Il vescovo di Ozieri alla Diocesi: «Estraneo alle accuse, l’impegno per i poveri va avanti»
Lettera aperta di don Corrado Melis dopo il rinvio a giudizio per i fondi del Vaticano: «Questa è una delle pagine più buie per la nostra Chiesa»
Sassari Il vescovo di Ozieri don Corrado Melis, subito dopo la notizia del rinvio a giudizio insieme ad altri 8 imputati nell’ambito del processo sui fondi del Vaticano, ha scritto una lettera alla sua comunità diocesiana, indirizzata ai sacerdoti, diaconi, religiose, seminaristi e fedeli. Don Corrado ribadisce la sua estraneità ai fatti contestati, e conferma l’impegno della diocesi a favore delle persone bisognose.
«Stiamo vivendo certamente una delle pagine più sofferte e delicate della storia della nostra Chiesa diocesana. Sono giorni di prova, di interrogativi, di dolore per chi ama questa comunità e vi ha dedicato la propria vita. Come per Gesù, la mia preghiera non dubita dell’amore di Dio. Anche io lo chiamo e lo sento ora più che mai “Padre”. In quella notte del Getsemani, anzi, nella grande solitudine di quella notte, l’unica cosa certa di Gesù è l’amore del Padre: «Padre, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà» (cf. Lc 22,42). Queste poche e povere righe – scrive il vescovo di Ozieri – non vogliono essere una difesa della mia persona. Ma sento una incombente priorità: quella di prendermi a cuore il popolo che mi è stato affidato e di cui devo rendere conto al Pastore supremo. Mi interessa custodire la storia di fede di ciascuno di voi che leggete, come anche quella di chi sente il peso lecito del dubbio, delle contraddizioni e dello scandalo. Proprio per questo, per prima cosa, voglio confermare l’estraneità delle accuse e con forza l’impegno della diocesi a favore dei poveri e contro ogni forma di indigenza, ingiustizia e disagio materiale e spirituale. Tante nostre scelte possono essere messe in dubbio, ma su questa priorità non siamo disposti a cedere di un centimetro. E proprio adesso mi sento rassicurato dai volti di tante persone incontrate e servite con amore in questi anni, oltre che dalla mia storia di fede e dalla vicinanza affettuosa di tanti amici del popolo di Dio. Solo così so di poter affrontare ulteriori fatiche che si fanno sempre più umilianti. Ora, da cittadino e uomo di fede, non riesco a tacere il dolore per l’ingiustizia, reso ancora più forte dalla percezione che nel mondo dei tribunali, delle indagini e dei processi (ambienti a me completamente sconosciuti) ci sia qualcuno che ha il potere di rendere impossibile la vita. Questo atteggiamento è causa di grande amarezza per la vita mia e di molti altri coinvolti».
La lettera aperta va avanti: «Eppure, anche in quest’ora, la cosa più bella, più vera, più umana che ciascuno di noi può incontrare è la parola di Gesù. Il Vangelo ci fa rientrare in noi stessi e ci fa sostare tra le prime file davanti alla croce di Gesù. Guardando il Crocifisso emerge una certezza per me: chi ha con sé la parola di Gesù non diventerà mai disumano fino a provare odio per chi accusa, aggredisce e mette alla gogna mediatica la dignità umana. Quel libro della Parola che il giorno della mia consacrazione a Vescovo di Ozieri è diventata il tetto sotto cui costruire la casa dei figli e ripararli dalle intemperie sveglia ogni giorno la mia vita dalla follia dell’odio e fa ritrovare me stesso come uomo vigile e innamorato della vita, degli uomini e di Dio».
In conclusione della lettera, i ringraziamenti: «Di fronte alla minaccia della dispersione e della discordia, mi sento di ringraziare chi mi tende la mano ogni giorno e la tiene ben stretta. E ringraziare in maniera speciale chi in questa diocesi tiene le mani ben strette a chi è facile preda della disperazione e rischia la dispersione. Ringrazio perciò sacerdoti e laici amici infaticabili del Vangelo. Questo, infine, vi chiedo con umiltà: non scoraggiamoci».