sale di accoglienza per i familiari dei pazienti in terapia intensiva. «La presenza di familiari e il loro supporto psicologico durante il periodo di degenza sono fondamentali». Ma al momento non ci sono spazi disponibili, e a farne le spese sono i pazienti, che talvolta devono rinunciare al supporto emotivo dei propri cari. Un problema, quello della carenza di metri quadri, che ben conoscono anche gli operatori di Cardioanestesia: gli spazi sono talmente angusti che medici e pazienti condividono lo stesso disagio: stipati come in una scatola.