Maggiore attenzione alla salute mentale
Noemi Sanna *
L'INTERVENTO - Una persona su cinque, nel corso della sua vita, è colpita dalla depressione: malattia spesso non curata adeguatamente e che pesa sulla spesa sanitaria
13 ottobre 2017
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Il 10 ottobre è stata celebrata la Giornata Mondiale della Salute Mentale. Il problema della sofferenza psichica continua ad essere oscurato da false credenze e pesanti tabù che contribuiscono allo stigma e ne impediscono una cognizione consapevole del fenomeno malgrado il disagio psichico sia in continua crescita.
La depressione maggiore è tra le patologie più diffuse. Vi è una prevalenza nella popolazione femminile (17% contro 9%). La donna presenta maggiore vulnerabilità sia di tipo biologico (ciclo ormonale, gravidanze, menopausa) che di tipo ambientale. L’attitudine, tutta femminile, di saper mettere insieme diverse realtà: attività lavorativa, accudimento familiare, gestione della attività domestica, la espone più frequentemente e intensamente a fattori stress-correlati contribuendo ad aumentarne la vulnerabilità verso malattie sensibili. Anche negli adolescenti si assiste ad un aumento fino al 18% di disagio psichico. D’altra parte è noto che circa il 50% dei disturbi mentali ha origine nell'adolescenza. Secondo l’Oms nel 2020 la depressione maggiore sarà la seconda causa di invalidità.
Troppo spesso è sottovalutata, forse perché confusa con la normale tristezza. In realtà è una vera e propria malattia sistemica che compromette l’intero organismo. Il cervello del depresso, per esempio, secondo recenti ricerche, appare ispessito rispetto alla norma. Ispessimento che tende a scomparire con la somministrazione di adeguata terapia. Anche gli ormoni e i neurotrasmettitori (sostanze deputate al funzionamento delle funzioni vitali) sono alterati nella loro quantità, qualità e funzionamento.
Una persona su cinque, nel corso della sua vita, è colpita dalla malattia depressiva. Nel 60% dei casi si ricerca un trattamento, ma è solo il 30% di costoro che lo riceve. Tra i pazienti trattati solo nel 25% dei casi il trattamento è efficace: vuoi perché si ricorre al medico troppo tardi, vuoi perché, spesso, i farmaci prescritti, vengono assunti in dosi sub terapeutiche risultando, quindi, inefficaci. La malattia ha un andamento ciclico ed un elevato rischio di recidiva: dopo il primo episodio tale rischio è del 50%, dopo il secondo del 70%, dopo il terzo del 90%. L’evoluzione cronica è frequente. Il fatto che non venga riconosciuta, non venga adeguatamente curata, presenti un alto rischio di recidiva e cronicizzazione, comporta una durata media di disabilità superiore a quella di qualunque altra patologia. Incide sulla spesa sanitaria quanto le cardiopatie. Aumenta di 2/3 il periodo di degenza ospedaliera di qualunque altra malattia e aumenta, fino al doppio, la mortalità di malattie concomitanti. È noto, infine, che i depressi utilizzano più di chiunque altro i servizi della sanità pubblica.
Dati sul costo economico della depressione risalenti al 2004 stimano a circa 235 euro per abitante, pari a 118 miliardi di euro nell'Ue e a 25 nei Paesi dell'Efta. Il costo diretto, a carico del sistema sanitario è gravoso, ma la quota maggiore, pari al 65%, ricade su settori al di fuori di quello strettamente sanitario: le assenze dal lavoro, le inabilità lavorative e i prepensionamenti. Si è calcolato che le conseguenze economiche complessivamente considerate determinerebbero la perdita di 3/4 punti percentuali del Pil. Altrettanto importante è il costo umano della depressione. Un elevato tasso di suicidi è l’esito drammatico della malattia. Ma oltre a ciò ricordiamo che si tratta di persone tristi, sfiduciate, che vivono forti sentimenti di auto svalutazione, incapaci di proiettarsi nel futuro e che finiscono per perdere il senso stesso della propria vita.
