La Nuova Sardegna

I retroscena

Sassari, dopo la grazia Mesina aveva in mente un sequestro lampo

si Luca Fiori
Sassari, dopo la grazia  Mesina aveva in mente un sequestro lampo

A casa sua fu trovata la foto di un manager di Coopservice. Il piano prevedeva il suo rapimento e poi l’assalto al caveau

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Sassari Il piano per mettere a segno un sequestro lampo - per introdursi nel caveau della Coopservice a Caniga - era stato scoperto a giugno del 2013, quando Graziano Mesina era finito in manette, insieme ad altre 25 persone accusate di appartenere a due organizzazioni criminali. Durante il blitz nella sua casa di Orgosolo era stata trovata una foto di Gavino Satta, imprenditore di Uri con un posto nel consiglio di amministrazione della Coopservice, colosso della sorveglianza con sede a Reggio Emilia e base operativa alla periferia di Sassari. Mesina aveva pensato di prelevarlo durante il tragitto tra la sua abitazione di Uri e la sede di Caniga e poi farsi consegnare il denaro presente nella sede della società di sorveglianza e magari anche le armi. Dopo la grazia e la libertà riconquistata, l’ex primula rossa del Supramonte aveva riallacciato rapporti nel mondo sommerso delle campagne ma - potendosi muovere liberamente - aveva spostato i suoi obiettivi anche in città, dove le sue visite, anche alla luce del sole, non erano rare.

Già dal 2008, secondo i carabinieri di Nuoro che da quell’anno avevano iniziato a seguirlo, Mesina veniva a Sassari anche per studiare i movimenti di Satta. Insieme alla sua foto, che inizialmente non aveva detto niente agli investigatori, c’era la piantina del rione di Caniga in cui si trova la società di cui Satta è responsabile. Con le vie d’accesso e di fuga per raggiungere e allontanarsi dalla Coopservice. La conferma della pianificazione del rapimento, per gli uomini del nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Nuoro, era arrivata durante un’intercettazione ambientale che risale al 12 aprile 2012. La microspia sistemata nella Porsche Cayenne dell’ex primula rossa aveva captato una conversazione in cui Mesina aveva confidato al suo autista Giovanni Filindeu l’intenzione di prelevare i familiari di una persona di Sassari per costringerla ad andare in banca a ritirare il contenuto di una cassetta di sicurezza. In realtà, ma questo era emerso solo dopo l’arresto di Mesina e il ritrovamento della foto di Gavino Satta, più che di una banca e di una cassetta di sicurezza si trattava del caveau della Coopservice, la società emiliana che il primo gennaio 2010 aveva incorporato l’Istituto di Vigilanza Executive di Sassari, storica cooperativa di vigilanza attiva sull’isola dal 1976.

Nonostante l’arresto di Mesina, per un periodo Gavino Satta – avvisato dai carabinieri dello scampato pericolo – era stato protetto a distanza. E la dimostrazione che la gestione di un sequestro lampo non sarebbe stato per lui un problema, Mesina l’aveva data a ottobre del 2009, quando Vittorio Denanni, allevatore di Chiaramonti finito in manette nel blitz del 2013 proprio insieme al bandito di Orgosolo, aveva dovuto pagare ventimila euro dopo che il figlio era stato preso in ostaggio. Denanni - avevano ricostruito i carabinieri - aveva acquistato cocaina dal gruppo guidato da Mesina, contraendo un debito di 37mila euro. E siccome si era attardato nei pagamenti, era stato visitato personalmente da Grazianeddu. Mesina si era presentato a casa di Denanni e aveva, di fatto, preso in ostaggio il figlio. Il ragazzo era stato obbligato a chiamare il padre e a raccontare la situazione in cui si trovava, con «quella gente in casa». Dopo le minacce al figlio, Denanni aveva recuperato e consegnato a Mesina 20mila euro. Per gli altri 17mila euro, a marzo del 2012, nuovo blitz con minacce: la banda di Mesina - secondo gli investigatori - aveva venduto 15 vacche dell’allevamento di Denanni e incassato direttamente il denaro.

 

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