Sassari «Certi comportamenti, a maggior ragione se i protagonisti sono minori, vanno fermati in tempo, per evitare che degenerino in più gravi reati». Il commissario capo Roberto Piliu è il dirigente della Divisione anticrimine della questura di Sassari che alcuni giorni fa ha notificato, a firma del questore Filiberto Mastrapasqua, l’avviso orale alle quattro ragazzine indagate dalla Procura dei minori. Hanno 14 e 15 anni e sono accusate del reato di lesioni per un fatto accaduto a dicembre quando, dopo averla attirata con un inganno, hanno fatto uscire di casa una coetanea e – mentre tre di loro stavano a guardare – la quarta la picchiava. Colpendola con ginocchiate, schiaffi, tirandole i capelli e sbattendole la testa contro il muro. Un classico comportamento «da branco – precisa Piliu – che ha determinato l’emissione del provvedimento nei loro confronti». Un modo di agire, quello delle quattro ragazzine, contraddistinto da due requisiti in particolare: «Quelli del branco, appunto: l’aver avuto ciascuna un ruolo preciso e la condivisione di intenti», spiega il commissario capo.
Quel giorno di dicembre una 14enne avrebbe chiamato al cellulare la vittima e le avrebbe chiesto di uscire. Era una sua amica e si fidava, per questo non aveva avuto alcuna difficoltà a raggiungerla. Salvo poi trovarsi accerchiata e aggredita da una di loro. «Si è trattato di un episodio molto grave – ha confermato il dirigente – e se è vero che a colpire è stata soltanto una, il concorso delle altre c’è stato e per questa ragione il questore ha ritenuto necessario estendere l’avviso orale a tutte». La paura, sia dei genitori che delle stesse minori, quando hanno ricevuto la convocazione in questura, era palpabile: «Erano tutti comprensibilmente spaventati – ha detto Piliu – ma anche questa reazione dimostra l’efficacia del provvedimento. L’avviso termina e si cancella al compimento dei 18 anni, non ha conseguenze giudiziarie, è un monito e ha la funzione di supporto alla Procura per il recupero e la rieducazione del minore». E proprio questo aspetto, ossia la collaborazione tra la Procura per i minorenni e la questura (l’ufficio Prevenzione della Divisione anticrimine nello specifico), Piliu tiene a evidenziarlo: «A noi è arrivata la trasmissione degli atti dalla Procura che stava già indagando sul fatto. Una buona interlocuzione e la compenetrazione tra il nostro e il loro lavoro può ridurre notevolmente il pericolo di ripetizione di gravi reati».
Ma cosa può succedere se una delle quattro minori dovesse violare l’avviso del questore? «Scriviamo alla Procura e al tribunale dei minori e raccontiamo cosa è accaduto e a quel punto la palla passa all’autorità giudiziaria. Che, tra le altre cose, può avviare un tentativo di mediazione, predisporre un progetto rieducativo, un servizio di volontariato, sempre misure finalizzate al recupero del minore». C’è un altro dettaglio rilevante: «L’avviso orale può essere revocato dal questore – dice il funzionario – Se ci sono i presupposti, naturalmente. Può accadere su richiesta degli interessati, quindi i genitori dei minori che dimostrino come i loro figli abbiano tenuto un comportamento esemplare».
Importante, in questo senso, è anche il lavoro che la polizia fa nelle scuole. L’ispettore Giangavino Uda (responsabile dell’ufficio Prevenzione) e il viceispettore Francesco Chiriacò (responsabile del nucleo di polizia giudiziaria e ufficio minori) lavorano in sinergia nella Divisione anticrimine. «Abbiamo riscontrato una grande attenzione da parte dei ragazzi durante gli incontri che facciamo nelle scuole. Capiscono a cosa potrebbero andare incontro e la nostra speranza è che possano far tesoro di ciò che gli raccomandiamo».
Sull’efficacia dell’avviso orale concordano anche gli avvocati che difendono le quattro indagate. Ma non in questo caso. «A mio avviso è un provvedimento prematuro – dice l’avvocato Ivan Golme – C’è un’indagine in corso e abbiamo in mano solo una denuncia querela della vittima. È vero che viene contestato il concorso ma di fatto non c’è la prova che tutte le minori presenti avessero consapevolezza e coscienza di quanto stava accadendo. Sono dei requisiti che dovevano essere accertati prima di arrivare all’avviso del questore». Sulla stessa linea l’avvocato Patrizia Marcori: «Non si può considerare una persona socialmente pericolosa se non si è approfondito il fatto e chiarita la posizione. Parliamo di minorenni già sconvolte dall’avviso di interrogatorio arrivato dalla Procura dei minori e successivamente viene loro anche notificato il provvedimento del questore. Tutto questo senza che le indagini siano state chiuse».
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