La salute mentale, oltre ad essere un bene imprescindibile per il benessere di ciascuno è anche base indispensabile per uno sviluppo economico e sociale adeguato. Non basta fornire standard minimi di offerta sanitaria adeguando il personale e migliorando le strutture dei servizi, occorre anche intraprendere campagne di sensibilizzazione mirate ad una migliore politica di prevenzione della sofferenza mentale e di eliminazione dello stigma.
*medico psichiatra
La depressione maggiore è tra le patologie più diffuse. Vi è una prevalenza nella popolazione femminile (17% contro 9%). La donna presenta maggiore vulnerabilità sia di tipo biologico (ciclo ormonale, gravidanze, menopausa) che di tipo ambientale. L’attitudine, tutta femminile, di saper mettere insieme diverse realtà: attività lavorativa, accudimento familiare, gestione della attività domestica, la espone più frequentemente e intensamente a fattori stress-correlati contribuendo ad aumentarne la vulnerabilità verso malattie sensibili. Anche negli adolescenti si assiste ad un aumento fino al 18% di disagio psichico. D’altra parte è noto che circa il 50% dei disturbi mentali ha origine nell'adolescenza. Secondo l’Oms nel 2020 la depressione maggiore sarà la seconda causa di invalidità.
Troppo spesso è sottovalutata, forse perché confusa con la normale tristezza. In realtà è una vera e propria malattia sistemica che compromette l’intero organismo. Il cervello del depresso, per esempio, secondo recenti ricerche, appare ispessito rispetto alla norma. Ispessimento che tende a scomparire con la somministrazione di adeguata terapia. Anche gli ormoni e i neurotrasmettitori (sostanze deputate al funzionamento delle funzioni vitali) sono alterati nella loro quantità, qualità e funzionamento.
Una persona su cinque, nel corso della sua vita, è colpita dalla malattia depressiva. Nel 60% dei casi si ricerca un trattamento, ma è solo il 30% di costoro che lo riceve. Tra i pazienti trattati solo nel 25% dei casi il trattamento è efficace: vuoi perché si ricorre al medico troppo tardi, vuoi perché, spesso, i farmaci prescritti, vengono assunti in dosi sub terapeutiche risultando, quindi, inefficaci. La malattia ha un andamento ciclico ed un elevato rischio di recidiva: dopo il primo episodio tale rischio è del 50%, dopo il secondo del 70%, dopo il terzo del 90%. L’evoluzione cronica è frequente. Il fatto che non venga riconosciuta, non venga adeguatamente curata, presenti un alto rischio di recidiva e cronicizzazione, comporta una durata media di disabilità superiore a quella di qualunque altra patologia. Incide sulla spesa sanitaria quanto le cardiopatie. Aumenta di 2/3 il periodo di degenza ospedaliera di qualunque altra malattia e aumenta, fino al doppio, la mortalità di malattie concomitanti. È noto, infine, che i depressi utilizzano più di chiunque altro i servizi della sanità pubblica.
Dati sul costo economico della depressione risalenti al 2004 stimano a circa 235 euro per abitante, pari a 118 miliardi di euro nell'Ue e a 25 nei Paesi dell'Efta. Il costo diretto, a carico del sistema sanitario è gravoso, ma la quota maggiore, pari al 65%, ricade su settori al di fuori di quello strettamente sanitario: le assenze dal lavoro, le inabilità lavorative e i prepensionamenti. Si è calcolato che le conseguenze economiche complessivamente considerate determinerebbero la perdita di 3/4 punti percentuali del Pil. Altrettanto importante è il costo umano della depressione. Un elevato tasso di suicidi è l’esito drammatico della malattia. Ma oltre a ciò ricordiamo che si tratta di persone tristi, sfiduciate, che vivono forti sentimenti di auto svalutazione, incapaci di proiettarsi nel futuro e che finiscono per perdere il senso stesso della propria vita.
La salute mentale, oltre ad essere un bene imprescindibile per il benessere di ciascuno è anche base indispensabile per uno sviluppo economico e sociale adeguato. Non basta fornire standard minimi di offerta sanitaria adeguando il personale e migliorando le strutture dei servizi, occorre anche intraprendere campagne di sensibilizzazione mirate ad una migliore politica di prevenzione della sofferenza mentale e di eliminazione dello stigma.
*medico psichiatra