La Nuova Sardegna

Sassari

La sentenza

Licenziata dalla Coin di Sassari, la Cassazione: «Atto illegittimo, la festività è un diritto garantito»

di Nadia Cossu
Licenziata dalla Coin di Sassari, la Cassazione: «Atto illegittimo, la festività è un diritto garantito»

Accolto il ricorso di una dipendente che nel 2017 era stata cacciata dall’azienda perché non si era presentata al lavoro nel giorno di Ognissanti

03 luglio 2024
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Sassari A novembre del 2017 erano state licenziate in tronco dalla Coin – dove erano dipendenti da più di quindici anni – perché non erano andate al lavoro nel giorno di Ognissanti, un festivo dunque. Dopo poco avevano ricevuto dall’azienda la lettera di licenziamento “per giusta causa”. Le due lavoratrici, madri di due bambini piccoli, avevano allora deciso di chiedere tutela legale per ottenere il reintegro.

Da quel momento è cominciata la lunga vicenda giudiziaria che, in particolare per una delle due dipendenti, si è recentemente conclusa in via definitiva. La Cassazione, cui aveva presentato ricorso l’avvocato Nanni Campus per conto della sua assistita, ha infatti ritenuto illegittimo il licenziamento. Alla base della decisione un diritto garantito al lavoratore: quello del riposo nel giorno di festa. Salvo diversi accordi aziendali. Che nel caso specifico non c’erano.

La Suprema corte ha cioè ritenuto valido l’accordo che era stato sottoscritto dalla dipendente in sede “protetta” – alla presenza del sindacato – nel quale non c’era alcun riferimento alla rinuncia al riposo nelle domeniche e nei giorni festivi. E nel 2017 lei, come anche la sua collega, avevano dato un ampio preavviso di assenza all’azienda. Che non era servito a nulla, visto come sono andate poi le cose.

A maggio del 2019 il giudice del lavoro Maria Angioni aveva dato ragione alla dipendente, non altrettanto aveva fatto la corte d’appello che nel 2020 – accogliendo il reclamo proposto dalla Coin – aveva invece dichiarato legittimo il licenziamento disciplinare. A chiudere definitivamente la “pratica” ci hanno ora pensato i giudici di Roma che hanno cassato la sentenza impugnata e rinviato alla corte d’appello di Cagliari in diversa composizione “per la rivalutazione delle questioni – scrivono – relative alla selezione della tutela appropriata”. Che potrebbe essere, ad esempio, il reintegro nel posto di lavoro.

«La Cassazione – spiega l’avvocato Nanni Campus – in accoglimento del ricorso in tema di festività infrasettimanali, ricorda che la normativa (legge n. 260 del 1949, come modificata dalla legge n. 90 del 1954) sia completa e autosufficiente nel riconoscere al lavoratore il diritto soggettivo di astenersi dal prestare la propria attività lavorativa in occasione di determinate festività celebrative di ricorrenze civili e religiose. Con la conseguenza che lo stesso diritto non può essere posto nel nulla dal datore di lavoro, potendo la rinuncia al riposo nelle festività infrasettimanali esistere solo in forza di un accordo tra azienda e lavoratore o di accordi sindacali stipulati da organizzazioni sindacali, cui il lavoratore abbia conferito esplicito mandato». La Suprema corte, quindi, valutando complessivamente l’abuso del potere disciplinare da parte della Coin srl ha accolto il ricorso della dipendente.

All’epoca dei fatti la vicenda che aveva visto protagoniste le due lavoratrici aveva suscitato parecchia attenzione. Anche perché proprio in quel periodo c’erano state polemiche sulla richiesta delle grandi aziende commerciali ai propri dipendenti di lavorare nei giorni festivi per un’apertura al pubblico in pratica 365 giorni all’anno. Soprattutto i centri commerciali e la grande distribuzione si erano ritrovati a fare i conti con sit-in di protesta e minacce di scioperi da parte dei loro dipendenti che rivendicavano il diritto al riposo, a godere delle festività in famiglia e a potersi occupare dei propri congiunti.

«Siamo in questi giorni bersaglio di critiche di chi si lamenta perché il lavoro non ce l’ha – avevano detto in quei giorni frenetici le due dipendenti licenziate – Ma è anche per loro che noi portiamo avanti la nostra battaglia. Il punto non è l’eticità o meno del lavoro nei festivi, ma il rispetto della prerogativa contrattuale di non dover lavorare sempre. Il giusto bisogno di essere tutelati quando si hanno dei figli. La convinzione che il lavoro, in questi tempi drammatici, è un dono. Ma difendere la propria dignità e i propri diritti è un dovere».

Sacrosante considerazioni, sempre attuali, che – come è evidente – hanno trovato anche il favore della giurisprudenza.

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