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Sassari

Viaggio nei circoli sassaresi, Raggio D'Oro: «Dal 1945 custodiamo le tradizioni della città»

di Luca Fiori
Viaggio nei circoli sassaresi, Raggio D'Oro: «Dal 1945 custodiamo le tradizioni della città»

Nella sede del Corso 100 soci portano avanti la missione degli storici fondatori

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SASSARI. A giugno spegnerà novanta candeline eppure ogni mattina si mette al volante e con calma raggiunge Sassari da Osilo per scambiare due chiacchiere e fare una partita a carte con gli amici di una vita.

Giovanni Antonio Saba, pizzetto curato e giubbotto in pelle da ragazzino, ricopre l’incarico di presidente del circolo “Raggio d’Oro” da dieci anni, ma da una cinquantina ha la tessera di “socio effettivo” di cui va sempre fiero. Dopo aver guidato per una vita i pullman dell’Arst questo arzillo e lucido vecchietto ora porta avanti - con la stessa energia di quando macinava chilometri su e giù per la Sardegna - l’attività del più longevo circolo ricreativo della città.

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«Sono stato nominato anche cavaliere e ufficiale della Repubblica - racconta con orgoglio il presidente Saba - e le pergamene sono appese qui in sede, che per me è una seconda casa». Era il 1945 quando un gruppo di diciotto amici (il più anziano era nato nel 1886 e il più giovane nel 1913) decise di creare un dopo lavoro in cui trascorrere le serate e le giornate di festa anche con le famiglie.

La maggior parte erano muratori, ma c’erano anche falegnami, contadini, un marmista, un tipografo, un vigile urbano, un conciatore, un frantonaio e tre vermicellai, che altro non erano che i dipendenti del pastificio Pesce che si occupavano di fare la pasta. La prima sede del Raggio d’Oro si trovava in porta Sant’Antonio, in un’ala del vecchio edificio che oggi ospita la comunità Mondo X di padre Salvatore Morittu.

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«Non esiste niente di scritto - racconta il segretario del circolo Giuseppe Sanna, elettrotecnico di 45 anni - ma la storia che si tramanda di generazione in generazione è piena di fascino e suggestione. Mentre ripulivano il giardino di quella che poi fu la sede sociale per circa quarant’anni - spiega Sanna - i nostri predecessori trovarono sotto terra una statua della Madonna e un raggio di una bicicletta». Quel raggio dorato diede il nome al circolo e quella Madonnina divenne la protettrice dei soci. «L’abbiamo sempre portata con noi - prosegue il segretario - nella seconda sede di vicolo Don Muresu dove siamo stati dal 1986 al 2010, in quella di piazza Tola, in quella di via Monache Cappuccine e in questa di Corso Vittorio Emanuele». L’ultimo trasloco risale al 2016. Oggi il circolo conta un centinaio di tesserati, ma sono poco più di sessanta i soci effettivi, quelli che partecipano alle attività e alle spese necessarie per mandare avanti l’associazione che naturalmente non può avere fini di lucro. «Portiamo avanti quello che abbiamo imparato dai nostri genitori - raccontano i membri del direttivo - per molti di noi il Raggio d’Oro è infatti una questione di famiglia. Questo posto è nato per l’esigenza di un gruppo di amici che quasi ottant’anni fa aveva piacere nel ritrovarsi alla fine della giornata lavorativa, giocare a carte o organizzare occasioni conviviali. Oggi - spiegano - in realtà non è cambiato niente. Gli anziani della zona qui trovano gli amici, leggono il giornale e fanno una partita a carte».

In tutta la città, sparsi dal centro alle periferie i circoli sono circa duecento - forse di più - e intorno a ogni cambusa, a ogni “grabiglia” rovente, ruota un mondo fatto di biliardini e mazzi di carte scolorite. Un pianeta con i suoi abitanti, i suoi tornei di Mariglia o di calcetto, che custodisce storie, aneddoti e tradizioni di una Sassari che non potrebbe conservarsi così bene in un nessun altro posto. «Anni fa il Comune ci offrì una sede in un altro quartiere - racconta il segretario Giuseppe Sanna - ma noi siamo nati al centro storico e da qui non andremo mai via. Dal 1945 sono cambiate tante cose e anche la città è cambiata - aggiunge - ma ci piace pensare che la nostra attività, fatta qui al centro con i tornei di Mariglia, la presentazione di libri o l’organizzazione di eventi o gite sociali, possa servire in piccola parte a custodire le tradizioni di una Sassari che piano piano sta scomparendo».

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