Il consiglio dice sì al “giardino della memoria” a Sassari
Passa all’unanimità la mozione dedicata alla tutela e valorizzazione del polmone verde dietro via Repubblica Romana
Sassari Un impegno unanime, storico, ultimo atto di una battaglia lunga 50 anni. Relativa al “giardino della memoria” arrivata finalmente nell’aula di Palazzo Ducale grazie a una mozione presentata da Alessandro Boiano e firmata (fatto decisamente raro) da tutti i capigruppo di maggioranza e opposizione.
Protagonista il polmone verde dietro via Repubblica Romana, nei pressi del liceo artistico. Un luogo dall’impagabile valore ambientale, crocevia di storia ma anche simbolo di partecipazione. Nel 1977 l’area fu occupata per iniziativa del Centro di contro cultura e del Circolo giovanile proletario per impedire che vi fossero costruite due palazzine, ma poi 6mila metri quadri su 10mila furono mangiati dal cemento. Diversi comitati di base, però, non si arresero, raccolsero 2500 firme e riuscirono a far vincolare l’area con il Puc del 2014 come giardino pubblico.
«Il realtà l’antica area è molto più di un giardino – ha sottolineato Boiano presentando la mozione votata all’unanimità – E su quel crocevia di storia e di storie è stato pubblicato anche un libro che, sulla base di una minuziosa ricerca di archivio, ricostruisce la storia di questa area dimenticata. Si tratta in effetti del giardino pubblico più ricco di storia a Sassari, come ha spiegato Piero Atzori nel volume “Sassari, il Carmine e gli Angioyani”, “Càimini di Fora” era il nome del convento del Carmine extra muros (1612-1765) che sorgeva in quell'area. Oggi della struttura è rimasto solo un tratto di muro con una nicchia di Madonna, visibile da via Repubblica Romana dietro un paio di lecci, per la cui messa sotto tutela è già stata istruita da tempo una pratica alla Soprintendenza. Nei pressi è stato poi costruito, all’inizio del secolo scorso, l’Orto botanico di Rizzeddu (1903-1928), di cui resta la serra».
Ma non è tutto, perché a meno di 100 metri dal convento del Carmine extra muros, verso nord, sorgevano le forche ordinarie di Sassari (1737-1856). Qui, tra il 1796 e il 1802, morirono otto rivoluzionari angioyani, tra cui anche il notaio Francesco Cillocco, fedelissimo di Giovanni Maria Angioy.
Le carte insomma sono tutte in tavola, compreso un progetto preliminare per la creazione del giardino della memoria, firmato dall’architetto Giuseppe Palmieri, per conto del Comitato Ambiente Sassari e del Comitato di Quartiere San Giuseppe e donato al Comune nel 2018, alla fine del mandato di Nicola Sanna, che sul tema licenziò anche nel 2019 una delibera di indirizzo favorevole alla realizzazione dell’intervento, con assessore all’Urbanistica che allora era Alessandro Boiano che ieri, da consigliere comunale di Orizzonte Comune, ha riannodato i fili e ha chiesto al consiglio di impegnarsi a inserire “il giardino della memoria” «nell'elenco triennale delle opere pubbliche, a reperire i finanziamenti necessari alla realizzazione redigendo il relativo studio di fattibilità tecnica ed economica e soprattutto a completare l’acquisizione dai privati dei circa 3600 metri quadrati, di cui 2900 ricoperti di vegetazione da salvaguardare e i restanti 760 occupati dal fabbricato residuo dell’antica serra Buscalioni. Le vie sarebbero due: la promozione con i proprietari della cessione gratuita in cambio del trasferimento delle cubature virtuali in altri terreni. O, in caso di inerzia degli stessi (come avvenuto negli ultimi 11 anni) l’esproprio per pubblica utilità, previsto per legge».
Un impegno forte: «Su una pratica complessa – ha sottolineato l’ex assessore all’Urbanistica Nicola Lucchi –, visto che l’area è gravata da quello ius edificatorio virtuale che il nostro Puc prevede con la perequazione, previsione problematica e a mio avviso profondamente sbagliata. Forse sarebbe meglio cogliere la palla al balzo e rilanciare, con una variante, peraltro già pronta, che riguardi la disciplina che norma tutte le aree verdi della città».
«Quest’area è ciò che rimane di una realtà importante dal punto di vista culturale, storico, architettonico oltre che ambientale – ha detto l’assessora all’Urbanistica Maria Francesca Fantato –. Che è stata difesa dall’energia positiva dei cittadini che si sono attivati, dando ulteriore pregio a questa vicenda. Ed è stata certificata da libri, studi, convegni. Non ci servono ulteriori elementi per dichiarare il nostro assoluto interesse a fare la nostra parte per salvaguardarla. Vero è che i meccanismi presentano sicuramente delle criticità. Già nel 2017 sono stati ricordati i costi di una operazione di esproprio che dovrebbe riguardare l’intera area. Stiamo parlando di cifre consistenti, che si aggira intorno ai 500mila euro. C’è il meccanismo della perequazione, meccanismo previsto dal Puc ma usato in rarissime occasioni, comunque da esplorare fino in fondo. Noi non escludiamo che possano esserci privati interessati a usare questo meccanismo. Continueremo a esplorare questa opportunità senza escludere le altre. Quello che ci preme sottolineare è che l’area va acquisita, andando a verificare lo strumento migliore, con ricadute che andranno sul settore bilancio, ambiente, lavori pubblici, qundi mettendo già in campo un ragionamento più ampio che intercetta già le fasi successive. Immaginare la città dei sogni è tutto sommato abbastanza facile. Costruirla richiede fantasia, creatività ma anche tanta concretezza che metteremo in campo».
«Il dettaglio amministrativo lo comprenderemo più avanti – ha sottolineato il sindaco Giuseppe Mascia –. Quello di oggi è un fatto di volontà. E per questo oggi possiamo assumere un impegno. Per troppo tempo questa città ha lasciato pratiche nei cassetti perché difficili, rognose. Noi riteniamo, e sono contento che la condivisione sia unanime, che le questioni vadano prese di petto e risolte. Chi ha lavorato prima di noi ha predisposto il terreno, ora assumiamo le scelte e andiamo avanti».